Se la politica gioca a Risiko mentre il Paese soffre
Se la politica gioca a Risiko mentre il Paese soffre
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 18 dicembre 2010
Quando lo scontro politico si fa troppo acuto i problemi reali vengono messi in secondo piano. In Italia lo scontro è durato mesi e mesi fino ad arrivare alla faticosa conclusione del voto di fiducia. Se però qualcuno sperava che questo voto ponesse termine alle discussioni e agli scontri per lasciare spazio alla costruzione di un programma di governo si è sbagliato.
La musica è ancora la stessa e lo spartito è tutto dedicato a blindare gli schieramenti e a orientare le ormai bibliche migrazioni dei parlamentari. Da quanto ci è dato da vedere il mercato di Montecitorio rimarrà aperto per un pezzo, ben oltre la chiusura dei mercatini di Natale. Ai ministri responsabili dell’economia non resta perciò che applicare l’unica tattica realisticamente possibile in questi casi, che è quella di non esistere.
Alla non esistenza del Ministro delle Attività Produttive eravamo abituati. Tuttavia fa una certa impressione constatare che, dopo averne per molti mesi richiesto la nomina, emerga ora l’assoluta irrilevanza della sua azione in un momento in cui il problema della crisi produttiva emerge più acuto, la cassa integrazione fatica a fare fronte alle crisi aziendali ed il caso Fiat avrebbe bisogno di una forte mediazione del governo per fare compiere alle nostre relazioni industriali quel salto in avanti che è necessario per navigare, come stanno facendo i tedeschi, nel grande mare della globalizzazione.
Essere assuefatti alla mancanza di decisioni non significa quindi che quest’assenza sia irrilevante perché nelle decisioni di tale ministero si gioca la possibilità di riaprire il flusso degli investimenti e, soprattutto, la possibilità di attrarre le iniziative straniere, che sono oggi condizione indispensabile per il progresso di ogni sistema produttivo.
Ancora più preoccupante è tuttavia la scomparsa del Ministro dell’Economia, una scomparsa pienamente comprensibile e forse piena di buon senso perché è più saggio tacere e non fare proposte quando il rumore di fondo e la confusione politica sono così forti da non lasciare alcuno spazio all’ascolto e alla possibilità di prendere decisioni.
Questa saggezza contadina che suggerisce di non esistere quando è opportuno non esistere urta però contro una realtà che, nel frattempo, accumula elementi di grande preoccupazione.
Mi limito a ricordare, pur senza approfondirlo, il dramma della crescita, che da dieci anni ci vede in coda non solo tra i paesi europei ma in tutte le classifiche mondiali e alla cui ineluttabilità sembrano ormai essere tutti rassegnati.
Mi preme invece mettere sotto osservazione alcuni dati che sono arrivati all’attenzione delle statistiche in questi giorni.
Il primo dato ci dice che è in forte ulteriore aumento il numero dei nostri emigrati laureati e ad alto livello di specializzazione. Serve poco gloriarci che il presidente Obama includa alcuni nostri concittadini fra i giovani talenti che danno vigore alla scienza e all’economia americana. I talenti italiani in America sono, dal punto di vista economico, puramente talenti americani. Dai dati emersi in questi giorni deriva un elemento di preoccupazione aggiuntiva, perchè la fuga dei cervelli non è più soltanto verso gli Stati Uniti ma anche e soprattutto verso i paesi europei, mentre noi continuiamo ad attrarre solo lavoratori a basso o bassissimo livello di specializzazione.
Il secondo dato statistico su cui dobbiamo attrarre la nostra attenzione riguarda il combinato disposto per cui siamo ormai al vertice ( solo dopo Svezia e Danimarca) della pressione tributaria e, nello stesso tempo, deteniamo il primato assoluto dell’evasione fiscale. Per un governo che aveva vinto le elezioni battendosi contro le tasse mi sembra un risultato degno di una certa attenzione.
Ancora più preoccupante risulta la situazione se noi teniamo conto dell’altra novità statistica degli ultimi giorni e cioè che il debito pubblico ha superato ogni record storico. L’elemento rilevante non è tanto la cifra assoluta di 1867 miliardi di euro (che pure è una cifra da capogiro) quanto il fatto che il debito pubblico sia aumentato del 5,9% dall’inizio dell’anno.
Di fronte a questo combinato disposto c’è evidentemente bisogno di un programma che proponga una soluzione complessiva perché crescita, debito pubblico ed evasione fiscale sono elementi indissolubilmente legati fra di loro e debbono essere affrontati con un unico progetto. Dato il permanere di una situazione di estrema turbolenza di tutto il contesto europeo, bisogna inoltre che questo programma sia organizzato e messo in atto con la massima urgenza.
Ci auguriamo quindi che l’ottenimento della temporanea fiducia da parte del governo apra un periodo di maggiore calma, permetta il ritorno dei ministri desparecidos e ce li riporti muniti di adeguati programmi per affrontare gli ineludibili e urgenti temi che abbiamo in precedenza elencato. Questo sarebbe davvero un utile esercizio per fare in modo che il governo e l’opposizione comincino finalmente a fare il proprio mestiere.