Euro Union Bond: i perché di un rilancio
Euro Union Bond: i perché di un rilancio
Articolo di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio su Il Sole 24 Ore del 23 agosto 2012
La crisi dell’eurozona prosegue sia per la debolezza di alcuni Stati membri (Pigs) e per la forza di altri (Germania) sia per una crescita vicina allo zero. Anche l’Italia non è fuori dalla crisi pur non essendo più considerata al centro della stessa. La recessione e tassi di interesse sui titoli di Stato decennali intorno al 5,5% (con spread tra 400 e 450 punti base sui tassi tedeschi) vanificano i nostri sacrifici che portano a un avanzo primario intorno al 4 per cento. Per questo non riusciamo a ridurre il debito pubblico sul Pil sul quale si affollano adesso molte ipotesi di “taglio” specie con vendite di patrimonio pubblico. Ipotesi che non convincono il premier finlandese, che governa un Paese molto determinato sul rigorismo. Nel recente incontro con il presidente Monti, egli ha espresso scetticismo sulle vendite a questi prezzi di mercato, suggerendo di mettere i beni pubblici a garanzia delle emissioni dei titoli di Stato dell’Italia (e della Spagna) per abbassare i loro interessi. Questa proposta appare simile a quella che un anno fa avanzammo su queste colonne con l’articolo “EuroUnionBond per la nuova Europa“.
Noi non proponevamo però garanzie reali per le emissioni di un singolo Paese (e meno che mai la garanzia che qualche Paese della Uem potrebbe chiedere ad un altro per dargli un prestito) ma per l’emissione di EuroUnionBond per la stabilità e la crescita di tutta l’Eurozona.
I molti tipi di eurobond
Tante sono ormai le proposte di eurobond (si veda A. Quadrio Curzio, On the different types of eurobond, in «Economia Politica», dicembre 2011) con fini diversi: bloccare la crisi finanziaria in atto, mettere in sicurezza i debiti pubblici dei Puem (Paesi della Uem),varare un mercato ampio e liquido di titoli dell’Eurozona, favorire la crescita. Per ora sono stati però emessi solo dei ProjectBond per singoli investimenti (soprattutto da parte della Bei) e dei RescueBond(così li denominiamo) dal Fondo Salva Stati (Efsf:European Financial Stability Facility). Noi rilanciamo perciò gli EuroUnionBond(Eub) che puntano ad unificare gli obiettivi. Siamo incoraggiati a riproporli anche perché una delle tipologie degli StabilityBond ipotizzati dal Green Paper della Commissione europea del novembre 2011 (che cita anche il nostro contributo dell’agosto 2011) ha delle similitudini con i nostri Eub. Inoltre i Fondi salva Stati attuali potrebbero, con modifiche, diventare l’Ente che emette gli Eub.
Gli EuroUnionBond (Eub) del Fondo finanziario europeo
La nostra proposta del 2011 era in sintesi questa.Varare un fondo finanziario europeo (Ffe) dotato di un capitale conferito in beni reali (riserve auree, azioni di società di reti infrastrutturali, azioni di società-veicolo immobiliari)da parte dei Puem nelle proporzioni che essi hanno nel capitale della Bce riproporzionato a 100 con esclusione dei Pesi non-Uem. Avevamo ipotizzato un capitale di 1000 miliardi di euro per la emissione con leva tre di 3000 miliardi di Eub a lungo termine ad un tasso medio del 3% e quindi con un’incidenza degli interessi annui pari a circa l’1% del pil del 2011 della Uem. Avevamo ipotizzato che le risorse finanziarie raccolte venissero destinate a due scopi: 2.300 miliardi per rilevare parte dei debiti pubblici dei Puem pari al 25% del debito su pil di ciascuno; 700 miliardi per fare investimenti infrastrutturali. Il debito su pil italiano verso il mercato sarebbe sceso al 95% e questo avrebbe reso più difficile la speculazione, portanto ad una riduzione dei tassi, in quanto il 25% detenuto dal Ffe sarebbe stato negoziato a tassi realistici e portato a scadenza. A loro volta gli investimenti infrastrutturali avrebbero consentito di unificare e potenziare le reti e spingere la crescita.
