L’Italia ponte naturale della Cina in Europa
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 06 Ottobre 2010
Il primo ministro cinese Wen Jiabao arriva oggi a Roma per inaugurare l’anno della cultura cinese in Italia. Un anno che, attraverso una serie di manifestazioni diffuse in tutto il nostro Paese, costituisce un passaggio indispensabile per una maggiore conoscenza reciproca e per una più stretta collaborazione fra Cina e Italia. È inoltre fortunata circostanza che quest’avvenimento coincida con i quarant’anni di relazioni diplomatiche fra i due paesi, relazioni che saranno solennizzate dalla prossima missione del presidente Napolitano in Cina.
Non è certo necessario ripetere che cosa rappresenti oggi la Cina per il mondo e per noi. Risultati e problemi sono stati sinteticamente riassunti dallo stesso Wen Jiabao nel suo recentissimo discorso all’assemblea delle Nazioni Unite, quando ci ha detto che la Cina è il terzo paese del mondo in termini di Pil (in verità è il secondo) ma che il reddito pro-capite è solo un decimo di quello dei Paesi più avanzati, che lo sviluppo degli ultimi trent’anni è stato formidabile ma che in futuro sarà messo alla prova dai problemi energetici e ambientali, che il progresso industriale è stato eccezionale ma che domani dovrà molto dipendere dall’estero per il reperimento di nuove tecnologie, che la crescita delle zone costiere e di molte aree urbane è stata straordinaria ma che molte aree rurali restano ancora arretrate e che 150 milioni di persone (su un totale di un miliardo e trecento milioni) vivono ancora sotto la soglia di povertà stabilita dalle Nazioni Unite.
I grandi risultati ottenuti e le sfide per il futuro sono contenute in poche frasi particolarmente significative della sua analisi quando afferma che “I cittadini cinesi sono sempre più impegnati nello sviluppo politico e sociale del Paese. I loro diritti fondamentali e i loro interessi sono meglio protetti che in passato ma, tuttavia, il sistema democratico e le strutture giuridiche debbono essere grandemente migliorate in quanto disuguaglianze, corruzione e mali sociali sono ancora presenti nella nostra società”.
Un’analisi così franca precede naturalmente la preparazione di una politica economica dedicata al miglioramento della distribuzione del reddito, alla diminuzione delle distanze fra le diverse regioni e all’organizzazione di un sistema di sicurezza sociale soprattutto nel campo sanitario e pensionistico.
Una svolta già iniziata che si sta concretizzando in un aumento dei consumi interni tra il 15 e il 20% all’anno. È chiaro che queste affermazioni toccano direttamente rapporti fra Italia e Cina.
L’aumento dei consumi interni, l’innalzamento della base scientifica e tecnologica, i grandi investimenti in infrastrutture stanno progressivamente facendo della Cina non solo un grande esportatore ma anche un grande importatore, tanto che già oggi il surplus della bilancia commerciale cinese si è ridotto dal 10 al 4% del Prodotto interno lordo. I nostri rapporti economici hanno avuto momenti di tensione soprattutto perché la Cina è apparsa come una macchina dedicata interamente alla conquista dei mercati esteri. Ora le cose si stanno riequilibrando e non solo i nostri produttori di alta moda ma le nostre imprese di beni strumentali vedono nella Cina il più grande mercato di sbocco dei loro prodotti e tengono ben presente che, nel corso della crisi economica, l’unico Paese verso cui le nostre esportazioni sono aumentate è stata proprio la Cina.
Io credo inoltre che vi sia spazio concreto e grande convenienza reciproca per l’aumento degli investimenti incrociati fra Italia e Cina. Le nostre medie imprese specializzate non possono infatti conservare la nicchia di mercato che hanno nel mondo se non sono direttamente presenti in Cina mentre l’unica concreta occasione di rompere l’isolamento del nostro sistema economico è quello di diventare il più robusto ponte del grande futuro flusso degli investimenti cinesi in Europa. Tutto ciò è ancora possibile ma occorre dare priorità a quest’obiettivo e agire in tutta fretta.
Sarebbe tuttavia riduttivo attribuire un significato esclusivamente economico a questa visita. Essa deve essere l’occasione per avvicinare sotto l’aspetto culturale ed affettivo due popoli che sono stati così lontani fra di loro nel recente passato ma che condividono profondamente modelli di vita familiare e forti relazioni interpersonali. Di quest’avvicinamento ne abbiamo davvero tutti bisogno anche per affrontare con maggiore saggezza e lungimiranza le complesse e difficili relazioni tra i cittadini italiani e le comunità cinesi presenti nel nostro Paese.
Sono convinto che Wen Jiabao sia l’uomo adatto per iniziare una missione di questo tipo. Egli è infatti una persona che, lontano dagli stereotipi di un certo potere politico, si è sempre posto vicino alla gente comune. I cinesi lo stimano per le sue capacità ma lo amano perché hanno sempre presente quando, durante le feste del capodanno cinese, del 2008, chiedeva scusa e confortava per ore i viaggiatori bloccati dalla tempesta di neve nella stazione di Guangzhou e, ancora di più, quando, per oltre due settimane, ha voluto stare vicino, indossando il suo immancabile giaccone verde, alle sofferenze dei terremotati di Sichuan.
Se posso infine aggiungere una mia esperienza personale, penso che Wen Jiabao non riservi questi sentimenti ai soli suoi compatrioti ma, come molti cinesi, nutra anche una forte simpatia nei confronti dell’Italia, della sua storia e delle virtù e delle debolezze dei suoi cittadini. Anche per questo gli dobbiamo un caldo benvenuto.