Al governo con Ciampi per un solo obiettivo: L’Europa

“Noi due assieme al governo con un solo obiettivo: l’ Europa”

Intervista di Stefano Lepri a Romano Prodi su La Stampa del 17 settembre 2016

L’ ex premier: “Mi aiutò tanto in un momento difficile Non imponeva mai la sua autorità, lui persuadeva”

Presidente Prodi, Carlo Azeglio Ciampi era il suo ministro del Tesoro quando avete deciso di imporre agli italiani una tassa speciale per entrare nell’ euro. Ci racconti come andò.

«Fu Ciampi a definire la quantità di risorse che occorreva raccogliere se volevamo farcela. Mettergli il nome “eurotassa” fu una idea mia, lui era meno propenso a usare termini così esplicativi. Il contenuto della misura ovviamente fu condiviso: c’ era allora, autunno 1996, il sentire che l’ Europa fosse il nostro comune destino».

Oggi, a vent’ anni di distanza, quel clima pare lontanissimo. Il 60% dell’ eurotassa fu restituito negli anni successivi, ma su Internet circola indisturbata la bufala che non lo fu.

«Eh già, oggi non è più cosa… Mentre allora c’ era una concordia nazionale, la avvertivamo, su quell’ obiettivo di entrare nell’ euro, di far parte dell’ Europa a pieno titolo. Anche le opposizioni di allora lo condividevano».

Ciampi aveva fatto fare sondaggi di opinione riservati: favorevoli anche a un sacrificio aggiuntivo come quello dell’ eurotassa.

«L’ euro era la ragion d’ essere di quel governo. Anzi, la forza del nostro governo stava proprio nell’ avere quell’ obiettivo».

In più sostenuto da un ministro del Tesoro eccezionalmente autorevole, come Ciampi.

«Ricordo appunto un certo mio imbarazzo quando gli telefonai per chiedergli di far parte del governo. C’ erano già affetto e stima reciproca, ma lui era assai più anziano di me ed era già stato presidente del Consiglio. Dovevo chiedergli di scendere un gradino, di fare un sacrificio. Fu subito disponibile, e poi conquistò tutti con la sua carica umana. Non lo potrò mai dimenticare. Anche per questo mi pesa tanto la sua perdita. Ci aiutò tantissimo, in quel momento difficile».

Come era nei consigli dei ministri?

«Mai che cercasse di imporre la sua autorità: lui persuadeva. Discuteva a fondo con tutti, senza stancarsi, ragionando. Erano riunioni anche molto lunghe. Ovviamente le preparavamo prima, a fondo, noi due con i nostri collaboratori, mettendo a posto le cifre; un modo di lavorare credo assai diverso da quello di oggi. Non ricordo mai riunioni drammatiche, neanche più tardi, quando Rifondazione comunista voleva che il governo cadesse».

Però nei primi mesi, secondo una versione diffusa, non foste completamente d’ accordo. Nell’ estate del 1996 Ciampi voleva l’ ingresso immediato nell’ euro, lei esplorava se fosse possibile un percorso più graduale. Poi la svolta, dopo il vertice di settembre con la Spagna a Valencia.

«No, è falso. La voce di uno sfasamento tra noi nacque dalla furbata dell’ allora primo ministro spagnolo, José Maria Aznar, che per farsi bello, per fare l'”hidalgo”, disse che io esitavo. Ma ci sono i documenti. Fin dalla prima riunione del nostro governo, dal primo giorno, l’ obiettivo dell’ ingresso immediato nell’ euro era centrale, irrinunciabile. E ci entrammo, in modo trionfale».

Alla condizione di sottoscrivere un patto severo sul graduale azzeramento dei deficit pubblici che poi lei stesso, qualche anno più tardi, da presidente della Commissione europea, definì «stupido».

«Certo. Era troppo rigido, non adattabile alle variabili esigenze del ciclo economico. Ma Ciampi ed io l’ avevamo accettato sperando che si trattasse solo di un primo passo. Allora il nostro interlocutore in Germania era il cancelliere Helmut Kohl. Ricordo che ci disse: “I tedeschi non vogliono l’ euro, preferirebbero tenersi il marco, ma il mio governo lo farà, perché pensiamo che sia giusto“. Gli avevo posto il problema dei limiti del Patto di stabilità, sostenendo che occorreva aggiungergli una politica economica comune».

Altrimenti l’ euro resta zoppo, per usare le parole di Ciampi.

«Sì, appunto. Kohl mi aveva risposto “vedrai che la faremo”. Poi non è andata così, sono venuti governi con altre priorità».

Il «decadimento morale» deprecato da Ciampi. E così siamo oggi a questo poco esaltante vertice di Bratislava.

«Ciampi aveva ragione, l’ Europa resta il futuro, perché gli Stati nazionali sono troppo piccoli per reggere alla globalizzazione. Sono ancora ottimista: spero che sull’ orlo del baratro si riuscirà a recuperare. Altrimenti, noi europei ci ridurremo a dire, invece di “o Francia o Spagna purché se magna”, “o Stati Uniti o Cina…».

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 17, 2016
Articoli, Italia