Il treno della Storia va preso subito: allargare ancora l’Europa
Bisogna essere più veloci e allargarci ancora
Il treno della Storia va sempre preso subito
Intervista di Mara Gergolet a Romano Prodi su Sette, supplemento del Corriere della Sera, del 31 dicembre 2021
Il professore bolognese che approdò a Bruxelles dopo l’esperienza da premier italiano: “Vanno costruite politica estera e difesa comuni o finiremo per essere gli zimbelli di tutti. Dalla guerra in Iraq in poi mai fatte scelte insieme”.
Romano Prodi, perché il libro è dedicato ai suoi nipoti?
“Le rispondo con un po’ di ironia: l’Europa è così necessaria, ma va così adagio, che bisogna augurarsi che sia completata per i nostri nipoti!”
Romano Prodi ha appena completato un secondo libro, Le immagini raccontano l’Europa, Rizzoli Editore. Risponde in video su whatsapp dal suo studio bolognese. A 82 anni corre ogni mattina. La bici mai d’inverno, per paura delle bronchiti. “La bici la riprendo il 19 marzo, il giorno della Milano-Sanremo”. Negli ultimi tempi il suo grande interesse, “anzi la sua ossessione”, è la politica estera europea.
Lei dice che l’Europa da tempo non è più al centro del mondo. Vuole ripartire dalla difesa comune?
Non ho mai pensato che la difesa possa essere tutto. Ma o noi costruiamo un minimo di difesa comune insieme alla politica estera europea, o siamo gli zimbelli di tutti. Quando vedo che in Libia siamo stati espulsi da due Paesi, Turchia e Russia, non certo paragonabili per dimensioni e capacità all’Europa, io ritengo che una politica estera comune sia necessaria.
Però…
Però senza una politica estera comune, la difesa non serve. La difesa è uno strumento. Dall’Iraq in poi, non c’è stata una volta che in politica estera l’Europa sia stata unita. E’ sempre stata impossibilitata ad agire a causa del voto all’unanimità. Quando mi sono ritirato dalla politica attiva, ho insegnato a lungo all’International business School di Shangai e alla Brown University, negli Stati Uniti. Il primo anno, gli studenti mi chiedevano dell’Europa, alla fine invece a nessuno importava più. Siamo la boccia persa, come diciamo noi in Emilia, ossia ininfluenti.
E allora?
Evviva l’Europa a più velocità! Ipotesi che sostengo dopo molte riflessioni. Piuttosto che star fermi, alcuni Paesi devono – com’è successo con l’euro – prendere l’iniziativa di mettere insieme la politica estera e la politica di difesa.
A chi pensa?
Siamo di fronte ad un’occasione davvero unica: la Brexit, per quanto dolorosa, ha consentito all’Europa di mettere in campo un grande piano di solidarietà e la Germania ha capito che, senza l’Europa, non conta nulla. Quindi Francia, Italia e Spagna, insieme alla Germania, debbono formare un nucleo forte di paesi, capace di far progredire il processo di unificazione europea. E molti altri paesi si aggiungeranno immediatamente.
Lei sta sostanzialmente facendo una proposta.
Sì, questa è una proposta. Di necessità. Ma per l’Europa ne ho due di proposte.
E l’altra?
Creare almeno una ventina di Università miste e paritarie fra i paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo e i paesi della sponda sud, con un’unica sede divisa fra sud e nord: Tripoli e Catania, Barcellona e Casablanca, con lo stesso numero di professori e studenti del nord e del sud e con l’obbligo, per gli studenti, di frequentare lo stesso numero di anni a sud e a nord. Dando priorità alle facoltà tecniche e scientifiche. Lo proposi alla Commissione nel 2001 che bocciò l’idea. Ma se ci fossero stati 100mila ragazzi formati in questo contesto, quanto sarebbe andata diversamente la primavera araba? Bisogna ricreare il clima politico e culturale nel Mediterraneo dove, come diceva Byron, serviva l’inglese, ma serviva di più conoscere il siciliano o il napoletano.
Come vede il governo Scholz, con ha una maggioranza totalmente inedita?
