La nuova Cina prosegua sulla via delle riforme e dell’apertura al Mondo
La sfida del gigante
La Cina al bivio: o riforme o declino
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 26 settembre 2012
Con il diciottesimo congresso del Partito Comunista, previsto per il prossimo ottobre, oltre i due terzi degli attuali attori della politica cinese scenderanno dal palco e scompariranno totalmente e definitivamente dalla vita politica.
Cambieranno non solo il Presidente e il primo Ministro ma anche i principali responsabili della difesa, della sicurezza, dell’economia e della politica estera. Una nuova Cina, anche se la maggioranza degli osservatori non prevede radicali cambiamenti ma, piuttosto, un’accelerazione della necessaria politica di riforme. Per questo motivo, almeno fino a ora, non si vivono tensioni drammatiche, anche perché, con la scomparsa di Bo Xilai, il ritorno a Mao sembra definitivamente messo in soffitta. Queste sono le ipotesi che circolano qui, in questo strano modo di fluire delle informazioni, in cui nulla è scritto e certo ma, in fondo, nulla passa inosservato. Una situazione nella quale la chiacchiera politica riempie le giornate dei “bene informati”come se fossimo a Roma.
I potenti che partono lasciano sotto molti aspetti un’eredità invidiabile, con una crescita economica che non ha precedenti, una nuova classe media istruita e dinamica, una rete d’infrastrutture lanciate verso il futuro, un’industria che domina nei mercati, un progresso sorprendente nella ricerca e sviluppo e, infine, un ruolo da protagonista nella politica mondiale.
Un’eredità di successi ma un altrettanto grande fardello di problemi, tra i quali giganteggia l’ancora immensa disparità fra città e campagna e fra le diverse regioni del paese. Una distanza che giustifica la definizione di paese in via di sviluppo, con cui gli attuali governanti, un po’ per vezzo e un po’ per convinzione, amano definire la Cina.
I nuovi governanti non dovranno tuttavia affrontare solo questi problemi ma anche un rallentamento della crescita molto più serio di quello che si prevedeva fino a qualche settimana fa. D’altra parte era impossibile pensare che anche il celeste impero, essendo ormai profondamente inserito nell’economia mondiale, potesse restare immune dalle conseguenze della grande crisi in cui ci troviamo.
Le conseguenze negative della caduta delle esportazioni erano quindi scontate, con l’ovvia ricaduta sugli investimenti, così com’era atteso il freno all’attività dell’edilizia, settore che si era espanso in modo abnorme nello scorso decennio. Non ci si aspettava invece un rallentamento nella crescita della domanda dei beni di consumo, dagli alimentari ai prodotti elettronici, dai prodotti farmaceutici ai prodotti per la pulizia e l’igiene. Tutto questo dimostra quanto sia difficile il passaggio da un’economia fondata essenzialmente sugli investimenti e le esportazioni a uno sviluppo nel quale i consumi assumono finalmente un ruolo appropriato a una popolazione che, per una grande parte, ha ancora bisogno di tutto.
Lo sforzo fatto negli ultimi anni per iniziare la costruzione di un sistema sanitario e un sistema pensionistico efficace non ha ancora dato al cittadino cinese un sufficiente potere d’acquisto e, soprattutto, quel minimo di sicurezza che è necessario per consumare di più. Al fine di evitare un eccessivo rallentamento dell’economia il governo cinese ha dovuto quindi ricorrere alla misura tradizionale degli ultimi tempi, con un imponente piano di lavori pubblici, diretto soprattutto alla costruzione di nuove ferrovie metropolitane nelle maggiori aree urbane. Il che conduce a un nuovo aumento della spesa, aumento ritenuto pericoloso per le finanze pubbliche, già eccessivamente tese negli ultimi anni.
Il cambiamento del così detto modello di sviluppo si dimostra anche in Cina un’operazione molto più difficile di quanto non si pensasse e gli episodi di tensione sociale e le richieste di aumenti salariali si fanno sempre più frequenti, come sempre avviene in una società incapace di soddisfare attese troppo grandi mentre, nel frattempo, aumentano le differenze nel tenore di vita dei cittadini.
Il compito dei futuri dirigenti non sarà quindi facile perché una società in trasformazione diventa sempre più esigente e severa nei confronti della classe dirigente anche perché, in presenza dei nuovi mezzi di informazione, è più difficile nasconderne i comportamenti illegali, come è recentemente avvenuto nel caso della moglie di Bo Xilai e dello scandalo che ha coinvolto il ministro delle ferrovie. La difficile via della correzione delle troppe iniquità nella distribuzione dei redditi dovrà essere quindi percorsa con energia, in una situazione difficile e irta di ostacoli.
I tre decenni nei quali l’economia cresceva del dieci per cento l’anno sembrano definitivamente alle spalle. Non pensiamo però a un collasso cinese perché tutti gli osservatori sono concordi nel prevedere che, in ogni caso, lo sviluppo sarà superiore al sette per cento e, forse, arriverà anche a un punto in più. Una crescita ancora sufficiente per procedere con le riforme di cui la Cina ha necessità se vuole proseguire nella via dello sviluppo. In fondo i nuovi dirigenti cinesi, pur avendo di fronte problemi immensi, hanno ancora in mano gli strumenti per poterli affrontare. Purché la politica di riforme e di apertura al resto del mondo prosegua a una velocità non troppo distante dalle attese.