L’Europa ha bisogno di strumenti contro la crisi
La lezione del caso Grecia. L’Europa ha bisogno di strumenti contro la crisi
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 14 febbraio 2010
Alla fine è finita come doveva finire. Francia e Germania si sono finalmente impegnate a venire in aiuto al disastrato bilancio greco. Lo hanno fatto dopo infinite discussioni e sospetti che lasceranno conseguenze sgradevoli, anche perché la Germania è stata trascinata per i capelli ad impegnarsi solo dopo lunghe esitazioni e giudizi spesso sprezzanti nei confronti del governo e del popolo greco. La signora Merkel sa infatti benissimo che i tedeschi sono ossessionati dalla paura di dovere intervenire in aiuto dei partner meno rigorosi e, per sua natura, essa non intende assumere rischi eccessivi.
È questa stessa paura che ha impedito che, quando è nato l’euro, si siano stabilite regole di intervento per eventi che prima o poi sarebbero accaduti. Grandi o piccole crisi finanziarie sono infatti fenomeni ricorrenti, anche se non quotidiani.
Mi ricordo che quando a Bruxelles si discuteva di questi problemi io chiedevo insistentemente che cosa si sarebbe fatto se un terremoto avesse distrutto il Lussemburgo. La domanda era naturalmente assurda e provocatoria perché il Lussemburgo non è zona sismica ma, proprio per la sua assurdità, voleva mettere in rilievo la necessità di avere regole di intervento e di aiuto in caso di eventi imprevisti in un qualsiasi Paese appartenente all’euro. Non se ne fece nulla, non si volle affiancare alla politica monetaria una politica economica comune e ci si limitò a stabilire regole di comportamento (il così detto patto di stabilità) senza strumenti di coordinamento e di controllo preventivo da parte delle autorità comunitarie. E quando “il terremoto del Lussemburgo” si è materializzato nell’incontrollato deficit del bilancio greco, l’unico strumento che avevamo in mano era un patto di stabilità che non poteva che essere definito “stupido” proprio perché era uno strumento rigido e non prevedeva strategie di intervento quando queste erano necessarie.
Siamo arrivati all’assurdo che la Lettonia e l’Ungheria, Paesi membri dell’Unione Europea ma non della zona Euro, quando sono precipitati in una situazione di difficoltà finanziaria, hanno facilmente trovato un diretto interlocutore nel Fondo monetario internazionale che, con mezzi adeguati, ha preparato un’efficace strategia di uscita dalla crisi. Si sarebbe potuto fare la stessa cosa con la Grecia, ricorrendo anche in questo caso al Fondo monetario internazionale ma una sorta di orgoglio europeo lo ha fortunatamente impedito, anche se molti lo chiedevano. Certo sarebbe stato più semplice, perché il Fondo monetario internazionale dispone delle strutture di controllo e di monitoraggio che le autorità europee non hanno ancora voluto organizzare. Ma sarebbe anche stato un messaggio di rinuncia delle autorità europee a completare la costruzione dell’euro. A questo punto la logica vorrebbe che si mettesse mano a qualcosa simile ad un Fondo monetario europeo per fare fronte ad altre future crisi che prima o poi verranno. Questo fondo sarebbe il logico completamento del patto di stabilità. Oggi però nessuno ci pensa: si preferiscono le soluzioni caso per caso come quella costruita per la Grecia. Un Fondo monetario europeo, con sue strutture forti e specializzate, costituirebbe qualcosa di troppo simile a un’unione non solo monetaria ma anche economica e finanziaria. Questo ci porterebbe nella direzione di una più forte unione politica, cosa che quasi nessuno, tra i capi di Stato o di governo, oggi vuole.
E che l’attuale frammentazione dei poteri europei rende ancora più difficile.
In tal modo rimaniamo in mezzo al guado, con un euro che ci ha salvato da tanti guai, ma intorno a cui non si vogliono costruire gli strumenti necessari per fare dell’Unione Europea un grande protagonista della vita politica ed economica mondiale.
Ed in mezzo al guado rimarremo per un pezzo.
Fatte queste osservazioni bisogna però sottolineare che l’euro rimane una valuta forte,un vero e proprio pilastro dell’economia europea e una necessaria alternativa al dollaro nell’economia mondiale.
Le vicende greche (e le preoccupazioni che riguardano la Spagna, l’Irlanda e il Portogallo) hanno indebolito la quotazione dell’euro rispetto al dollaro, ma questo non è certamente un fatto negativo, perché la rivalutazione eccessiva della nostra moneta ha fortemente danneggiato le esportazioni in questo periodo di gravi e permanenti difficoltà economiche. Se la quotazione dell’euro scendesse di qualche altro punto nessuno certamente piangerebbe. Anche perché i segnali che vengono dall’economia reale non sono incoraggianti: sono ormai mesi che si parla di ripresa ma tutti gli indicatori dell’economia italiana continuano ad essere preceduti dal segno meno. Salvo quello della disoccupazione, che continua a crescere.