Francia e Germania hanno provocato la crisi greca, ora collaborino al risanamento

La crisi greca. Quei no fatali di Francia e Germania

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 12 febbraio 2012

L’insipienza politica sembra volere trasformare il caso greco in una tragedia greca.  Da anni il problema era sul tavolo dei decisori e da anni la soluzione viene rinviata, mentre tra le autorità europee e i politici greci la fiducia reciproca è ormai sotto lo zero.

Per capire bene le cose bisogna andare indietro nel tempo quando, per non essere soggetti al controllo delle autorità europee, Francia e Germania hanno respinto le proposte della Commissione Europea volte a sottoporre a continuo monitoraggio i conti dei paesi dell’Euro. Il governo greco ha approfittato di questa mancanza di sorveglianza per mettere in atto una politica incontrollata ed incosciente di deficit di bilancio, persino falsificando i conti.

Tutto è andato liscio finchè la grande crisi finanziaria non ha messo  a nudo la verità . Una verità cruda e drammatica che richiedeva  da parte dei paesi dell’Euro una giusta reazione  per i guai che il governo greco aveva combinato. Porre rimedio tempestivamente a questi guai sarebbe stato facile perché il deficit era enorme per la Grecia ma ben affrontabile per l’Unione Europea , dato che il PIL ellenico non arriva al 3% di quello della zona Euro e le esportazioni dell’intero paese sono pari a quelle della provincia di Vicenza.

Un modesto ma utile sacrificio da parte europea avrebbe messo a posto le cose, anche se avrebbe dovuto essere accompagnato da rapide e sostanziose misure di riparazione da parte greca.  Questo, pur con una certa difficoltà, sarebbe stato possibile, dato che il nuovo governo, presieduto da Papandreu, aveva maggiore possibilità di mettere a posto le cose, scaricando il peso politico degli aggiustamenti sul governo precedente.

Tutto ciò non faceva però i conti con l’opinione pubblica tedesca, profondamente irritata dall’idea di dovere contribuire con i propri risparmi,insieme naturalmente agli altri paesi europei, al buco creato dalla cicala greca. Quest’attitudine dell’opinione pubblica è stato interpretato senza mediazioni dalla cancelleria tedesca che, tra l’altro, aveva di fronte a sé una tornata elettorale (le elezioni nel Norh-Rhine Westfalen) particolarmente delicata. Una buona occasione per rinviare ogni esborso e rassicurare l’elettorato che nessun euro sarebbe stato regalato alle cicale mediterranee.

A questo punto non si poteva presentare un’occasione migliore per la speculazione internazionale. Diventava infatti un gioco da bambini scommettere  contro i paesi più deboli, resi ancora  più deboli perché abbandonati  a se stessi dalle divisioni europee. Avendo preso gusto con la Grecia,  la speculazione si è quindi rivolta all’Irlanda e al Portogallo, per passare poi alla Spagna e all’Italia, fino a lambire l’Austria e la Francia.

Intanto il caso greco aumentava di gravità, il deficit sempre più insostenibile e le misure di austerità sempre più pesanti, con licenziamenti nella Pubblica Amministrazione, diminuzione dei salari e aumento dell’Iva. Decisioni certamente necessarie ma che non potevano che fare crollare il reddito ed aumentare la disoccupazione, arrivata quasi al 20%, mentre non è lontana dal 50% tra i giovani. Il reddito continuava a diminuire e la miseria a crescere. Un quadro di questo tipo non poteva che provocare ribellione e violenza nelle strade e la conseguente caduta del governo.

Col nuovo esecutivo, presieduto dal tecnico Lucas Papademos e sostenuto da tutti i maggiori partiti, il copione si è tuttavia ripetuto in modo identico. Le autorità europee si sono ancora dimostrate insoddisfatte per l’insufficienza e la lentezza delle misure prese e hanno chiesto nuovi tagli e nuovi licenziamenti. La violenza è ritornata di nuovo sulle strade e anche il nuovo governo comincia a perdere i pezzi.

Il copione della tragedia non è cambiato. Da un lato l’esecutivo prende tempo e cerca alibi e scappatoie mentre, da parte di Bruxelles e di Berlino, si risponde solo chiedendo rigore  e sacrifici,  senza prospettare una via d’uscita che non sia quella dell’immiserimento generalizzato.

Mantenendo tutta la distanza possibile dai comportamenti dei partiti e dei governi greci ci dobbiamo tuttavia chiedere qual è il senso di esigere aggiustamenti immediati e violenti quando i risultati si produrranno solo nel lungo periodo e solo se la solidarietà europea garantirà agli investitori  la futura solvibilità della Grecia. Se non si ferma la caduta dell’economia e non si rilancia la crescita non si potrà mai porre rimedio all’aumento del debito e i capitali continueranno a fuggire.

E’ stato autorevolmente scritto che, chiedendo alla Grecia compiti impossibili, si ripete l’errore che si è commesso nei confronti della Germania  dopo la prima guerra mondiale.

La modesta  forza politica e la modesta dimensione economica della Grecia non provocheranno certo tragedie di quella dimensione ma  le conseguenze  della mancanza di una politica preveggente e realistica, anche se forse non porteranno ad una catastrofe generale, renderanno molto più difficile la ripresa europea.

Pur ammettendo che  l’ammalato abbia commesso tutti gli eccessi possibili, può essere ritenuta utile una medicina che produce solo il risultato di fare morire il paziente e di infettare i suoi parenti ? Eppure da anni in Europa si pensa più a punire gli ammalati per i loro eccessi che ad aiutarne la guarigione.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
febbraio 12, 2012
Italia