La democrazia dei sondaggi, il governo dei problemi
Caso Rom e dintorni: la democrazia dei sondaggi, il governo dei problemi
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 19 Settembre 2010
L’Europa è un “Unione di minoranze”. Questa definizione così bella e sintetica mi fu rivolta, durante l’ultimo processo di allargamento, da un parlamentare appartenente a una piccola minoranza etnica di uno dei nuovi Paesi che stava entrando nell’Unione Europea.
E con commovente semplicità il parlamentare continuò il suo discorso spiegando che suo nonno era stato perseguitato perché appartenente a una minoranza etnica e suo padre era stato esiliato per lo stesso motivo. Ed egli voleva perciò che il suo Paese entrasse nell’Unione Europea perché essa è un’Unione di minoranze.
In tutti i miei discorsi successivi ho fatta mia questa definizione perché essa ha un duplice significato. Il primo è un significato politico e che cioè nessun Paese, per quanto grande esso sia e per quanto forte possa essere la sua economia, potrà dominare sugli altri ed essere il padrone del continente. Ed è questa garanzia che ha reso possibile lo sviluppo, la pace e la solidarietà del mezzo secolo di storia che ci sta alle spalle. Il secondo significato è ancora più forte, e che cioè tutti i cittadini europei sono uguali e non possono essere discriminati per la loro appartenenza ad una razza o ad una religione.
Il ruolo che l’Europa ha nel mondo è proprio quello di assicurare che il Paese potente non opprimerà mai quello debole e una comunità potente non opprimerà quella debole.
Riguardo al primo aspetto i nostri governi non sembrano più volere prendere in considerazione la necessità e l’utilità di cooperare fra di loro riconoscendo alle istituzioni comunitarie il ruolo di proposta per le evoluzioni future del progetto europeo e il ruolo di arbitro nelle controversie presenti. Da queste evoluzioni negative sono nate le difficoltà che hanno trasformato il modesto problema greco in un pericolo per tutta l’Europa.
Le decisioni del presidente francese nei confronti dei rom hanno messo in crisi il secondo pilastro della nostra convivenza. Con esse infatti si colpiscono non le singole persone in quanto colpevoli di reato ma un’intera comunità in quanto ritenuta depositaria di valori inferiori.
Nessuno di noi si nasconde i problemi e le tensioni che i campi nomadi provocano nelle città dove sono insediati e nessuno vuole sottovalutare la difficoltà che gli amministratori locali e le stesse organizzazioni caritative incontrano nello sforzo di inserimento dei nomadi nella vita comunitaria, ma tutti debbono essere altrettanto consapevoli che la soluzione non può essere quella di cacciare via indiscriminatamente tutti i nomadi calpestando i loro diritti e gettando i loro problemi sulle spalle di Paesi ancora più impreparati a risolverli e dai quali perciò saranno ancora una volta costretti a fuggire e a ritornare ancora più poveri e risentiti.
La Commissione Europea aveva, all’inizio del decennio, proposto un grande progetto di intervento per affrontare in modo positivo e cooperativo questo problema che coinvolge milioni di persone e tutti i Paesi dell’Unione. Il presidente francese e, al suo seguito, il governo italiano pensano invece che sia più giusto seguire i sondaggi di opinione che non garantire a tutti, quale sia la loro razza o la loro religione, il sacrosanto diritto di libera circolazione, riconoscendo naturalmente alle autorità non solo il diritto ma il dovere di reprimere i reati e di custodire la sicurezza e il patrimonio dei propri cittadini.
Tutti sono consapevoli che, con queste decisioni, i problemi saranno in futuro più gravi e le soluzioni più difficili, ma è certo politicamente più conveniente ottenere per sé un vantaggio oggi mentre altri dovranno risolvere le tragedie di domani.
È ormai l’eterno e drammatico problema della nostra democrazia che, vivendo sui sondaggi, diventa per definizione incapace di affrontare i problemi futuri. Una deriva che lascia ai successori problemi sempre più gravi ed un’eredità sempre più difficile da gestire. Una democrazia in cui i responsabili del potere non sono più in grado di esercitare il loro dovere di leadership perché sono convinti che fare le cose giuste, anche se sgradite, sia solo un modo per perdere il proprio potere personale. Un modo di governare che obbliga di conseguenza ad aumentare il contenuto di demagogia e di manipolazione, entrambi necessari per indebolire lo spirito critico e la reazione morale che dovrebbe naturalmente conseguire dall’osservazione di queste decisioni. Si può rispondere che queste sono le regole della democrazia moderna. Ma se queste sono le regole allora bisogna prendere sul serio l’osservazione di un alto esponente politico cinese che, alla fine di una conversazione sui processi decisionali del mondo contemporaneo, ha semplicemente concluso dicendo «Sono molto preoccupato per il futuro della vostra democrazia».