Io credo poco in una discontinuità della Germania. Ho già verificato come nel tempo Angela Merkel si è spostata a sinistra e Scholz a destra…
Che giudizio finale dà della Merkel
Io vedo tre Merkel. La prima la accogliemmo pensando che “venisse dalla luna”. Invece ha dato subito prova di forza e di capacità. Poi abbiamo visto la Merkel compiere fatali errori nei confronti dell’Europa, aprendo una seconda fase molto negativa, caratterizzata da un’austerità che è stata portata oltre le stesse regole dell’austerità.
E infine?
E poi è arrivata una Merkel che ha capito il mondo, che veramente ha fatto fare un salto in avanti all’Europa, con il NextGenerationUe. Onestamente non me l’aspettavo. E’ stata aiutata da cause esterne, il Covid e la Brexit: con i britannici la NextGenerationUe non ci sarebbe stata. Ma i tedeschi hanno capito. E’ stata una grande cancelliera. Come lo fu Kohl. E la cosa fa riflettere.
Perché?
Sia di lui che della Merkel, quando sono arrivati, tutti dicevano che fossero due mediocri. Invece hanno lasciato una vera traccia nella Storia. E allora la mia riflessione è: quanto giova il tempo alla politica! E rifletto sul mio paese. Se avessimo continuità, se avessimo la legge elettorale come quella francese, saremmo economicamente più grandi della Francia. A tal proposito racconto sempre la mia prima visita a Kohl.
La ripeta.
Quando vinsi le elezioni nel 1996, feci la mia prima visita a Kohl come Presidente del Consiglio. Si preannunciava tesa, vista la nostra appartenenza a schieramenti diversi. Invece ci fu una immediata sintonia. Alla fine del colloquio mi disse: “Che bell’incontro Romano. Ma chi viene la prossima volta?” Questa frase pesa come un macigno perché rivela, in modo brutale, la nostra storica instabilità.
Oggi la preoccupa la crisi della Cdu?
Sei mesi fa lei avrebbe potuto chiedermi allo stesso modo: la preoccupa la crisi dei socialisti? La Germania è l’unico paese che ha conservato, anche se diluito, il ruolo dei partiti tradizionali che hanno ancora una struttura: i giovani che si dedicano alla politica devono fare un percorso formativo, come amministratori nei consigli comunali, poi nel Laender, prima di approdare, i più capaci, in Parlamento. Una formazione della classe dirigente che qui abbiamo perduto. Qui abbiamo solo fenomeni che spuntano dal nulla.
Per esempio?
Ormai sono tutti fenomeni, in tre giorni diventano senatori, in cinque giorni ministri. E poi cambiano da un partito all’altro, formano un nuovo partito. Ritengo che la vera politica sia continuità, studio e pazienza. Ed è per questo che sono ancora per il maggioritario. Come l’ultimo dei Mohicani credo nel maggioritario perché dà maggiori garanzie di continuità di governo.
Cosa pensa invece di Macron?
Macron è stato positivo per l’Europa, ma la Francia non riesce, per ora, a fare nella politica estera quello che la Germania ha fatto nella politica economica: capire che la sua responsabilità è unificare la politica estera dell’Europa. Sarebbe nel suo interesse condividere con l’Europa il suo diritto di veto all’Onu e l’arma nucleare. Anche con alcune garanzie, mettendosi per esempio d’accordo che l’ambasciatore all’Onu sia sempre francese. Macron è positivo, ma da solo non può essere risolutivo per l’Europa: è l’atteggiamento complessivo della Francia che deve cambiare.”
Torniamo sempre lì, agli stop francesi, come la bocciatura dell’esercito comune del 1954 e la più recente bocciatura della Costituzione Ue…
La bocciatura del progetto di Costituzione resta la mia più grande delusione. Due anni di lavoro con tutti i parlamenti dei diversi paesi, affidammo la responsabilità, non a caso, proprio ad un francese, fu una grande fatica. E poi la Francia ci votò contro. Lì ha avuto inizio la ritirata dell’Europa.
Invece, in tanta parte dell’opinione pubblica, la ritirata è imputata ai Paesi dell’Est.
Sono stato presidente della Commissione europea con 15 e con 25 paesi e non c’era alcuna differenza: il mio problema era sempre trattare con la visione divergente della Gran Bretagna. E la Gran Bretagna non è un Paese dell’Est.
Cosa facciamo con Polonia e Ungheria? Linea dura o compromesso?
