L’Europa non ha imparato nulla. Angela Merkel deve mostrare maggiore ruolo di leadership
„Europa hat nichts gelernt“
“L’Europa non ha imparato nulla”
In Italia l’ex primo ministro Romano Prodi chiede più leadership ad Angela Merkel
Andre Tauber intervista Romano Prodi, su Die Welt del 14 luglio 2011
(Traduzione italiana gentilmente concessa da Andre Tauber. Adattata e pubblicata qui in esclusiva.)
Come presidente del Consiglio, Romano Prodi negli anni novanta ha portato l’Italia in zona Euro anche se il Paese aveva un debito nazionale del 120 per cento rispetto al proprio prodotto interno lordo. In un’intervista con “Die Welt“, il politico liberale di sinistra ed ex presidente della Commissione europea, spiega perché il primo ministro Silvio Berlusconi per il momento rimarrà ancora al suo posto:
Professore. Il paese è nel centro di un ciclone finanziario. Come si sente?
Bene. Benissimo. Dobbiamo distinguere gli aspetti personali da quelli pubblici del Paese. Personalmente sto benissimo. Il resto non va altrettanto bene.
Lei è un economista. A voi, per professione, piacciono molto regole e previsioni. Era prevedibile che la crisi finanziaria arrivasse in Italia?
No. Perché la situazione Italiana è sempre stata difficile. Quanto sono andato al governo nel 1996 eravamo 121 percento di debito sul PIL. Ma sapevamo bene che le risorse del Paese erano sufficienti a permetterci di gestire questa situazione. L’abbiamo saputa gestire. Non c’erano aspetti economici che obligassero ad un cambiamento negativo e nemmeno adesso ci sono. Ora siamo su cifre molto simili a quelle di allora, anche se con i miei governi il debito era diminuito sensibilmente. Poi, nel tempo, questo si è nuovamente allineato sulla cifra iniziale. Ma nulla negli ultimi mesi poteva portarci a prevedere questa situazione. La bottom line – come si dice in termini economici – cioè il dato sui conti finali era quello previsto. Non vi erano accenni che la finanziaria – che pur non è una finanziaria molto coraggiosa, anche se comunque, adempie agli obiettivi europei – potesse provocare il crollo. Poi invece il crollo c’e’ stato; e la tempesta dei mercati ha travolto anche noi.
Io credo che la causa vada ricercata soprattutto in motivi di carattere politico, e cioè il fatto che ci siano state tensioni nel governo, che ci siano state differenze sensibili fra i diversi ministri. Poi c’e’ il fatto che la finanziaria, pur rispettando le regole europee, mette il peso maggiore non nel 2011 o nel 2012 ma nel 2013 e nel 2014. Tutte queste cose hanno trasmesso alla speculazione internazionale il messaggio che l’Italia si presentava con una maggiore debolezza. E si è scatenato un temporale, uno Tsunami contri i nostri titoli di credito pubblici, contri i nostri bonds del tesoro e contro le banche. Però elementi nuovi non ce n’erano. Anche se c’era un’evidente inquietudine politica che probabilmente ha messo in allarme la finanza internazionale.
Spesso si sente dire che dietro ci siano gli speculatori.
Certo che sono dietro. Fanno il loro mestiere. Ci sono sempre stati. Quando uno speculatore pensa di poter guadagnare sul crollo di un titolo, lo fa crollare.
Ma il debito pubblico non hanno fatto gli speculatori. L’hanno fatto i governi italiani. Non sono loro i responsabili?
La responsabilità è quella di esserci posti come i partener più deboli di un sistema europeo che in generale è sotto attacco, Paese per Paese. La classica situazione in cui se ti mostri debole sono guai. Certamente, se lei mi chiede se questa speculazione è stata facilitata della debole politica europea, le dico: Assolutamente sì. Se ci fosse stato un minimo di coordinamento europeo non sarebbe accaduto nulla. Però questo non toglie nulla al fatto che quella che lei chiama speculazione internazionale abbia ritenuto che l’Italia fosse particolarmente debole ed indifesa.
Dove ha spagliato l’Europa nell’ affrontare la crisi?
