L’Italia smetta di aver paura altrimenti si dissolverà
Prodi: “Lega Nord antieuropeista e l’Italia torni protagonista nel mondo”
Articolo di Ilaria Giupponi su Il Fatto Quotidiano del 29 luglio 2011
Il professore durante un faccia a faccia in Regione, disegna uno scenario globale incentrato più sull’economia reale che su quella della finanza. Critico anche sull’atteggiamento dell’Europa, passivo e in ritardo, verso il Medio Oriente. Spinge per un’Italia che torni ad essere tra le prime cinque potenze del mondo.
Un continente senza una guida, la Lega Nord che mina l’unità dell’Europa e l’assenza delle democrazie occidentali, al limite della latitanza, nei momenti topici del pianeta, come accaduto nel caso delle rivolte nel Maghreb. Romano Prodi, ex presidente del consiglio dei ministri e della Commissione europea, interviene in qualità di ospite d’onore alla presentazione del piano triennale delle attività produttive 2012-2014 della Regione Emilia Romagna.
Ma coglie l’occasione facendo di tutto tranne che limitarsi a una dimensione localistica. Perché secondo il Professore – forte della prospettiva offertagli dal gruppo di lavoro Onu-Unione Africana che dal 2008 presiede – la globalizzazione, piaccia o no, è una realtà acquisita, imprescindibile, alla quale è necessario dare una risposta politica.
L’Italia smetta di aver paura altrimenti si dissolverà”. L’esordio sarcastico è chiaro: alzando le mani annuncia che “noi non andiamo mai oltre”. Andare oltre è infatti ciò che si chiede non solo all’Emilia Romagna e all’Italia, ma anche all’Europa, che “ancora una volta manca assolutamente di leadership” perché “i Paesi vanno ognuno per conto proprio”. E per Prodi “la vera Cina del mondo è la Germania”. Il problema è che se la Deutsche Bank vende 7 miliardi di titoli italiani, vuol dire che il Belpaese non ha la stabilità richiesta dallo sviluppo europeo e non tesse nemmeno legami di solidarietà rischiando di “giocare in difesa”.
Una maggiore partecipazione dell’Italia allo scacchiere internazionale sarebbe certamente auspicabile, ma avverte che “non è facile pensare di far parte di un’Europa compatta, quando una parte del governo la disconosce. La Lega è una forza dichiaratamente antieuropeista”. Ma la nazione – e non è sola in questo – teme le sue risorse: “Dei migranti, della globalizzazione, della trasformazione. In Europa ci siamo entrati con la paura di perdere”. E la paura non aiuta, anzi, ammonisce Prodi: “Se non la finiamo di aver paura, ci si dissolve”.
Acqua e cibo scateneranno le guerre del futuro. Il ritratto critico ma appassionato dell’Europa prosegue: riferendosi alle rivolte nel nord Africa, Prodi fa notare che i protagonisti di quei movimenti “sono tutti giovanissimi, diplomati, e disoccupati. Come fanno a portare avanti una democrazia senza turismo, esportazione, un struttura partitica stabile?” Come a dire che forse qualcosa in comune lo abbiamo. “Abbiamo ricevuto suppliche dal Medio Oriente che ci chiedeva: ma perché non ci siete, voi che siete i più grandi investitori e commercianti della zona?” E aggiunge ancora il Professore: “Di fatto abbiamo un’Europa che reagisce solo all’ultimo minuto, quando la tragedia si sta profilando”.
La previsione del presidente il gruppo Onu-Unione Africana è chiara e fa un certo effetto: “Nell’acqua e nel cibo si preparano le nuove guerre”. Prende a esempio l’Egitto: “Se questo Paese dovesse costruire dighe nel canale di Suez, come ha diritto di fare, la Mesopotamia muore. Cosa credete che succederà dopo?”
L’economia deve tornare a essere reale. Il punto è chiaro: “Siamo all’assurdo logico (che sta per un’assurdità coerente a se stessa): per mancanza di politiche europee, l’Europa è passiva malgrado il suo grande potenziale”. E riferito all’Italia, “bisogna essere fra i primi cinque del mondo, altrimenti non si sopravvive più”. Però, ribadisce, “è un fatto di politica economica: un Paese porta soldi o porta via soldi. Bisogna tornare a un’economia reale, di sinergie e competitività”.
Infine, rispondendo a una domanda sulla questione morale che sta investendo in modo trasversale i partiti italiani, conclude: ”Non vi è un Paese moderno che non si poggi sull’etica”. Non va sottovalutato che ”c’è un primato assoluto dell’etica anche nella prosperità stessa dei Paesi”.