Un progetto per il Mediterraneo per fare ripartire anche il Mezzogiorno
Polveriera Nord Africa: l’Europa riparta dal Mediterraneo per rilanciare il nostro Sud
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 29 settembre 2019
Il nuovo governo ha riavvicinato l’Italia all’Unione Europea, riannodando rapporti interrotti e riaprendo prospettive che si erano chiuse.
Come prima conseguenza si sono abbassati i tassi di interesse del debito pubblico e si sono aperte prospettive per una parziale condivisione del problema migratorio con gli altri paesi europei.
La nostra opinione pubblica ed il nostro governo non hanno invece ancora aperto il dibattito su come costruire una politica europea che tenga conto della drammatica situazione che si è creata nel Mediterraneo. Non solo la Libia è in fiamme da otto anni ma l’Algeria è entrata in una fase di transizione senza fine, l’Egitto aggiunge alle difficoltà economiche crescenti tensioni politiche e la Tunisia sta trovando grandi difficoltà nel completare il processo di costruzione della democrazia.
Dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica la politica europea, anche in conseguenza delle urgenze della storia, ha rivolto le sue attenzioni soprattutto verso il nord e verso l’est: nessuna valida strategia è stata elaborata nei confronti del Mediterraneo. Per l’Italia questa è invece una priorità assoluta. Non possiamo infatti pensare di risolvere i problemi del nostro Mezzogiorno se esso ha dall’altra parte del mare solo tensioni, conflitti e miseria.
Eppure siamo così lontani da questo obiettivo che non ci rendiamo nemmeno conto di quanto si siano quasi annullati i nostri rapporti con i paesi della sponda sud. Un secolo fa il numero degli italiani che vivevano in Egitto, Libia e Tunisia si contava in centinaia di migliaia. Alessandria d’Egitto era una città con una grande presenza italiana tanto che Vittorio Emanuele III vi fuggì in esilio proprio perché essa era la città più italiana al di fuori dei nostri confini.
La nostra presenza in tutti questi paesi faceva della nostra lingua lo strumento di comunicazione più diffuso fra i marinai e i commercianti delle due sponde.
Il primo passo per indirizzare verso sud la politica europea è nell’elaborazione di un progetto condiviso da tutti i paesi che si affacciano sul Mediterraneo. I nostri problemi e le nostre difficoltà sono infatti comuni non solo con Spagna, Grecia, Cipro, Malta, Slovenia e Croazia, ma anche con la Francia. La stessa Germania si sta rendendo conto di quanto venga a costare la debolezza del fronte sud nel quale Stati Uniti, Russia e Cina riempiono il nostro vuoto, ma solo per loro esclusivo interesse.
Un progetto europeo per il Mediterraneo deve fondarsi su alcuni fondamentali pilastri. L’aspetto economico è naturalmente prioritario e richiede la messa in atto di più intensi rapporti commerciali e, soprattutto, di un aumento degli investimenti che sono oggi al di sotto di ogni aspettativa. Per porre rimedio a questo stato di cose dobbiamo prima di tutto riprendere in esame l’ipotesi della costituzione di una grande banca di sviluppo per il Mediterraneo.
Una banca nella quale i poteri di decisione siano egualmente distribuiti fra i rappresentanti delle due sponde e che raccolga capitali non solo da Europa e Africa ma anche da altre aree, a cominciare dai paesi del Golfo. A questo si deve affiancare il lancio massiccio di un progetto europeo per dare vita ad una rete capillare di energie rinnovabili. Una rete che, pur avendo l’obiettivo di estendersi per tutta l’Africa, trova certamente le più immediate possibilità di sviluppo nei paesi del Mediterraneo.
Non ci si può tuttavia limitare alle cooperazioni nel campo economico perché tra le due sponde del Mediterraneo si sono indeboliti anche i rapporti umani e culturali che sono la premessa per ogni forma di fruttuosa collaborazione. A questo proposito, più di quindici anni fa, la Commissione Europea avanzò la proposta di costruire una rete di università miste fra Nord e Sud.
Per essere concreti: un’università condivisa da Napoli e Tunisi o da Palermo e Alessandria d’Egitto o da Barcellona e Rabat, con uguale numero di professori e di studenti del Nord e del Sud e con l’obbligo degli studenti di trascorrere un ugual numero di anni in entrambe le sedi. Non se ne fece nulla a causa del disinteresse dei paesi del Nord Europa.
Ho elencato solo alcuni esempi di una politica che non può essere solo settoriale ma che deve cambiare radicalmente i rapporti fra le due sponde del Mediterraneo. Una politica condivisa a livello europeo ma preparata e proposta dai paesi delle due sponde, tra i quali l’Italia è l’indispensabile motore.
Dobbiamo infatti sempre tenere presente che non è possibile pensare alla rinascita del Mezzogiorno se non si provvede nello stesso tempo a costruire attorno ad esso un’area capace di creare sviluppo e cooperazione.