Difesa comune europea: una scelta doverosa

Difesa comune, una scelta doverosa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 12 marzo 2025

Non ho mai avuto alcun dubbio che, se avessimo avuto una comune difesa europea, la Russia non avrebbe attaccato l’Ucraina.

L’aggressione ha infatti contato sulla sproporzione fra le forze russe e le forze ucraine, che Putin pensava sarebbero state lasciate sole proprio in conseguenza delle divisioni europee.

Queste divisioni sono state cancellate e si è potuto fronteggiare per lunghi mesi la Russia unicamente grazie al sostegno dei paesi occidentali, con gli Stati Uniti in prima fila.

L’ombrello americano, operante fin dal 1949, ha reso possibile un’azione unitaria da parte dei paesi europei. Con l’arrivo di Trump l’ombrello si è chiuso e si è aperta un’epoca nuova: quella in cui dobbiamo difenderci da soli. L’alleato americano non solo si è separato dall’Europa, ma è arrivato a dire che abbiamo creato l’Unione Europea solo per “fare dispetto” (uso un’espressione molto più educata da quella usata da Trump) agli Stati Uniti.

A questo punto si è riaperto con urgenza il secolare dibattito sulla necessità di dare finalmente vita ad un comune sistema di difesa europea uno dei passi fondamentali che ancora manca al compimento della nostra Unione, da anni impegnata più nei processi di mediazione che nel compimento dei necessari passi verso l’unità.

Il voltafaccia di Trump ha riportato il problema della difesa comune con uno strumento militare condiviso sul tavolo europeo con un nuovo e crescente senso di urgenza, ma non è stato in grado di portarne a buon fine le conclusioni, data la diversità di posizioni esistenti in seno al Consiglio Europeo e l’impossibilità di prendere decisioni con il folle sistema del voto all’unanimità. Inoltre, nonostante l’inizio dell’auspicato riavvicinamento fra Francia e Germania, non sono certo scomparsi gli antichi dissensi che hanno finora impedito il compimento del disegno che era stato proposto da De Gasperi fin dal 1952. Tra questi basta ricordare il possesso dell’arma nucleare, oggi esclusivamente in mano alla Francia anche se, con l’inizio della guerra di Ucraina, il bilancio della difesa tedesca è ora più del doppio di quello francese.

Di fronte alla nuova realtà, anche se nei limiti dell’attuale possibilità di decisione, la Commissione Europea ha proposto un progetto di aumento delle spese militari dei singoli paesi e il rafforzamento delle industrie nazionali, in modo da diventare progressivamente indipendenti dagli Stati Uniti dove, negli ultimi cinque anni, sono stati fabbricati quasi i due terzi degli armamenti acquistati dai paesi europei membri della Nato.

Nell’impossibilità di realizzare in tempi brevi un sistema di difesa comune, si è quindi deciso di procedere ad un rafforzamento di quelli nazionali già esistenti, con l’impiego delle risorse dei singoli paesi alle quali l’Unione europea accompagna un contributo di 150 miliardi di Euro di debito comune.

Stretti nello schiaccianoci fra Putin e Trump si è fatto di necessità virtù. Si tratta di una virtù che, pur dirigendosi nella giusta direzione e di un impegno finanziario non certo trascurabile, contribuisce solo parzialmente a riaprire l’ombrello della nostra sicurezza.

Perché il passo sia efficace, oltre ad accelerare la costruzione di una difesa comune europea, è necessario procedere ad un maggiore coordinamento della politica militare dei diversi paesi, alla standardizzazione degli armamenti, e all’armonizzazione dei sistemi di comunicazione, compresa l’accelerazione di una comune rete satellitare. L’aiuto europeo, pur limitato rispetto all’impegno finanziario richiesto ai singoli paesi, deve essere quindi esclusivamente dedicato a preparare il cammino verso un comune sistema di difesa europea.

Data la rapidità e la grandezza dei cambiamenti avvenuti, non dobbiamo stupirci che la proposta di maggiori spese militari desti sorpresa e turbamento in molta parte dell’opinione pubblica e, soprattutto, nelle giovani generazioni che, con l’abolizione della leva militare e con una pace che appariva del tutto garantita, non hanno mai dovuto aprire il capitolo del dovere e del costo della sicurezza.

In questi anni, tutte le volte nelle quali ho parlato ai giovani sul tema della pace spiegando che mai, dalla caduta dell’impero romano in poi, l’Europa aveva goduto di un periodo senza guerre per tre generazioni e che la pace deve essere quotidianamente difesa, mi guardavano con sincero stupore.

Adesso bisogna spiegare loro il costo del cambiamento, i sacrifici che esso comporta, le riforme per fare fronte a questi cambiamenti e la garanzia che tutto venga accompagnato dalle necessarie azioni per difendere la pace e per aumentare il potere e l’autorità delle istituzioni internazionali che, a partire dall’ONU, sono dedicate a questo scopo.

Ed è ancora più necessario spiegare che, all’improvviso, si sono voltate le spalle al diritto, facendo ricorso esclusivamente alla forza, come è stato reso evidente dall’assalto della Russia all’Ucraina e dalle inedite interferenze del presidente Trump nella vita di tanti paesi. Un comportamento ribadito anche nelle ultime ore con la ripetizione di una postura aggressiva nei confronti di Canada e Danimarca, due paesi membri della NATO.

Siamo quindi di fronte a un quadro totalmente nuovo, in cui solo un’azione comune dei paesi europei può metterci almeno parzialmente al riparo sotto l’aspetto della sicurezza custodendo, nello stesso tempo, i diritti e le garanzie di libertà sulle quali l’Europa si è sempre fondata. Le decisioni prese negli scorsi giorni a Bruxelles non danno certo una risposta esauriente a queste nuove sfide, ma sono almeno la premessa per poterle affrontare in futuro. L’unica scelta oggi possibile è che, finita la protezione della bandiera a stelle e strisce, ci si riunisca progressivamente sotto quella delle dodici stelle. Una scelta doverosa per ogni cittadino. Doverosa anche per il nostro governo e faticosa per le opposizioni.

 

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Dati dell'intervento

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Categoria
marzo 12, 2025
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