Il provincialismo è la tragedia del mio Paese. Puntare su investimenti globali, economici e culturali
Prodi: “Il provincialismo è la tragedia del mio paese”
Articolo di Davide Moffa su Nuova Società del 10 settembre 2010
Romano Prodi, in visita in Cina per una serie di conferenze nelle università e per partecipare come ospite alla settimana di Bologna e dell’Emilia Romagna nell’Expo di Shanghai, si è intrattenuto con i giornalisti ai margini di una conferenza alla Fudan University.
In riferimento ai rapporti fra l’Italia ed il resto del mondo, ha commentato l’ex premier, «il nostro Paese ha paura. E non solo riguardo la Cina ma tutto ciò che è esterno. Ma non bisogna avere paura assolutamente, se no la gara è persa per definizione».
Alla base della paura sarebbe proprio il «provincialismo» insito nella nostra cultura sociale ed aziendale. In rimedio a questo le aziende italiane che volessero investire in Cina: «Bisogna puntare su un investimento globale, che comprenda questioni economiche ma anche colturali e guardare a lungo termine. Che le imprese si assumano responsabilità in campo economico è giusto – ha proseguito Prodi – è ovvio, se ne dovrebbero assumere di più. Non abbiamo ancora capito il cambiamento del mondo, si sta spostando un centro di gravità che cambia la testa, l’anima, cambia tutto. Le imprese ne hanno percepito la parte economica, meno la necessità di lavorare anche per le comprensioni totali che favoriscono il mondo degli affari, bisogna allargare lo sguardo perchè con la Cina se non ci si comprende profondamente anche dal punto di vista culturale non si riescono mica a fare gli affari di lungo periodo».
E a chi critica, o dubita, della sostenibilità del modello di sviluppo cinese, Prodi risponde con la cooperazione fra paesi: «Dobbiamo usare la necessità della sostenibilità come strumento della crescita, invertendo il concetto. Nuove tecnologie, ambiente, ma anche politica e nuovi accordi concorrono alla sostenibilità. Senza cooperazione tra i paesi non c’è crescita sostenibile. Io sono stato molto triste quando a Copenaghen non si è trovato l’accordo. Dobbiamo pensare ai giovani, al futuro e fare progetti a lungo termine».