La crescita cinese è prodotta dall’enorme aumento dell’istruzione e della ricerca
Se la Cina salva i produttori del lusso e della moda.
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 17 marzo 2010
Diario cinese secondo (la prima parte è qui).
Forse è un caso e forse no. E’ tuttavia singolare che, in piena crisi economica, una delle prime persone incontrate nelle vie di Shanghai sia stato un giovane analista economico da qualche settimana in Cina per studiare a fondo come questo paese sia ormai diventato il più grande mercato al mondo di beni di estremo lusso. Lui stesso non era riuscito, almeno fino a quel momento, a capire pienamente chi siano gli acquirenti così numerosi e ricchi da salvare le sorti dei produttori di alta moda, di gioielleria e di orologi di pregio italiani, svizzeri e francesi. E’ certo un segnale della vitalità ma anche delle contraddizioni di un paese che giustamente tutti definiscono in via di sviluppo sia nelle discussioni accademiche che nelle assemblee politiche.
Nella lunga e articolata conferenza stampa di domenica scorsa anche il primo ministro Wen Ja Bao ha più volte e con singolare insistenza sottolineato che la Cina soffre di enormi disparità tra le diverse regioni, tra città e campagna e tra diversi gruppi sociali ed ha solennemente aggiunto che l’uguaglianza e la giustizia sono “più splendenti del sole” e che, insieme all’aumento della produttività, costituiscono il principale obiettivo della politica del governo.
Fino ad ora, tuttavia, l’aumento della produttività è stato l’obiettivo dominante , come se anche un modesto rallentamento di questa poderosa corsa potesse rompere in modo irreparabile tutti i delicati equilibri che hanno permesso alla Cina di percorrere il cammino dello sviluppo ad una velocità mai sperimentata in precedenza.
Una velocità che si riesce a comprendere solo visitando le immense nuove univerisità costruite negli ultimi anni. Pur avendo ormai “pascolato” per le sedi universitarie di tutto il mondo, non trovo infatti paragone con gli ultimi “campus”cinesi costruiti dal nulla, dove decine di migliaia di studenti alloggiano vicino alle aule e a immensi laboratori all’avanguardia in tutti i settori della scienza e ormai in rete con le migliori università del mondo. Da quando nel 1998 l’allora presidente Jiang Zemin lanciò un nuovo programma per l’istruzione superiore le iscrizioni all’università sono aumentate in quattro anni del 165% e ancora del 50% nei successivi quattro anni.
Fa davvero impressione visitare uno di questi nuovi insediamenti universitari, con quarantamila studenti, tremila professori e vedere tutto in piena attività in un pomeriggio di sabato. Non ci si deve perciò stupire se più di metà della crescita cinese viene attribuita all’enorme aumento dell’istruzione a tutti i livelli sia sotto l’aspetto qualitativo che quantitativo.
Entrando in contatto con queste realtà e vedendo il livello di eccellenza raggiunto e la profondità dei rapporti con le strutture produttive ( dai cantieri navali alle imprese farmaceutiche, dalle biotecnologie alle energie alternative) non vi è alcun dubbio che sia già cominciato un secondo tempo della concorrenza cinese, quello fondato sulla scienza e l’innovazione.
Dopo le Olimpiadi e i G20 aspettiamoci quindi qualche sensazionale risultato nel campo della scienza e dell’innovazione, non solo per la quantità delle risorse impiegate in questa direzione ma anche per la severità degli studi e la ineguagliabile selettività e meritocrazia a cui vengono sottoposti gli studenti delle migliori università. Se prendiamo alla lettera il significato di questi comportamenti, la Cina già da oggi si presenta in molti campi come la società più capitalistica nella scena mondiale.
Non pensiamo naturalmente che il futuro sia privo di rischi, non solo per la crescente disuguaglianza dei redditi di cui abbiamo parlato in precedenza, ma per i problemi dell’ambiente ( che qui assumono una dimensione gigantesca) ma anche per la necessità di reperire le risorse vitali per un miliardo e trecentocinquanta milioni di persone che aumentano in modo esponenziale i loro consumi. E nemmeno può essere trascurata la necessità di costruire un moderno sistema finanziario e bancario, senza il quale questa nuova fase dello sviluppo cinese non può essere messa in atto. Ed infine resta estremamante pericoloso il fenomeno della corruzione che appare così diffuso da essere stato oggetto di durissime denuncie nel corso della stessa annuale Assemblea del Popolo che si è svolta negli scorsi giorni a Pechino.
A proposito della dffusione della corruzione mi ha creato una certa curiosità l’evidenza con cui la stampa ha presentato la notizia che alcune centinaia fra arbitri e dirigenti delle massime squadre e associazioni calcistiche sono state inviate per alcuni giorni in campi di rieducazione a causa del livello di corruzione imperante nel settore. Nel leggere questa notizia ho espresso ai miei interlocutori il sospetto che il forte intervento delle autorità non derivi soltanto dalla doversosa lotta contro la corruzione ma anche da una diffusa irritazione per i poverissimi risultati internazionali in uno sport che i cinesi amano alla follia, seguendo con passione anche le vicende del nostro campionato. Un’ipotesi subito ridimensionata da un esperto conoscitore della realtà quotidiana del paese che mi ha fatto presente che difficilmente si può diventare campioni di calcio se si resta a scuola fino alle cinque di sera e poi si deve correre a casa a fare i compiti. Alla vigilia del campionato del mondo, consoliamoci quindi col pensare che anche un sistema scolastico diffuso e severo può avere i suoi svantaggi.