Francesco voleva il cambiamento della Chiesa ma non era un populista

Papa Francesco, Prodi: «Voleva il cambiamento, ma non era un populista. Scrisse una lettera per mia moglie Flavia dall’ospedale»

Intervista di Mario Ajello a Romano Prodi su Il Messaggero del 22 aprile 2025

L’ex premier: «Un riformatore che guardava sempre avanti. Mi disse: “Sia meno prudente”». Il messaggio alla morte della moglie: «Me lo scrisse a mano, dall’ospedale»

Professor Prodi, Bergoglio viene descritto come un rivoluzionario. Lo è stato?

“Non era un rivoluzionario nel senso che comunemente si dà a questa parola. Pensava continuamente a una riforma e a un progresso della Chiesa. Il suo motto era: attenzione che spesso “si confonde la tradizione con l’indietrismo”. Invece Papa Francesco riteneva che bisogna riflettere sul passato, sulle radici, ma capire che le cose cambiano. Bergoglio credeva nel cambiamento e le riforme per lui erano assolutamente necessarie”.

Quando lo ha visto l’ultima volta?

“Circa un anno fa. E mi ha detto: “Professore, usi pure il mio nome quando vuole e come vuole, perché so che lei è un uomo prudente, ma sia meno prudente!””.

Che cosa voleva dire, dicendo così?

“Non lo so. Credo sia un esempio della sua doppia chiave interpretativa: tenere conto del passato e della tradizione, che è una parte propria della Chiesa cattolica, coniugando tutto questo con il coraggio dell’innovazione. Ho molto pensato e ripensato al senso di quelle parole del nostro ultimo incontro. E ritengo che volesse dirmi: insomma, caro professore, bisogna rischiare perché so che lei è fedele alle tradizioni, ma non abbia paure della sua un’ansia verso il nuovo, della proiezione verso il futuro”.

Lei da cattolico adulto è stato molto attaccato da una parte della Chiesa. Bergoglio preferiva i “cattolici adulti” o i “cattolici bambini”?

“Su questo sono assolutamente sicuro: i cattolici adulti, quelli che comprendono la complessità delle cose e sentono il dovere di affrontarle nella loro complessità. Interpretare la complessità è una necessaria virtù per chi ha responsabilità pubbliche”.

Lei però da premier fu attaccato dalla Chiesa proprio perché “cattolico adulto”.

“Non da Bergoglio, però”.

L’altro giorno, poco prima di morire, Francesco ha incontrato Vance.

“Immagino che anche le sue ultime parole con Vance siano state parole di pace. Pace tra le nazioni e tra le persone. Per questo motivo Bergoglio insisteva sempre sul tema dell’immigrazione. Perché l’immigrazione è il punto di incrocio tra i drammi delle persone e gli interessi politici. Come ha ben dimostrato nel discorso di Lampedusa, in cui il papa ha biasimato duramente la  “globalizzazione dell’indifferenza“, cioè un mondo nel quale l’indifferenza è diventata costume politico”.

Come mai Francesco aveva un senso di rifiuto verso la politica italiana?

“Perché al linguaggio delle intricate situazioni romane si trovava totalmente estraneo e quindi non le poteva condividere. Per lui il linguaggio della politica italiana era più che barocco”.

Era un populista, secondo lei?

“E’ difficile dare una definizione politica del papa. Non era di scarsa importanza la sua origine argentina”.

Era anti-Usa?

“Era contro gli imperi e contro tutti i potenti“.

E quindi un po’ populista?

“No, non confondiamo il populismo con l’attenzione verso la giustizia sociale. Ricordiamo sempre che pace e giustizia sociale costituivano il più stretto rapporto di Francesco con il mondo“.

Con Putin non è stato troppo morbido, secondo lei, e magari sarebbe potuto essere più solidale con il dramma degli ucraini?

“Non mi pare che abbia avuto l’atteggiamento che lei sta descrivendo. L’ho sentito sempre parlare della sofferenze del popolo ucraino e della tragedia della guerra. Ha fatto quello che poteva fare. E si è spinto più avanti di quanto abbiano fatto le Nazioni Unite o l’Unione Europea. Per quel che riguarda il Medio Oriente, il suo dolore per le sofferenze di Gaza è stato troppo interpretato come una linea politica. Le sue espressioni su Palestina e Israele erano il frutto dell’angoscia per i dolori di quei popoli“.

La sinistra lo ha sempre considerato un papa di sinistra. Lo era?

“Qualcuno può definire di sinistra un pontefice che predica l’impegno sociale e la lotta alle diseguaglianze? È semplicemente questa la vocazione, universale, di un papa, come erano altrettanto parte del suo pontificato il problema della conciliazione degli uomini con l’ambiente e il ruolo della donna nella Chiesa. Compiti entrambi difficili che anche il prossimo pontefice si troverà sul tavolo”.

Professore, Bergoglio le scrisse una lettera per la morte di Flavia, sua moglie. Si aspettava questo gesto?

“No, anche perché era ricoverato e la scrisse a mano dal Policlinico Gemelli. Mi commosse perché seppe ricordare il lungo vincolo tra Flavia e me con la semplice espressione: “mano nella mano, fino all’ultima passeggiata insieme””.

Chi sarà il successore?

“Forse è la prima volta che la maggior parte dei cardinali, che vengono da così lontano e che sono di recente nomina, non si conoscono tra di loro, come invece accadeva in passato. E quindi, nel conclave, ci sarà un clima difficile da prevedere. Discuteranno molto sulla centralità di Roma e sulla complessità del mondo”.

In che senso?

“Vuol dire che un punto fondamentale è quello della centralità di Roma come forza spirituale e emozionale, ma anche come luogo e come simbolo di apertura a ogni trasformazione della società mondiale. Il nuovo papato dev’essere proprio la sintesi di questo: centralità di Roma, come unità della Chiesa, che va tenuta insieme alla necessità e alla sensibilità di capire tutto il mondo“.

 

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Dati dell'intervento

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Categoria
aprile 22, 2025
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