E’ fuori dalla storia dividere politica industriale e energetica
Il caso francese – I (troppi) centri decisionali per la politica industriale
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 17 luglio 2022
La riorganizzazione produttiva globale, iniziata cinque anni fa con l’aumento delle tensioni fra Cina e Stati Uniti e proseguita in conseguenza del Covid, non potrà che ricevere un’ulteriore accelerazione per effetto della guerra in Ucraina.
Non si tratta certo della fine della globalizzazione. Tuttavia, come previsto e come ragionevole, le grandi imprese tendono a diminuire i rischi derivanti dalle crescenti tensioni globali, estendendo la loro presenza in ciascuna delle tre grandi aree produttive. Stati Uniti, Cina e Unione Europea stanno infatti già operando per essere sempre più autosufficienti nelle produzioni più delicate.
Si tratta di un processo destinato a protrarsi nel tempo ma che ha già cominciato a manifestare i propri effetti.
E’ quindi utile riflettere sulle importanti scelte strategiche che riguardano l’Unione Europea, e quindi l’Italia.
Le decisioni di investimento più importanti sono state prese dalle imprese americane nei settori ritenuti vitali per il nostro futuro industriale e nei quali l’Europa non ha finora dimostrato capacità di leadership mondiale: i semiconduttori e le batterie e, quindi, le auto-elettriche.
Nel campo dei componenti elettronici l’americana Intel ha iniziato la costruzione di un gigantesco stabilimento di chips in Germania e una decisione analoga è stata presa da Tesla, leader mondiale di auto elettriche di alto prezzo.
Investimenti di minore dimensione sono previsti da Intel in Francia e di quantità sostanzialmente trascurabile in Italia, anche se un’accurata analisi delle convenienze economiche avrebbe dovuto dirottare verso il nostro paese una parte massiccia di questi nuovi investimenti.
Il costo del lavoro in Italia è infatti incomparabilmente inferiore e la produttività di città che, come Torino o Ivrea, hanno antica esperienza in questi settori, non è certamente inferiore a quella della Germania.
Nel settore delle batterie (che sono il motore dell’auto elettrica) le decisioni di investimento si sono moltiplicate.
La Volkswagen ha optato per sei nuovi stabilimenti, localizzati in Germania, Ungheria, Repubblica Ceca e Spagna mentre, nella strategia della stessa Stellantis, la pur tanto ancora attesa decisione della costruzione di uno stabilimento di batterie a Termoli assume un ruolo sostanzialmente periferico.
Anche la Francia si è inserita con autorità nel processo di attrazione delle imprese straniere. Sei giorni fa si è tenuto a Parigi, diretto da Macron e con la presenza di venti ministri, l’incontro annuale dal significativo titolo “Choose France.”
In questa occasione è stato reso noto che quattordici imprese estere avevano scelto di portare nuovi investimenti in Francia con un impegno di 6,7 miliardi di Euro, garantendo l’assunzione di 4.000 nuovi dipendenti.
Nella stessa occasione veniva annunciato un accordo fra STMicroelectronics e l’American Global Foundries per un investimento di 5,7Miliardi in una fabbrica dei più avanzati componenti elettronici da localizzare in Francia, e precisamente a Crolles, dove la STM ha uno dei suoi maggiori centri produttivi e di ricerca.
Come scrive Le Monde, il negoziato per questo investimento, definito il più importante dopo quello del settore nucleare, è stato durissimo. In esso lo stesso Macron ha giocato un ruolo determinante anche nei confronti della quantità dell’intervento finanziario del governo francese. Una quantità che resta ancora sconosciuta, anche se, da parte americana, è stata ritenuta determinante e, quindi, non può che essere cospicua.
Riguardo a quest’ultimo evento si impone l’obbligo di una particolare riflessione da parte di noi italiani, in quanto la STM non è una società unicamente francese, ma vede come azionisti determinanti, in assoluta parità, il governo italiano e il governo francese, con il 13,75% ciascuno delle azioni.
Fa quindi una certa impressione non vedere nominata l’Italia in nessuna parte delle trattative e, soprattutto, vedere nominato Crolles come futuro punto di riferimento dell’innovazione dell’intera STM, tanto da irritare i rappresentanti sindacali degli altri insediamenti francesi.
Tutte queste considerazioni ci obbligano a riflettere sulla scarsa presenza dell’Italia in questo grande processo di ristrutturazione.
Siamo infatti il secondo paese europeo per fatturato dell’industria, abbiamo costi del lavoro molto inferiori ai nostri maggiori concorrenti e esportiamo migliaia di giovani specialisti che contribuiscono a rendere possibili gli investimenti negli altri paesi.
Le spiegazioni della nostra assenza sono ovviamente tante, dalla mancanza delle grandi imprese alla fragilità dei governi, dal lento funzionamento della burocrazia a quello della giustizia.
A questo dovranno evidentemente rispondere le necessarie riforme. Nel processo di ristrutturazione in corso, la nostra assenza riflette anche, e forse soprattutto, la mancanza di un interlocutore unico che, come viene dichiarato in Francia, si occupi della futura “sovranità industriale” del nostro paese.
La nociva frammentazione delle competenze fra il Ministero dell’Economia e finanze, il Ministero dello Sviluppo economico e il Ministero della Transizione ecologica, a cui si aggiunge il ruolo ancora indefinito della Cassa Depositi e Prestiti, rendono molto difficile la necessaria interlocuzione del nuovo governo nel momento in cui vengono prese le decisioni determinanti per il futuro del nostro paese.
Per fare un solo esempio, dividere la politica industriale dalla politica energetica mi sembra oggi fuori dalla storia. Tante volte ho fatto appello per avere un forte interlocutore unico nelle grandi decisioni di politica industriale.
Oggi, anche se tardivamente, questo passo, che tutti i protagonisti europei hanno già compiuto, mi sembra un indifferibile priorità dell’auspicabile nuovo governo Draghi.
Dato che il grande progetto europeo si chiama Next Generation, credo che il nostro primo obbligo sia quello di garantire un futuro alla Nuova Generazione.