L’Europea è sbagliato tante cose. A partire dal caso Grecia in poi non ha fatto nient’altro che rimandare. L’unica dottrina coerente dell’Europa in questi 15, 16 mesi è stata quella di rinviare. Ma rinviando, i problemi da piccoli sono diventati grandi. Perché vede, se prendiamo le cose in modo obiettivo, gli Stati Uniti stanno infinitamente peggio di noi. Non un po’ peggio, ma infinitamente peggio. E anche l’accordo politico in America è lontano. Probabilmente arriverà a un compromesso come lo chiamiamo noi “al ribasso”. Almeno politicamente non c’è un clima di concordia su obiettivi elevati. Però l’America è l’America, nonostante le divisioni interne agisce in modo unitarioeè forte. L’Europa non è cosi.
Ha l’impressione che l’Europa abbia imparato qualcosa?
No. L’Europa non ha imparato. L’Europa non ha imparato perché imparare in questo caso vuole dire: fare un grande salto in avanti. Vuole dire: completare le regole economiche che non sono ancora completate.
Può spiegarsi meglio?
Il problema iniziale dell’Euro è che è stato fatto senza accompagnarlo con gli elementi fondamentali di politica fiscale. Elementi che sono indispensabili per gestire un’entità comune.
Ho sostenuto una battaglia – dalla presidenza della Commissione Europea – per il rispetto delle regole di Maastricht. Perchè per lo meno Eurostat potesse eercitare un controllo sulla correttezza aritmetica dei conti. Sotto la presidenza Italiana, sia la Germania che la Francia hanno votato contro è si sono rifiutate di accettare questi controlli. Quindi alla fine, alla base di tutto esiste un senso di insofferenza negli confronti di una disciplina comune.
E’ stato criticato nel 2002 quanto ha detto che il patto di stabilità era stupido.
Infatti! [ride] Avevo assolutamente ragione perché non era accompagnato dagli strumenti. Lo spiegavo bene in quell’intervista. Era puramente un fatto. E anche quello non fu rispettato. Ma il patto di stabilità stesso era una semplice esposizione di regole aritmetiche senza aver dietro una forza politica che ne regolasse l’applicazione. Infatti, quella intervista la pagai a caro prezzo allora, ma adesso sono orgoglioso che alla fine tutti abbiano riconosciuto che avevo ragione io. [ride] Perché un economista come ha detto lei si accorge subito delle cose che non possono andare. Mi ricordo che l’esempio che allora ripetevo spesso era questo. Dicevo: “Scusate, se avviene un terremoto nel Lussemburgo – cosa impossibile perche Lussemburgo non è in una zona sismica – come si provvede?” No? Volevo dire che un qualsiasi avvenimento straordinario può mettere in ginocchio un paese. Come si provvede? Era un problema presente fin dall’inizio.
Quali sono gli strumenti necessari di cui deve poter disporre oggi l’Unione Europea?
Si vuole un coordinamento sulle grandi linee della politica fiscale. [Il telefono di Prodi squilla con “l’Inno alla gioia”…] Ma certamente capisco benissimo che non è questo il momento per una proposta di questo genere. In questo momento c’è un incendio. Si devono semplicemente chiamare i pompieri. E basta.
Lei ha paura che questo sia l’inizio della fine dell’Euro?
Non ho paura. Perché nessuno ne ha interesse. Sopratutto non ne ha interesse la Germania. Mai come ora la Germania ha avuto un surplius così elevato. Mai come ora la Germania – proprio perche è la potenza economica più forte d’Europa – ha potuto esercitare questa sua forza se non per le svalutazioni competitive dell’Italia, della Francia e degli altri Paesi. Quindi sono convintissimo che una volta che si passerà dal populismo elettorale di oggi all’analisi degli interessi reali di tutta la comunità degli affari tedeschi – non solo le banche ma gli esportatori, l’industria, i risparmiatori – tutti non potranno che convincersi che solo con’Euro la Germania può continuare questo periodo di grande, grande affermazione del mondo. Ho sempre pensato che la Germania avesse una marcia in più nell’economia. Ma adesso le marce in più sono due o tre. E questo lo si deve solo all’Euro.
