Obbiettivo green: gli strumenti (in)adeguati per le politiche ambientali
Obbiettivo green – Gli strumenti (in)adeguati per le politiche ambientali
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 24 febbraio 2024
Si sa che mondo è pieno di contraddizioni, ma non è facile capire come possano stare insieme i messaggi quasi trionfalistici sui progressi delle nuove energie verdi con i dati riguardanti i futuri equilibri ambientali del pianeta.
Iniziamo le nostre riflessioni rilevando che l’anno appena trascorso ha segnato il nuovo record assoluto della produzione e dell’uso del carbone di tutta la storia dell’umanità. Non solo si è arrivati al consumo di 8,55 miliardi (sottolineo miliardi) di tonnellate ma, a causa dell’aumento del prezzo del gas naturale, si è preferito un po’ ovunque ricorrere al carbone, mettendo in cantiere, soprattutto nel continente asiatico, centinaia di nuove centrali a combustibile solido.
I progetti di centrali a carbone della sola Cina sono comparabili con le pur ottimistiche previsioni di crescita di tutte le rinnovabili in Europa nel prossimo quinquennio (circa 400GW versus 530GW). Aspetto di particolare rilevanza anche per il futuro, dato che una qualsiasi nuova centrale ha una durata di almeno alcuni decenni.
Quando dal carbone si passa al petrolio le cose non stanno diversamente. Non solo il consumo è molto elevato e i prezzi si mantengono sostenuti (oltre 80 dollari al barile), ma l’International Energy Agency prevede in aumento, dagli attuali 102 milioni di barili al giorno, ad un nuovo massimo storico di 108 milioni nel 2028. Ancora più preoccupanti sono le previsioni dell’OPEC (l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio) che non solo proiettano il consumo a 110milioni di barili al giorno nei prossimi cinque anni, ma ritengono che continuerà ad aumentare anche nei vent’anni successivi.
A questo punto nasce un interrogativo laterale, ma non certo di scarsa importanza: quale sarà in futuro il livello del prezzo del gas e del petrolio? Bisogna infatti tenere in considerazione che la condivisa ipotesi del “rapido” passaggio alle nuove energie ha fatto calare in tutto il mondo gli investimenti nella ricerca e nella messa a punto di nuovi giacimenti.
Si prevedeva un calo della domanda e si è invece di fronte a una possibile scarsità dell’offerta. In parallelo le energie rinnovabili, pur sospinte da incentivi poderosi, non raggiungono ancora il 5% dell’energia totale consumata a livello mondiale.
Nello stesso tempo (come nota l’Economist) sono crollati i prezzi dei minerali rari che costituiscono la componente fondamentale delle batterie per le auto elettriche. Nell’ultimo anno è calato del 50% il prezzo del nickel e addirittura dell’80% quello del litio, fino ad ora esempio quasi scolastico di scarsità.
Questo può anche dipendere dal possibile arrivo sul mercato di nuove batterie che non hanno bisogno di questi metalli rari, ma l’ipotesi per ora più concreta è che la domanda di auto elettriche, pur aumentata in modo robusto, non sia cresciuta come previsto tanto che la Volkswagen, non solo a causa della concorrenza cinese, ha visto diminuire la percentuale di auto elettriche sul totale delle vetture vendute.
A loro volta la GM e la Ford hanno rinviato i propri programmi di lancio delle auto che hanno come motore le batterie. Per non parlare dell’opposizione alle nuove politiche energetiche di diversi stati americani a maggioranza repubblicana.
Tutto questo non deve naturalmente spingere a rallentare il nostro cammino per arrivare al necessario equilibrio ambientale. Il cammino deve essere anzi percorso con più vigore, ma con politiche pragmatiche, razionali ed eque. Politiche capaci di raggiungere l’obiettivo, quindi più condivise sul piano sociale in modo da evitare il diffondersi dei movimenti di protesta.
Un primo aspetto è già apparso evidente nell’ultima COP 28 di Dubai, dove non si sono potute affrontare con sufficienti aiuti finanziari le difficoltà dei paesi emergenti, affamati di energia, ma non in grado di sostenere i costi per produrla in modo pulito. Nessuno a Dubai ha nemmeno tentato di convincere l’India ad abbandonare il carbone come il combustibile più conveniente per il suo futuro sviluppo!
In secondo luogo, i dati mostrati in precedenza, mettono in luce come sia sempre problematico puntare su una sola tecnologia, anche se molto promettente come l’auto elettrica e come sia comunque sbagliato proibire la possibilità di sviluppare tecniche alternative, come il caso delle auto a motore endogeno.
E’ infatti sempre opportuno mirare al risultato e non vincolarsi ad un solo modo per raggiungerlo. Vi sono infatti altre tecnologie che meritano di essere incoraggiate, oltre al vento e al sole.
Pensiamo ad esempio alle potenzialità delle pompe di calore e all’attenzione che bisogna riservare al nucleare.
Soprattutto accelerando la fase applicativa del nuovo nucleare originato da piccole centrali con livelli di sicurezza e facilità di trattamento dei rifiuti senza precedenti.
Queste due ultime fonti di energia pulita sono di particolare interesse per il nostro paese che opera in posizione di potenziale preminenza in entrambi i campi, mentre siamo ormai confinati al ruolo di importatori totali nel caso delle batterie e quasi totali nei beni strumentali dedicati all’eolico e al solare.
E’ giusto e doveroso alzare continuamente l’asticella della politica ambientale, ma è altrettanto doveroso fornire ai cittadini le tecniche e i muscoli necessari per saltare più in alto.
Le crescenti opposizioni alle politiche ambientali ci insegnano che bisogna continuamente aggiornarle.
Queste politiche non sono infatti un dogma, ma solo uno strumento per raggiungere l’obiettivo. E gli strumenti, per loro natura, debbono essere continuamente rivisti e adeguati.