La Germania non ha alcun titolo per fare la maestrina
Prodi: “Francesi e tedeschi devono smetterla di fare i maestrini”
“Non è nello spirito europeo dire agli altri: ubbidite”
Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa del 8 dicembre 2011
Romano Prodi i riti europei li conosce a memoria, ma non è soltanto la proverbiale vischiosità bruxellese a renderlo poco incline all’ottimismo alla vigilia di un vertice che si è caricato di grandi attese:
«Intendiamoci, nell’ultimo periodo si sono determinate diverse novità politiche, il positivo discorso della Merkel al Bundestag; ma anche l’intervento delle Banche centrali guidate dalla Federal Reserve, prova indotta che la crisi dell’euro fa paura agli americani, anche perché renderebbe più difficile la rielezione del loro Presidente. Ma purtroppo non è ancora maturato quel cambiamento di metodo comunitario che potrebbe favorire una vera svolta: siamo ancora ai colloqui a due Germania-Francia, che aumentano il malumore dei 15 partner di area euro e degli altri 25 dell’Unione. Non è nello spirito europeo, ergersi a maestri e dire agli altri: ubbidite».
Oltretutto l’esibito consolato Merkel-Sarkozy oramai è un effetto ottico, che malcela la perdita di potere della Francia: la parità tra i due è un ricordo?
«Della debolezza della Francia si parla da qualche tempo nelle analisi dei circoli ristretti, ma quasi nessuno lo dice a viso aperto. Oramai quella a due è una costruzione artificiale. Lo dico avendo una alternativa nella testa. Mi attendevo che in questa situazione la Francia facesse la Francia, si rendesse conto della grande responsabilità verso altri Paesi, come l’Italia, la Spagna…»
Per fare un fronte anti-tedesco?
«Ma no, ci mancherebbe altro. La Francia avrebbe dovuto spingere per il ritorno ad una politica europea corale, ma questo non è nello spirito dell’attuale presidente francese».
Qualcuno sussurra che a breve potrebbe realizzarsi una paradossale convergenza di interessi tra diversi, tra Germania e Italia: fantapolitica?
«E su quale scambio si baserebbe questo nuovo asse? Noi, certo, ci siamo adeguati, perché nella vita ogni tanto capisci che se non vuoi morire, devi farti un’operazione. L’Italia si sta mettendo in sicurezza grazie ad un pacchetto pesante ma necessario. Ma la Germania è pronta a cambiare politica? In questo momento la Germania non mi sembra che voglia fare asse con nessuno».
Nel vertice di Strasburgo la Merkel ha ripetuto a Monti che l’Italia deve fare i compiti a casa: la trova una metafora efficace?
«Ripetere questa storia dei compiti a casa, lo trovo psicologicamente molto offensivo. Perché presume un maestro e un discepolo. Ma l’Europa non è nata con questo spirito: il vero maestro doveva diventare un’autorità politica europea, mentre oggi il potere politico lo esercitano a turno i vari Paesi e dunque il Paese più forte, la Germania. Che in questo momento pare intenzionata a tenere in mano pagella e registro».
Nel 2003 fu proprio la maestra Germania a non rispettare le regole, che la commissione Prodi provò a far rispettare. Quel precedente ha pesato?
«Certo che ha pesato. La Germania assieme alla Francia rifiutarono la richiesta della Commissione di mettersi in regola col Patto di stabilità. Allora la Germania fu un allievo disobbediente davanti ad un “maestro” riconosciuto da tutti, la Commissione»
Ma proprio lei, un anno prima in una intervista a “Le Monde”, aveva parlato di stupidità dei Trattati: non aprì la strada alle infrazioni?
«Certo, avevo parlato di stupidità dei Trattati, nel senso che era ragionevole attenersi ai parametri aritmetici, ma tenendo sempre conto del contributo politico. Ebbi tutti contro, a cominciare dai tedeschi. Ma poco più di un anno dopo furono loro, tedeschi e francesi, che rifiutarono anche i parametri aritmetici».
Di quella Commissione europea faceva parte anche Mario Monti, che fece con lei il suo “apprendistato” politico: come si sta muovendo?
«Si sta muovendo bene. Come sempre. Sta facendo quel che aveva promesso di fare, ciò per cui è stato chiamato. C’è una catena del dovere che lega tutto e del dover essere».
Ammesso che il vertice di domani non sia quello della svolta, lei crede che ci stiamo avvicinando ad una sorta di ultimo appello per l’Europa politica e per l’euro?
«In crisi come questa non c’è mai un ultimo appello, salvo che non si commettano errori gravi che potrebbero portarci verso l’abisso. Sono sicuro che il vertice ci aiuterà ad uscire dalla tempesta ma che per ritrovare la via comunitaria dovremo passare attraverso diversi stop and go».
Il suo appello, assieme a Giuliano Amato, per gli Stati Uniti d’Europa è a futura memoria?
«Il nostro appello non è a futura memoria perché non abbiamo alternative. Punto».
Punto?
«Potrei ricordare i sorrisi, quando dieci anni fa parlavo del futuro bipolarismo Usa-Cina. I singoli Paesi europei, da soli, non hanno futuro. L’Europa può restare protagonista nel mondo solo se saprà unirsi».