La missione di Draghi alla BCE: non usare l’inflazione per uscire dalla crisi
Non usare l’inflazione per uscire dalla crisi
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 29 maggio 2011
Per molti anni lo studio del governatore della banca d’Italia è stato impreziosito da una antica tavola raffigurante San Sebastiano che sorride mentre viene trafitto da frecce strazianti. Penso che Mario Draghi, ottenute le dovute autorizzazioni, dovrebbe portare questa tavola a Francoforte quando si insedierà nella sede della Banca Centrale Europea.
Egli, infatti, non solo dovrà ripararsi dalle frecce generate dalla crisi dell’Euro ma dovrà misurarsi con il collega americano, con il nuovo direttore del Fondo Monetario Internazionale e con i responsabili delle maggiori economie mondiali per riorganizzare il filo di una politica economica che sembra essersi perduto. Non sarà facile mettere assieme paesi come la Cina e l’India che crescono a velocità vertiginosa ma che vivono nell’incubo dell’ inflazione con altri nei quali la disoccupazione è il problema dominante e altri ancora, tra cui purtroppo l’Italia, nei quali la stagnazione e una bassa produttività si combinano con un’inflazione che già alza la testa. Al tutto si aggiunge il fatto che la maggioranza dei paesi ad elevato livello di sviluppo, a cominciare dagli Stati Uniti e a finire ancora dall’Italia, è gravata da un debito pubblico così elevato da avere paragone quasi soltanto con i periodi di guerra.
Se noi prendiamo in mano i manuali di storia economica troviamo che, quasi invariabilmente, l’uscita dal peso eccessivo del debito pubblico è stata ottenuta attraverso l’inflazione. L’inflazione è un rimedio facile ma è un processo crudele, che colpisce soprattutto i poveri, i salariati e i pensionati. E’ una comoda scorciatoia per i governi che possono tagliare i loro debiti senza ricorrere a leggi, decreti o dibattiti parlamentari. La scorciatoia è talmente comoda da averci accompagnati in tutta la nostra storia.
Oggi però, almeno nell’area Euro, non può più funzionare: la moneta unica rende impossibile le svalutazioni competitive e la dinamica politica spinge verso una politica di rigore alla quale la BCE non potrà sottrarsi. Ancora meno lo potrà fare il nuovo Governatore, la cui meritatissima nomina è stata rinviata nel tempo solo per l’infondato pregiudizio che un italiano sia strutturalmente incapace di garantire l’applicazione di una politica monetaria rigorosa.
Il nuovo governatore della Banca Centrale Europea sarà quindi il paladino del rigore monetario e lo farà per il bene di tutti noi, ma dovrà anche essere attento a difendere gli interessi europei di fronte alle scelte degli altri grandi protagonisti dell’economia mondiale.
Nei mesi scorsi, anche se con le cautele derivanti da una crescita ancora fragile, la Banca Centrale Europea ha iniziato una politica di aumento dei tassi mentre la politica americana ha continuato nella strada della moneta facile. Non credo che questa divaricazione crescente possa durare all’infinito e che l’Europa sia lasciata sola a combattere l’inflazione con un Euro spinto sempre più in alto, con conseguenze non certo positive per le nostre esportazioni e, quindi, per la nostra ripresa.
Un Euro sopravvalutato, mentre Usa e Cina sistemano bilateralmente i loro rapporti, non è nel nostro interesse.
Non minori saranno le difficoltà all’interno della zona Euro, dove i governi hanno obiettivi così diversi e difficili da conciliare che, da quando è scoppiata la crisi greca, l’unica strategia possibile è stata quella di rinviare la soluzione dei problemi, rendendoli in questo modo ancora più complicati. Certo non è facile, con i deboli strumenti previsti dalle regole europee, affrontare insieme i drammi della Grecia, dove la finanza pubblica è stata devastata da politiche di governo sciagurate, con quelli dell’Irlanda, dove le politiche sciagurate sono state messe in atto dalle banche e il governo si è dovuto accollare i debiti per evitarne il fallimento. Per non parlare del Portogallo dove le colpe private si sommano a quelle pubbliche. Il tutto in un momento in cui gli elettori tedeschi invitano i propri governanti a respingere ogni politica di sostegno alle economie più deboli fino a mettere in discussione la sopravvivenza della moneta unica, su cui pure si fonda molta parte della crescente forza germanica.
Nello stesso tempo la Germania ( e in misura minore anche la Francia) cercano di difendere fino all’ultimo gli interessi delle loro banche che, nelle capriole finanziarie che hanno condotto alla crisi, si sono pesantemente indebitate nei confronti dei governi e delle banche che si sono gonfiate di titoli fasulli. Comporre tra di loro gli interessi dei governi e delle banche e, nello stesso tempo, aiutare la costruzione di una politica di sviluppo a basso livello di inflazione obbliga a sforzi ed equilibrismi che sembrano quasi impossibili. Questo è tuttavia il compito che spetta al nuovo governatore della Banca Centrale Europea.
Mi sembra quindi opportuno che Mario Draghi porti davvero la tavola di San Sebastiano a Francoforte. Per molti anni dovrà infatti continuare a sorridere anche se colpito da frecce strazianti.