Francesco voleva una armonia declinata nel mondo
Prodi: «Voleva una armonia declinata nel mondo A Bologna definì i migranti lottatori di speranza»
L’ex premier: è morto nel dolore per un’umanità che non trova pace. Puntava ad alimentare con la religione le radici di una Terra che sta inaridendo
Articolo di Romano Prodi su Avvenire del 22 aprile 2025
Questo breve ricordo non può non iniziare dalla prima volta in cui incontrai Papa Francesco quando venne a Bologna nel 2017 e iniziò la sua visita pastorale rivolgendosi a un numeroso gruppo di migranti. Li chiamò “lottatori di speranza” e chiese per loro dignità e tenerezza ma, nello stesso tempo, li esortò a essere “aperti alla cultura della città, pronti a camminare sulla strada indicata dalla legge di questo paese”.
In fondo questa era la storia della sua famiglia e della sua stessa vita, che non ha mai dimenticato le sue origini, ma che si è totalmente immedesimata nella nuova realtà che aveva incontrato “alla fine del mondo“. Questa era anche la via che, nel pensiero di Papa Francesco, l’umanità intera avrebbe dovuto percorrere per potere vivere in armonia.
Un’armonia che è sempre stato l’obiettivo fondamentale del suo disegno pastorale e doveva comprendere tutti gli aspetti della vita umana e tutti i capitoli dei rapporti fra i popoli. Un’armonia che doveva declinarsi in un impegno verso la giustizia sociale, la lotta contro le disuguaglianze e la costruzione della pace.
L’allontanamento da questo obiettivo che Francesco ogni giorno vedeva invece trasformarsi in una “guerra mondiale a pezzi“, lo ha portato a confronti anche duri con tutti i leader autoritari che hanno invece accettato la logica dello sconto e della guerra. La sua voce per la fine delle tragedie di Ucraina e di Palestina è stata la più elevata e la più ripetuta di tutto il pianeta e tante sono le missioni da lui dedicate ad alleviare le sofferenze e le tragedie che i conflitti provocano.
Questa voce, ascoltata e amata non solo dai cattolici, ma dal mondo intero, non è stata però fatta propria dai potenti della terra e Francesco è morto nel dolore per un’umanità che non riesce a trovare la pace.
La scelta del nome Francesco non è stata solo un messaggio di pace e insieme di un Cristianesimo radicale in cui la dottrina e la tradizione dovevano essere un invito a riflettere sul passato non in modo astratto, ma anche lo stimolo per un continuo rinnovamento.
In questo campo le difficoltà non sono state poche perché Francesco si è trovato di fronte alla necessità di governare una Chiesa veramente universale, in cui il Primato di Roma si estende in tutto il mondo, con le infinite diversità che esso racchiude e con le altrettanto grandi difficoltà nell’armonizzarne le differenze. A questo si aggiunge la rapidità dei cambiamenti della società e della convivenza, una rapidità che rende sempre più difficile congiungere le antiche indissolubili radici del Cristianesimo con i vorticosi cambiamenti della società moderna.
Francesco si è trovato di fronte a problemi nuovi che ha affrontato in modo altrettanto nuovo, anche se questa innovazione è stata a volte resa più difficile da applicare perché interpretata come segno di una “eccessiva fiducia nella provvidenza” e non di una profonda comprensione della necessità di immergere le radici religiose nell’acqua di un mondo cambiato o, forse meglio, di alimentare con il nutrimento della religione le radici di un mondo che, altrimenti, inaridisce.
Pensiamo a questo proposito, a quanta attenzione abbia portato Francesco al ruolo della donna e quante siano state le sue preoccupazioni nel conciliare gli uomini con l’ambiente, le creature con il creato. Proprio per seguire San Francesco, non solo con il nome, ma con ogni azione del suo Pontificato.