Il governo italiano non ha più né la forza né la credibilità per rispondere all’egoismo tedesco
Dobbiamo rispondere all’egoismo tedesco
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 30 luglio 2011
La differenza del tasso di interesse tra i Buoni del tesoro italiani e i Buoni del tesoro tedeschi è da qualche giorno assai simile a quella che vi è fra i Buoni del tesoro spagnoli e quelli tedeschi.
Non vi è alcuna ragione perché questo avvenga. La struttura economica della Spagna non può essere paragonata a quella italiana, il suo deficit di bilancio è molto superiore al nostro e così il livello della disoccupazione. E vi è un giudizio unanime sulla maggiore solidità del nostro sistema bancario rispetto a quello spagnolo.
Eppure i mercati ci trattano al livello della Spagna di oggi e al livello della Grecia di un anno fa. Non sto a ripetere le conseguenze di tutto questo.
Al lettore basterà riflettere sul fatto che quest`aumento del costo del debito pubblico, se rimarrà costante nel tempo, renderà del tutto vani gli effetti della Finanziaria appena votata.
Nelle nostre analisi precedenti, riflettendo su questi problemi, avevo segnalato il ruolo fondamentale giocato dalla speculazione internazionale. Mai avrei tuttavia pensato che la più grande e più autorevole banca tedesca (la Deutsche Bank) si fosse disfatta della quasi totalità degli otto miliardi di titoli del debito pubblico italiano che aveva in portafoglio, dando così ai mercati un impressionante segnale di sfiducia nei confronti dell`Italia.
Mi si può rispondere che la suddetta banca non aveva alcuno scopo recondito se non quello di fare i propri affari. Ed è così che, pur non condividendolo, ho interpretato il suo comportamento. Dopo di che mi sono dedicato a leggere un accurato rapporto scritto e reso pubblico dalla stessa Deutsche Bank il 20 luglio del 2011.
In esso, pur suggerendo di tenere conto dell`elevato livello di debito, si scrive ogni bene delle prospettive di liquidità e di solvibilità italiane. Si sottolinea che il quadro del deficit appare migliore perfino di alcune delle nazioni europee virtuose (le c.d. core countries) e si mette in rilievo che la proprietà straniera del debito italiano è tra le più basse in Europa (44%) mentre la maggior parte dei titoli pubblici è nelle mani dei nostri risparmiatori e investitori.
Lo stesso rapporto aggiunge che le banche italiane non hanno problemi di liquidità (a differenza delle banche irlandesi) e nemmeno un`eccessiva esposizione verso il settore immobiliare (a differenza di quelle spagnole).
La conclusione del rapporto è che, pur dovendosi usare una certa prudenza per il breve termine, “e recenti vendite appaiono aggressive e non giustificabili sotto l`aspetto delle prospettive italiane”. Parole davvero per noi lusinghiere se non fossero state scritte da chi aveva appena finito di disfarsi dei titoli italiani.
Quest`importante avvenimento pone evidentemente un interrogativo politico sulla coerenza fra le dichiarazioni di principio dei governi europei e i comportamenti dei protagonisti finanziari che dovrebbero contribuire a mettere in atto queste stesse dichiarazioni e che invece, proprio per la forza della sede da cui provengono, mandano segnali che danneggiano terribilmente e in modo ingiustificato l`uno o l`altro Paese.
Di fronte a questo e a tanti comportamenti simili ognuno di noi deve interrogarsi su come la solidarietà intraeuropea si vada indebolendo, e abbia rinunciato a cercare una alta mediazione politica nei confronti di queste decisioni così importanti. Il ruolo degli Stati e della politica cede sempre di più il passo ad altri protagonisti divenuti ormai ultrapotenti e quasi incontrollati, siano essi le società di rating o le grandi strutture finanziarie.
Per il buon ordine del mondo è venuto il tempo di porre rimedio a queste anomalie.
A questo punto mi pongo naturalmente l`interrogativo su chi, in queste situazioni così delicate, possa assumersi il compito di difendere gli interessi
italiani. Come ha giustamente sottolineato Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera di ieri non risulta infatti che il ministro Tremonti abbia protestato con il suo collega Schaiible o che Berlusconi abbia telefonato alla cancelliera Merkel.
Questo non è certo avvenuto per la mancanza di linee telefoniche disponibili ma semplicemente perché le decisioni dei nostri governanti non hanno più la forza e la credibilità per arrivare a destinazione.
È necessario perciò che tale forza e tale credibilità vengano ripristinate al più presto.