Ma a che cosa serve avere banche robuste?
Capitali, bond e imprese
Ma a che cosa serve avere banche robuste?
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 18 Ottobre 2009
In questi mesi mi sono sentito molte volte chiedere da amici e colleghi stranieri notizie e precisazioni sulla reale situazione del sistema bancario italiano. Essi erano infatti frastornati dal fatto che, mentre tutti i dati disponibili tendevano a metterci in posizione privilegiata rispetto agli altri, all’interno del nostro Paese si accendevano invece dibattiti e controversie che facevano apparire il contrario. Guardandomi intorno e leggendo tutti i dati disponibili ero personalmente convinto che le nostre banche se le cavassero un po’ meglio della media delle loro consorelle europee e americane. Forse per merito di una certa saggezza dei nostri banchieri, forse per la loro naturale prudenza a concedere mutui sulla casa, forse per un certo provincialismo del nostro sistema bancario che lo rendeva più impermeabile rispetto al velenoso fiume della finanza strutturata, la situazione italiana appariva tra le più tranquille nel tempestoso mare della crisi internazionale.
Naturalmente tutto ciò non mi spingeva a concludere che il nostro sistema bancario fosse privo di rischi. Se non altro per il fatto che la crisi economica provocava necessariamente un’esplosione delle insolvenze in atto e l’incerta durata della stessa crisi obbligava a un deciso rafforzamento delle dotazioni di capitale delle banche. Anche perché nel frattempo entravano in vigore nuove norme di comportamento che obbligavano le banche ad una maggiore patrimonializzazione. Si trattava dei famosi Tier1 e Tier2 di cui si è tanto parlato negli scorsi mesi: misteriose sigle che indicano di quanto le banche debbono irrobustire il loro patrimonio per far fronte con tranquillità alle incertezze dei mercati.
Di fronte alle difficoltà dell’economia e alla paura sulla durata e sulla profondità della crisi, il ministro del Tesoro, alla fine del 2008, decideva opportunamente di offrire alle banche la possibilità di rafforzare il proprio patrimonio attingendo a capitali pubblici supplementari: i così detti Tremonti Bonds.
Si trattava di un’importante ruota di scorta volta a rendere più difficile il rischio di insolvenza delle banche. Il che comportava naturalmente un possibile intervento del Tesoro nel capitale degli stessi istituti bancari se nello spazio di cinque anni le banche non avessero restituito il denaro al Tesoro stesso.
Con diverse modalità questa possibilità è stata prospettata anche da altri Paesi, a partire dalla Francia. Il secondo problema era il costo, perché la provvista del Tesoro era ovviamente più cara di altre fonti di approvvigionamento anche per evitare di cadere nella categoria dei così detti aiuti di Stato, vietati dalle vigenti regole dell’Unione Europea. Le banche italiane avevano naturalmente alcuni mesi per decidere se accettare o meno questa proposta.
Alcuni istituti, come Banco Popolare, Monte dei Paschi di Siena e Banca Popolare di Milano, hanno accettato l’offerta del Tesoro mentre altri, come Unicredit e Intesa, hanno preferito reperire in modo diverso i fondi di cui avevano bisogno: in parte con aumenti di capitale da parte degli azionisti e del mercato o vendendo immobili o altre attività. Di fatto poi ognuno ha operato a seconda della valutazione delle convenienze e delle preferenze dei propri principali azionisti.
Il fatto che ognuno abbia compiuto la sua scelta a seconda delle valutazioni sui costi e sui rischi delle diverse alternative e a seconda delle proprie propensioni sui vantaggi e gli svantaggi di una diretta presenza pubblica nel capitale è, a mio parere, un’ulteriore dimostrazione della correttezza delle regole del nostro sistema.Ognuno ha scelto la propria via per il necessario rafforzamento del patrimonio. L’elemento essenziale è che questo rafforzamento avvenga.
Per questo motivo continuo a rispondere ai miei interlocutori stranieri che il sistema bancario italiano mi pare complessivamente robusto e capace di reagire correttamente di fronte alla crisi.
Naturalmente la robustezza non è l’unico elemento di giudizio sul sistema bancario perché l’aspetto più importante è che le risorse vengano messe realmente al servizio del sistema produttivo sia che esse provengano interamente dal mercato, sia che esse provengano parzialmente dal Tesoro.
Se non è così, cosa serve all’Italia avere banche robuste?