Chiariamo tre ulteriori aspetti della nostra proposta.
Un aspetto riguarda l’opportunità o meno di tenere distinti eurobond per mutualizzare parte dei debiti da quelli per fare investimenti. Gli Eub unificano le due tipologie perché gli investimenti per unificare le reti infrastrutturali materiali e immateriali (R&S) nella Uem rafforzerebbero il Ffe aumentando il suo contenuto reale e la sua capacità reddituale. Le garanzie reali unite nel Ffe valgono di più delle stesse disunite nei Puem e lo stesso vale per gli investimenti unificati.
Un altro aspetto riguarda “l’incentivo al debito” che i Puem poco virtuosi avrebbero dalla diminuzione del loro debito pubblico verso il mercato.Per evitarlo avevamo proposto di ponderare i voti dentro il Ffe anche in funzione inversa alla eccedenza del debito sul Pil di ogni Puem rispetto al 60 per cento. Il dispositivo può essere aggravato prevedendo che se un Puem fa crescere il suo debito sul Pil è tenuto a un ulteriore conferimento di capitale reale al Ffe senza aumento nelle quote di partecipazione. Il terzo aspetto riguarda le eventuali necessità di ricapitalizzazione del Ffe che dovrebbero sempre avvenire con conferimenti reali proporzionali dei Puem e non con garanzie nominali.
Quali novità dai Fondi salva Stati ( EFSF e ESM)
Il varo del Ffe può adesso beneficiare dell’esperienza del Fondo salva stati (Efsf) che ha emesso dei RescueBond per sostenere Grecia, Irlanda e Portogallo in crisi e prossimamente la Spagna.
Il Fondo Efsf non è piccolo avendo un capitale di 780 miliardi di euro garantito dai Puem con le seguenti quote principali: Germania(27,06%), Francia(20,31%), Italia(17,86%), Spagna(11,87%). In totale questi Paesi garantiscono il 77,10% del capitale. Quindi l’Italia è impegnata per 139 miliardi che vanno a gravare il nostro debito pubblico via via che i RescueBond vengono emessi. Dunque non siamo dei sopportati perché anche noi supportiamo!
Il Fondo dopo un partenza lenta nel 2011 ha intensificato le sue emissioni obbligazionarie nel 2012 sia a lungo temine (con emissioni da 1 anno a 25 anni di durata) sia a breve termine (da 3 e 6 mesi) sia con cessioni dirette di RescueBond per la ristrutturazione, anche con i privati, del debito greco. In definitiva sono ormai impegnati, Spagna compresa, 300 miliardi di euro e sono tuttora utilizzabili 140 miliardi dei 440 ammissibili. Il Fondo ha dimostrato che vi è una forte domanda ad ottime condizioni di mercato per titoli emessi dall’Eurozona unitariamente. Infatti i RescueBond hanno avuto una domanda sempre molto maggiore dell’offerta e interessi che per i titoli a breve sono andati da un minimo negativo ad un massimo di 0,266% e per i titoli a lungo termine da un minimo di 0,335%(ad un anno)ad un massimo di 3, 875% (sui 20 anni) e di 3, 375 (sui 25 anni). La struttura geografica della domanda denota una forte componente europea e asiatica che supera molto spesso il 90% mentre quella per tipologia di investitori vede banche centrali, Fondi sovrani, governi, intorno al 40%. Sono risultati importanti se si considera che lo Efsf è una società di diritto privato lussemburghese a tempo determinato, che il capitale non è versato ma solo garantito,che la Uem potrebbe rompersi.
