Ettore Bernabei: le infrastrutture come via per la modernizzazione del Paese
Il manager «pubblico» e l’Autostrada del Sole come modello per l’Italia
Articolo di Romano Prodi su Il Sole 24 Ore del 17 agosto 2016
Sono stato molto vicino a Ettore Bernabei, e lui molto vicino a me, durante il periodo dell’Iri, quando era alla presidenza dell’Italstat. Già in quegli anni, così difficili per il nostro Paese, ma anche per la situazione internazionale, era chiara la sua positiva ossessione – la chiamerei proprio così – per costruire infrastrutture in un Paese che ne aveva un bisogno vitale. Era chiara la sua visione di quanto fosse necessario l’irrobustimento, per l’Italia, in questo settore così decisivo per lo sviluppo in generale.
Per portare a termine quella missione così lungimirante aveva organizzato una squadra di prim’ordine, fatta di talenti dalle capacità indiscusse. Così in quegli anni l’Italstat era diventata un’azienda rispettata in tutto il mondo: Bernabei riusciva a unire la sua capacità di organizzatore di risorse pregiate a una non comune capacità di relazionarsi con la politica. Non solo con i rappresentanti politici del Governo, suoi interlocutori naturali, ma anche con una più vasta platea di esponenti dei partiti che andasse oltre le singole personalità legate necessariamente all’attività dell’impresa.
Questo garantiva un mix unico di talenti operativi guidati da una solida visione strategica e politica, una modalità di gestione che rese l’azienda molto forte e molto apprezzata.
In quegli anni l’avventura imprenditoriale dell’Italstat aveva incrociato situazioni di grande rilevanza strategica come fu la costruzione del porto di Bandar Abbas, in Iran, i cui lavori incrociarono poi il cambio di regime a Teheran, con l’avvento di Khomeini. È chiaro che bisognava gestire non solo un progetto di una grande infrastruttura, ma anche la delicatezza di rapporti politici complessi.
Ricordo bene anche le lunghe discussioni su quale potesse essere il ruolo della nostra società pubblica nella partecipazione alla costruzione di grandi opere anche negli Stati Uniti; avevamo dibattuto a lungo su come potessimo organizzare un’espansione robusta della partecipazione italiana Oltreoceano. E Bernabei era appassionato sostenitore della necessità di sfondare su quei mercati così promettenti.
Poi tutto venne sospeso perché cambiò l’orientamento politico interno. Arrivò il tempo delle privatizzazioni e, quindi, della progressiva dissoluzione di quel patrimonio di competenze e di strategie. Allora Bernabei era molto preoccupato per le sorti dell’Italstat e per il futuro delle infrastrutture di provenienza pubblica.
L’aggettivo “pubblica” abbinato all’Italstat per Bernabei era davvero una qualificazione importante, doveva trasformarsi in un punto di riferimento per l’intero Paese e non tanto di una sola impresa di costruzioni.
Poi naturalmente la storia è cambiata.
Resta il fatto che con tutti i difetti e i limiti che quella stagione poteva avere avuto, c’era al fondo un’idea fortissima di sistema Paese. L’avevamo ben chiara tutti noi. C’era la convinzione strategica che la nuova fase di infrastrutturazione dell’Italia andasse coordinata in una regia più ampia che diventasse decisiva per imboccare la via della modernizzazione.
In Bernabei era molto chiara l’idea che il modello dell’Autostrada del Sole doveva diventare il disegno ispiratore di tutte le altre opere di cui l’Italia aveva bisogno per disegnare un Paese che velocemente diventava moderno ed efficiente. Quello era un periodo storico molto particolare, ma con una capacità di visione e una struttura funzionale alla realizzazione di questa visione come raramente si è visto in Italia.
Ho seguito Bernabei anche dopo, dato il rapporto di fiducia che ormai si era instaurato tra noi, ed ebbe tutta la mia massima ammirazione quando, nell’età della saggezza, quando in genere ci si ritira dalle attività lavorative, mise in piedi una struttura di produzione televisiva di altissima qualità in cui recuperava parte di quello spirito didattico che lo aveva caratterizzato durante la sua presidenza Rai, nella tv del primo periodo. Univa a tutto ciò uno spirito etico e religioso senza uguali, caratteristica che indubbiamente è stata dominante. Quella caratteristica verrà poi trasferita anche nella scelta dei temi da proporre al mercato e chi avesse pensato che quel tipo di argomenti non faceva audience – come si dice oggi – si sbagliava di grosso. E con quegli argomenti e con quel “taglio” Bernabei ha prodotto fino all’età di 95 anni contenuti di successo addirittura mondiale. Era dotato di una eccezionale rapidità intellettuale: sapeva unire l’arguzia delle battute toscane a una visione di lungo periodo, pacata e ragionata, nutrita con la profondità delle convinzioni. Per dirla in sintesi: una vera saggezza di vecchio stampo, con tutto ciò che di nobile questo significa.