Sulle questioni di principio e fondamentali, la linea dura. Ma le sanzioni non servono, io non le ho mai capite. Magari si potrebbe pensare alla sospensione dei finanziamenti. In tutto il mondo assistiamo ad una tragica ritirata della democrazia, mentre l’Europa dell’Est è approdata, grazie all’allargamento, alla democrazia. Una democrazia ancora imperfetta? Accidenti se lo è! Ma perché la nostra invece è perfetta? Io sono convinto che la Polonia cambierà presto perché le persone si sono mobilitate e non vogliono tornare indietro.
E perché?
Non per la cinica convinzione che in fondo non hanno alternative, ma perché quando chiedi al popolo polacco il sì o il no all’Europa, il 90% risponde sì.
Cambierebbe qualcosa sull’allargamento, che lei ha guidato?
L’avrei fatto più in fretta. Non sono affatto pentito perché quando il treno della Storia passa, bisogna saperlo afferrare subito. E aggiungo che se oggi la Polonia fosse come l’Ucraina, avremmo dei problemi seri e ingestibili. E ora completerei l’allargamento con l’Albania e con tutti i Paesi della ex Jugoslavia, stabilendo così i confini definitivi dell’Europa. Il completamento dell’allargamento è infatti anche l’elemento che ci obbligherebbe a cambiare il funzionamento delle nostre istituzioni, di cui abbiamo tanto bisogno.
Lei era a Gorizia il giorno dell’allargamento della Ue.
Quella notte di pioggia terribile fu commovente. Mi ricordo la prima volta che mi portarono a vedere la stazione ferroviaria di Gorizia, avvolta nel il filo spinato. E ora la sfido a vedere i confini tra Italia e Slovenia.
Sono ancora allineati gli interessi degli europei con quelli americani?
Gli interessi sono certamente allineati, è il modo di perseguirli che non è in equilibrio. Gli Stati Uniti sono forti e compatti, l’Europa è invece divisa e quindi debole: con queste premesse non ci può essere equilibrio. E possono quindi verificarsi momenti di maggiore divergenza, come fu con Trump, una condizione che Biden ora sta recuperando per ripristinare lo storico rapporto di amicizia tra America e Europa. Anche per questo l’Europa deve trovare unità politica, per poter parlare autorevolmente con una voce sola, perché è difficile mantenere equilibrio nei rapporti se a confrontarsi sono da una parte l’inquilino e dall’altra il padrone di casa.
Lo bloccherebbe il Nordstream, se fosse tedesco?
Sono italiano.
E se le chiedessero un consiglio?
Non ho mai fatto mistero della mia contrarietà al Nord stream 2 da solo. Quando fu portato avanti il progetto, Putin pensava che i grandi gasdotti dovessero essere due, uno a Nord e uno a Sud e offrì a Schroeder la presidenza del Nord stream 2 e a me del Suoth stream. Io rifiutai, per un motivo molto semplice: non potevo accettare di presiedere una struttura progettata quando ero presidente del Consiglio italiano. E credo di avere avuto ragione. Infatti il mio atteggiamento ebbe commenti unanimemente positivi.
E adesso che c’è? Lo facciamo partire?
Per portare il gas in Europa basterebbero i gasdotti che ci sono. Il problema è puramente politico. Non si dovrebbe, inoltre, privare l’Ucraina dell’introito che ricava dai gasdotti esistenti.
Chi sarà il più importante politico europeo nel 2022?
L’Italia ha una forte influenza. Ma il peso del Paese è il peso del Paese. In ogni caso non vi può essere un Paese dominante, perché l’Europa è un’unione di minoranze.
Il presidente della Repubblica italiana, quanto può indirizzare la politica europea?
Indirizzare non è il verbo giusto. Il Presidente della Repubblica esercita un ruolo di garanzia previsto dalla Costituzione. Sta in carica sette anni, e questo rassicura perché la Presidenza della Repubblica è l’unica struttura politica stabile.
Dei candidati buoni ce ne abbiamo…
Gli utra cinquantenni in Italia sono quasi una trentina di milioni.
Facciamo tre nomi: Prodi, Gentiloni, Draghi?
Tolga Prodi. Gli altri nomi sono tra quelli che vanno bene.