Potrebbe nascere un Euro-bond come hanno proposto Jean Claude Juncker e Giulio Tremonti?
Questo certamente è uno degli strumenti possibili. Ma non sono in grado di entrare nel dettaglio degli strumenti tecnici perchè non sono al corrente della discussione quotidiana che viene condotta in questo momento. Certamente bisogna creare strumenti comuni. L’Euro-Bond è uno dei possibili strumenti comuni. Credo che sarebbe estremamente utile e importante. Ma sopratutto il problema è quello di saper prendere una decisione senza giocare continuamente al rinvio. Questo è quello che è importante. Prendere una decisione che sorprenda i mercati. In cui si dice: I Paesi europei non sono più come tanti punching ball che prendono pugni da tutti ma hanno una politica comune e si difendono insieme. Ecco. Nessun leader in questo momento vuole rischiare la propria carriera per rafforzare la propria leadership europea. Con una Germania che è troppo forte per l’Europa, l’Europa è troppo debole per il mondo. E quindi qualcuno deve fare una riflessione su quale vuole che sia il proprio futuro politico.
E questo un appello al cancelliere Angela Merkel perchè faccia un passo avanti?
Non c’è dubbio. Non c’è dubbio perché noi abbiamo bisogno della Germania. Della Germania europea, della Germania che se si prende la sua responsabilità e gioca il suo ruolo di leadership. Questo costa poco. Costa molto di più di rinviare, rinviare, rinviare e poi dopo pagare il conto.
Gli Italiani sono pronti a finanziare i debiti greci? Forse è anche difficile spiegare questa situazione agli Italiani.
L’eseprienza mi ha insegnato che al popolo italiano bisogna dire la verità in modo brutale e spiegare a tutti che obiettivi che abbiamo. Poi l’Italiano, quando capisce le cose, le accetta e le condivide. Quanto ho messo una tassa per entrare nell’Euro l’ho chiamata tassa per l’Europa. E stata pagata tranquillamente. Non ho avuto problemi. Credo che sia il Paese in fondo più disciplinato in Europa. Ad esempio nel rispettare l’obbligo di non fumare nei luoghi pubblici [ride]. Ma in questo momento c’è una confusione terribile. E quanto ci sono più voci gli Italiani giustamente non sanno a chi dare retta.
Negli anni 90 l’Italia era in una crisi finanziaria profonda. Ne siete usciti. Da quell’esperienza, lei ha imparato qualcosa che si può applicare adesso?
Si. Servono obbiettivi chiari, sacrifici equilibrati e spiegati, spiegati, spiegati ai cittadini. Ad esempio non ho capito perché il presidente del consiglio Silvio Berlusconi non abbia preso la parola in questi giorni. Ho trovato abbastanza particolare che il cancelliere tedesco lo abbia sostanzialmente sgridato perché non ha aperto bocca. [ride] Immagino che l’abbia trovato un po’ strano anche lei. O no? E’ vero o no?
Che cosa deve fare il governo?
Il governo… Secondo me ci vuole una riunione immediata tra governo e opposizione. Stabilire alcuni emendamenti alla Finanziaria molto, molto condivisi che la rafforzino e non la indeboliscano e fare certificare tutto dalla Banca d’Italia in modo da ottenere una forte credibilità verso l’esterno. Quindi approvare in fretta la legge finanziaria. Questo è il percorso che devono compiere governo ed opposizione in Italia.
La manovra basta per tranquillizzare i mercati?
No. Non è solo il mio giustizio: i mercati hanno dimostrato che non basta. Bisogna quindi rafforzarla e, soprattutto, presentarla in modo politicamente più forte. Per questo dico: Ci vuole una riunione congiunta di governo e opposizione, con una certificazione della Banca d’Italia.
Il Presidente Giorgio Napolitano ha chiesto l’unità nazionale. Secondo lei il suo partito seguirà questa chiamata? Sono pronti ad accettare tagli duri?