Lo Efsf è stato un buon test delle potenzialità di emissione di Eurobond e il fondo Esm(European Stabilization Mechanism)che gli subentrerà dal luglio 2013 ha delle potenzialità ben maggiori trattandosi di un Fondo permanente classificato come Organizzazione finanziaria internazionale. Tale fondo avrà un capitale sottoscritto di 700 miliardi di cui 80 da versare e il resto garantito dai Puem ed una capacità di prestiti per 500 miliardi di euro.
Nel nuovo Fondo Ems, la Germania deve impegnarsi per 190 miliardi, la Francia per quasi 143, l’Italia per circa 125. È il 65% del capitale. Sono importi grandi se andassero davvero richiamati e versati sia pure nel tempo. L’Italia(ma non solo) avrebbe enormi difficoltà. Ma non le avrebbe se volesse e potesse versarli con le nostre riserve d’oro (che valgono adesso circa 100 miliardi) e con altri beni reali per 25 milardi. Nella recente proposta di Astrid per ridurre il debito pubblico si stima che almeno 150-200 miliardi di Euro di beni patrimoniali pubblici potrebbero essere venduti entro il 2017. Dunque beni conferibili in abbondanza ci sono.
Perché e come l’Italia può cambiare strategia nella Uem
Il limite di questi Fondi (Efsf e Ems) è di essere usati solo per azioni di salvataggio mentre vanno trasformati in Fondi di stabilità e crescita. Per questo l’Italia dovrebbe cambiare strategia nella Uem spiegando duramente alla Germania sia che degli Eub con garanzie reali non le addosserebbero debiti altrui (anche se le fanno perdere il privilegio attuale di finanziarsi a tassi reali negativi!) sia che il rilancio della crescita la avvantaggerebbe sotto il profilo industriale. L’Italia, che ha uno dei più consistenti patrimoni pubblici della Uem, dovrebbe perciò rilanciare chiedendo ai Puem una modifica, dopo le ratifiche in corso, del Trattato sul Fondo Esm con l’obbligo di tutti i Paesi di conferire il capitale in beni reali stimati da perizie con criteri uniformi.
I conferimenti che abbiamo proposto prima per il Ffe per emettere Eub sono realistici e consentirebbero di passare dai soccorsi dei Fondi salva Stati ad una strategia di rilancio della Uem. Nel caso dell’Italia, spostare il 25% del debito sul pil al Ffe e far scendere quello verso il mercato sotto il 100% , consentirebbe di finanziarlo a tassi di interesse ben più bassi degli attuali con la possibilità di ridurlo rapidamente con l’avanzo primario. Investimenti europei per 1000 miliardi darebbero a tutti una grande spinta alla crescita con effetti di compressione del debito sul Pil.
L’intendimento del Governo italiano di “farcela da soli” (che altri travisa come la difesa di una sovranità nazionale pre o anti-europeista) non è risolutivo e potrebbe persino “giustificare” l’assenza degli interventi automatici anti- spread europei. Tra recessione ed alti tassi di interesse rischiamo di vanificare i sacrifici fatti mentre il nostro patrimonio pubblico reale,usato innovativamente ed in parità con tutti gli altri Puem, contribuirebbe alla stabilità e alla crescita dell’Eurozona. L’alternativa è che la Bce diventi il prestatore di ultima istanza senza distinguo. Ma anche in questo caso la Uem non potrebbe fare a meno di un Fondo federale che emetta titoli di debito pubblico.Tanto quanto accade negli Usa. Cioè in una democrazia federale.
LA PROPOSTA DEL 2011
Uno strumento per salvare la moneta unica
Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio propongono il varo dell’Ffe, il Fondo finanziario europeo, che emetta Eub, gli EuroUnionBond.
L’Ffe dovrebbe avere un capitale conferito dagli Stati membri Uem in proporzione alle loro quote nel capitale della Bce. Il capitale dovrebbe essere costituito dalle riserve auree dei Paesi, da obbligazioni e azioni di società pubbliche stimate a valori reali. Con mille miliardi di euro di capitale il Ffe potrebbe fare un’emissione da 3mila miliardi con una leva di 3 e durata decennale.