Non usciremo dalla crisi finchè la Germania resterà contro tutti
il vertice di Roma
Quanto costa il cinismo tedesco
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 24 giugno 2012
Al G.20 in Messico si è parlato quasi solo dell’Euro. Venerdì a Roma i responsabili di Francia, Italia, Germania e Spagna hanno parlato dell’Euro. Giovedì e venerdì prossimi al vertice di Bruxelles si parlerà dell’Euro. Non è un novità perché, da quando è cominciata la crisi economica, i vertici che hanno avuto in agenda l’Euro si contano a decine.
Tutti questi vertici hanno avuto una caratteristica simile: quella di affrontare in modo positivo problemi specifici e parziali ma, nello stesso tempo, hanno dovuto prendere atto dell’impossibilità di offrire soluzioni capaci di chiudere finalmente il doloroso e lungo capitolo della crisi dell’Euro.
Così è stato anche per l’incontro a quattro di venerdì scorso a Roma.
Un aspetto certamente positivo è stato quello di essere stato un incontro a quattro, con un confronto aperto tra paesi con interessi diversi, ponendo quindi fine ai prevertici a due nei quali Germania e Francia pretendevano invano di parlare a nome dell’intera Unione Europea.
Positiva, anche se non ne sono chiari gli aspetti operativi, la volontà di dedicare la cospicua somma di 130 miliardi a progetti di investimento a livello europeo, in modo da offrire qualche sbocco concreto al fumoso dibattito sulla politica europea nei confronti della crescita.
Considero inoltre molto positiva la dichiarazione di volontà riguardo alla tassazione sulle transazioni finanziarie ( la così detta Tobin Tax). Di fronte ad una speculazione finanziaria, che agisce in modo rapidissimo ed automatico e con dimensioni tali da destabilizzare i mercati, era opportuno mettere un punto fermo anche senza aspettare l’assenso britannico. Esso non sarebbe infatti mai arrivato perché è su queste transazioni speculative che prospera una notevole parte della City di Londra. Ed è bene perciò, perché tecnicamente possibile, che si vada avanti su questa strada anche senza attendere gli amici britannici. Se coerentemente applicata si tratterebbe inoltre della prima nuova imposta veramente europea.
Di tutte queste decisioni non sono state tuttavia specificate le modalità e soprattutto i tempi di attuazione, aspetti importantissimi perché la casa sta bruciando e non si possono attendere anni per chiamare i pompieri.
Non si può in ogni caso dare un giudizio negativo ad un vertice che è durato in tutto settantacinque minuti, cioè un quarto d’ora in meno della partita di calcio fra Germania e Grecia, partita che è stata la ragione della riduzione ai minimi termini della riunione a quattro.
Tanto più dobbiamo essere soddisfatti noi italiani in quanto, con quest’incontro, Mario Monti ha reinserito stabilmente Roma tra le capitali nelle quali si svolge il dialogo europeo, dopo che essa ne era stata a lungo estraniata.
Precisato tutto questo bisogna doverosamente sottolineare che il vertice di Roma non si è discostato dagli incontri precedenti: esso ha preso decisioni corrette e nella giusta direzione ma ancora insufficienti per frenare la speculazione e ridurre gli spread che stanno mettendo a dura prova la resistenza dei paesi europei più indebitati. Nella situazione in cui ci troviamo una decisione può infatti definirsi efficace solo se riesce a rovesciare le aspettative dei mercati.
Progressi solo verbali sono stati raggiunti riguardo alla cooperazione nel sistema bancario e nessun progresso nemmeno verbale si deve registrare nei confronti delle uniche misure decisive per la salvezza dell’Euro, cioè gli eurobond e il rafforzamento del ruolo della Banca Centrale Europea.
Nonostante il mondo delle imprese sia unanime nel ritenere l’Euro lo strumento indispensabile per non soccombere di fronte alla globalizzazione ( posizione appassionatamente ribadita a Roma proprio in contemporanea col vertice europeo dai presidenti italiano e francese e dal direttore della Confindustria tedesca) non si riesce a raggiungere alcun risultato riguardo alle sole decisioni in grado di rovesciare le aspettative dei mercati e di rendere concretamente possibile il progressivo risanamento dei bilanci pubblici.
La situazione è così imbarazzante da raggiungere quasi l’assurdo: la Germania sta infatti da qualche mese predicando di volere creare l’Europa federale ma rifiuta di compiere qualsiasi passo per avvicinarsi a questo obiettivo, mentre la Francia mantiene ancora la sua posizione di distanza nei confronti dell’Europa federale ma sembra essere disposta a prendere le decisioni concrete che conducono verso questa conclusione.
Dal punto di vista concreto a Roma si è riprodotto il posizionamento consueto degli ultimi vertici, cioè la Germania contro tutti. Una differenza di posizioni talmente netta da rendere ancora lontana qualsiasi possibilità di mediazione.
Credo quindi che di vertici capaci di evitare la tragedia ma ancora incapaci di trovare una soluzione alla crisi dell’Euro ne avremo ancora molti ed è probabile che il periodo di mare mosso duri ancora a lungo. E’ anche certo tuttavia che la paura di perdere i grandi vantaggi e le grandi prospettive dell’Euro sia una forza talmente potente da impedirci di cadere nell’abisso. Dopo la tempesta penso perciò che riprenderemo a navigare in un mare più tranquillo, anche se dovremo rimpiangere di avere a lungo sprecato tante risorse umane e materiali.