La Francia ha imparato la lezione delle primarie “à l’italienne”, bisogna vedere se l’abbiamo capita anche noi
Prodi: “L’Ue diventi più forte. Altrimenti salta tutto”
Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa dell’8 maggio 2012
Per temperamento Romano Prodi non ha mai coltivato allarmismi, ma stavolta proprio lui, il cultore dell’«adagio adagio», dice che «siamo ad un bivio della storia europea», non c’è più tempo da perdere, perché gli spiriti antieuropei emersi in Grecia accelerano una svolta in «tempi brevi», senza la quale l’Europa rischia «l’implosione». La diagnosi è cruda e chiara: «Poiché gli Stati nazionali hanno perso sovranità e non hanno la forza di opporsi da soli all’aggressività dei mercati», devono «riacquistare la sovranità persa, conferendola ad una Unione più forte» e finalmente dotata delle armi per spegnere l’incendio. Sempre in giro per il mondo – reduce da un convegno internazionale ad Addis Abeba sul futuro dell’Africa e pronto a ripartire per la Cina e gli Usa – l’ex presidente della Commissione europea si tiene sempre aggiornato sulle cose dell’Europa, conosce da vicino i leader, le loro virtù, i loro limiti.
Nell’autunno del 2005 Hollande la invitò al congresso socialista di Le Mans, lei spiegò ai francesi le virtù delle Primarie appena vinte in Italia, loro ascoltarono e poi sei anni dopo vi hanno imitato: si sono ricordati?
«Il Ps, che era un partito chiuso, è rinato attorno alle Primarie che loro stessi hanno definito “à l’italienne”. Si può dire che abbiamo fatto scuola. Poi bisogna vedere se noi abbiamo imparato da noi stessi».
Hollande non sembra avere il carisma di Mitterrand e neppure le rigidità del socialista protestante Jospin: le sembrano tempi propizi per un leader normale?
«Di questi tempi essere “Monsieur Normal” aiuta. Certo, può esserci un interrogativo legato alla mancanza di esperienze di governo ma proprio per questo aspettiamolo alla prova. Siamo in una fase storica nella quale ad un leader di governo è richiesta la capacità di far sinergia, piuttosto che solitarie doti messianiche. E’ il momento delle leadership cooperative poi magari, se li vorranno, torneranno i leader solitari».
In tutta Europa non si è creata un’attesa eccessiva su Hollande, quasi avesse chissà quali qualità taumaturgiche?
«Quelle qualità non le ha nessuno. La Francia deve tornare a fare la Francia e tutte le dichiarazioni del nuovo Presidente dimostrano una maggiore libertà nella scelte delle alleanza e dei contenuti rispetto al predecessore. Spero che Hollande capisca quanto sia utile stringere rapporti più stretti con Spagna e Italia, superando, la politica del rapporto solitario con la Germania. Assieme alla quale la Francia continuerebbe a fare la parte del parente povero».
I capisaldi dell’Italia di Monti sono disciplina di bilancio e più concorrenza nel mercato unico: da questi orecchi la Francia non ci sente, anzi non bisognerebbe richiamarla ad una maggiore reciprocità?
«Sì, è vero servirebbe più reciprocità, ma da questo punto di vista non penso ci potranno essere grandi novità. Ma sicuramente servono piattaforme comuni tra Italia, Spagna e Francia, accettate dalla Germania».
Oramai tutti parlano di crescita: come si fa a riempire questa parola di significato e di fatti?
«La crisi che stiamo vivendo è la più grave dal 1929 e va ben oltre l’euro. E’ il concetto stesso di sovranità ad essere entrato in crisi. La politica interna ed economica oramai è determinata dallo spread, dall’aggressività dei mercati. Ma tutto questo segna la fine di un’epoca e richiede contromosse adeguate».
La sua cura?
«La cura europea è molto semplice. Siccome nel mondo nessuno, salvo Cina e Stati Uniti, è immune da questi attacchi, per riacquistare la sovranità persa bisogna conferirne ad una Unione abbastanza grande che sia capace di resistere, l’Unione europea. Non c’è mica scelta: sei grande o non resisti. Non si attaccano gli Stati Uniti perché sono un cane grande? Bene anche l’Europa deve diventarlo».
Facile a dirsi, ma come si diventa un cane che fa paura?
«Eurobond, rafforzamento della Banca centrale, politica energetica comune e poi potremmo continuare ancora a lungo. Il problema è volerle queste cose».
In fondo le elezioni regionali sono andate malino ma non malissimo per la Merkel: perché dovrebbe cambiare la sua politica europea?
«Perché anche la Germania da qualche mese è in crisi anche lei, sostanzialmente va a zero. Certo, la Merkel ragiona sui tempi brevi, ma ora è arrivato il tempo di guardare oltre l’angolo».
Quando ha ascoltato il commiato di Sarkozy, le è tornato alla mente la violenta contestazione della legittimità della vittoria dell’Unione nel 2006 da parte di Berlusconi?
«Non amo sprofondarmi in ricordi, ma certo quello resta un capitolo tristissimo. Lo fecero per iniziare ad indebolire il governo. Berlusconi se ne avvantaggiò, incurante di danneggiare il Paese».