Secondo me questo compromesso potrebbe essere realizzato su alcuni punti. Poi non è mica detto che l’opposizione debba votare a favore. Basta che si applichi una procedura di approvazione rapida non che l’opposizione si assuma la condivisione di tutti i contenuti. Questo allo scopo di evitare che la finanziaria venga bloccata in dibattiti senza fine. Ripeto: in questo momento si cerca un pompiere, si cercano i vigili di fuoco. Questo è un problema che può essere affrontato come ha suggerito il Presidente della Repubblica.
Alcuni dicono che il governo non sarà capace di fare questo passo.
E’ proprio per questo che va aiutato. Perché ha dimostrato in questi giorni la propria incapacità a trovare da solo una soluzione di emergenza alla crisi.
Massimo D’Alema ha detto che forse è giunto il tempo di lanciare un governo di unità nazionale. Magari sotto la presidenza di Mario Monti. Sarebbe una buona idea?
Per un governo unitario ci vuole tempo. Bisogna vedere chi lo vota. Adesso c’è qualcosa di più urgente da gestire. Appunto spegnere l’incendio. Dimostrare che le nostre finanze sono sotto controllo. Poi il problema politico di lungo periodo sarà affronto successivamente. Non è mica adesso il momento di pensare ad alternative al governo. Non è pensabile che – almeno non è nelle prospettive – che Berlusconi dica accomodatevi e io mi faccio da una parte. No?
Cosi possiamo immaginare che questo governo resterà in carica fino alla fine della legislatura?
E probabile che questo avvenga.
E anche auspicabile?
In questo momento non si può pensare ad alternative politiche che portino l’Italia fuori dall’incertezza. Adesso bisogna prendere decisioni rapidissime. Quindi occorre giungere ad un accordo – ripeto: Con alcuni emendamenti condivisi – in modo che si possa dare finalmente il via alla finanziaria. E poi, dopo si penserà agli altri problemi. Ma quanto la casa brucia non si deve pensare a nuovi governi.
L’Italia ce la farà di uscire da questa crisi?
L’Italia nei momenti di maggior rischio è sempre riuscita a dare il meglio di sè. Abbiamo fatto fronte a momenti durissimi nel nostro passato. Abbiamo ereditato dal passato un debito pesante. Ma gli obblighi europei li abbiamo sempre mantenuti. Non abbiamo mai truccato i conti. C’è una lealtà di fondo. E ci sono inefficienze, problemi, divisioni ma la Stella Polare per noi è assolutamente l’Europa. Non troverebbe nessuna persona seria che pensi ad una possibile alternativa.
Secondo lei l’Euro é arrivato tropo presto?
No. Se non lo si faceva allora non lo si sarebbe fatto più. Lo stesso per l’allargamento dell’Unione. Il problema non era quando farli. Il problema era o che si facevano allora o non si facevano più. Era un momento di particolare capacità costruttiva. Mi ricordo gli accordi con il cancelliere tedesco Helmu Kohl quando, appunto, parlavo della necessità di aggiungere armonizzazioni fiscali all’Euro. Lui diceva che già erano stati fatti forti passi avanti e che, indubbiamente, altri ne sarebbero seguiti perchè questa armonizzazione era semplicemente logica. E anch’io pensavo la stessa cosa. Però dopo sono arrivati gli anni della paura. L’Europa si è messa in una atmosfera di paura: paura della Cina, paura degli immigranti. E cambiato il contesto, quindi. E’ questo che ha trasformato la nostra realtà.
Nel suo ultimo governo non siete riusciti a riformare il paese come l’avreste voluto. I tassisti hanno bloccato le città. Gli Italiani sono davvero pronto a riformarsi?
Al governo avevamo idee chiarissime ma avevo una maggioranza estremamente limitata. Una coalizione di molti partiti in cui ciascuno – anche se piccolo – era in grado di mettere in crisi il governo. Di fronte a questo ho continuato a fare una politica coerente ma di fronte alle debolezze della coalizione sono caduto. Perché un giorno i tassisti, l’altro giorno i farmacisti. Se avessi avuto dieci voti in più… Infatti ho preferito – diversamente degli altri politici italiani – ritirarmi. Perché secondo me esiste un momento in cui non si deve fare compromessi. Ho pensato che fosse quello il momento. E spero e conto che questo sia un esempio.