Paura per l’inflazione, ma il vero nemico è la recessione
L’Europa, le banche e le regole stonate
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 4 dicembre 2011
Non essendo ovviamente in grado di commentare le decisioni che verranno prese tra oggi e domani, si può però esaminare su quale terreno questi semi verranno a cadere.
La settimana che abbiamo alle spalle non è stata infatti priva di avvenimenti che, oggi o in un tempo più lontano, incideranno profondamente sulla nostra economia.
Il primo avvenimento è positivo e consiste nella creazione di liquidità aggiuntiva da parte delle sei più grandi banche centrali del mondo (Stati Uniti, Giappone, Svizzera, Inghilterra, Canada e Banca centrale europea), mentre la Cina, dopo un periodo di restrizione, ha di nuovo allentato la politica monetaria.
Tutto ciò non solo ha dato un po` di fiato alle borse e ha provocato una certa caduta degli spread, ma ha soprattutto lanciato il messaggio che da tempo ci sí attendeva, che cioè il presidente Obama capisse che è suo interesse primario aiutare la soluzione del problema dell`euro.
La dissoluzione della moneta europea trascinerebbe infatti verso l’abisso anche l’economia americana, rendendo in tale modo quasi impossibile per Obama vincere le elezioni che si svolgeranno fra solo undici mesi. Il risanamento dell’Euro, da affare europeo, è finalmente divenuto preoccupazione mondiale e, soprattutto, una preoccupazione primaria per il presidente americano.
Il secondo avvenimento, in parte positivo ed in parte negativo, riguarda il discorso della Cancelliera Merkel di fronte al parlamento tedesco. Positivo perché, parlando di “unione fiscale più vicina” e mostrandosi meno dottrinaria sul ruolo della Banca Centrale Europea, ha reso manifesto al Parlamento che non è interesse della Germania assistere inerte alla caduta dell’Euro.
Meno positivo è invece il rifiuto di misure immediate, come gli Eurobond o gli incentivi alla crescita tedesca che avrebbero un effetto molto più rapido nei confronti del superamento della crisi di quanto non potrebbe avere la revisione dei trattati, che richiede oltre un anno e mezzo di tempo. Capisco che i sacrifici più pesanti per l’aggiustamento debbano essere fatti dai paesi debitori ( e lunedì l’Italia farà la sua parte) ma l’aggiustamento stesso si trasforma in un inutile sacrificio, se esso non viene compensato dalle necessarie politiche espansive da parte dei creditori. L’ossessione tedesca è ancora l’inflazione, anche se oggi siamo in piena recessione. Ed è invece la recessione il nemico che la Germania dovrebbe combattere, ricordando quello che è successo negli anni trenta.
Tuttavia la crisi europea non si risolve solo con il riequilibrio dei bilanci pubblici o con temporanee iniezioni di liquidità ma anche ( e soprattutto) con la riattivazione del pieno funzionamento del sistema bancario. L’Autorità Bancaria Europea (EBA) ha invece imposto regole e limiti di tempo per la ricapitalizzazione delle banche che fortemente penalizzano la capacità di concedere il credito necessario per finanziare la ripresa. Queste nuove regole danneggiano in particolare le banche italiane di fronte agli altri concorrenti europei. Si è ad esempio imposto di valutare i titoli di Stato in portafoglio a prezzo di mercato e non al loro valore di restituzione, mentre si valutano con molto più benevolenza i titoli tossici in proprietà delle banche medesime. Poiché gli Istituti italiani hanno nella pancia molti più titoli pubblici e molto meno titoli di altro tipo rispetto alle banche estere, essi si vedono diminuire in modo iniquo il capitale a cui sono obbligati ad adeguare la concessione del credito.
Questo semplice fatto sta provocando una catastrofica restrizione del credito in Italia. Mai nella mia esperienza ho, come nelle scorse settimane, potuto assistere a restrizioni che non hanno alcuna relazione con la forza e la solvibilità del cliente. Se questo proseguirà, anche le misure di risanamento del nuovo governo saranno rese vane dall’ulteriore caduta dell’attività economica. Se correttamente si pretende che si aggiustino in fretta i bilanci pubblici, non si può certo, nello stesso tempo, tagliare le gambe alle banche. La settimana prossima i governi europei sono chiamati ad approvare le strategie di aggiustamento dei bilanci pubblici per ridurre il rischio dei debiti sovrani.
Sembra che negli stessi giorni l’EBA sia intenzionata a pubblicare i maggiori fabbisogni di capitale delle varie banche prendendo come riferimento il valore dei titoli al 30 settembre scorso, giorno in cui il loro prezzo era, soprattutto in Italia, particolarmente depresso. Capisco la mancanza di leadership ma in questo caso mi sembra proprio che siamo diventati anche un poco masochisti. Mi permetto quindi di suggerire al Ministro dell’Economia di chiedere ai suoi colleghi dell’Ecofin che queste improvvide decisioni siano almeno rinviate nel tempo, in modo che non vengano da esse annullati gli effetti positivi delle severe misure che egli dovrà prendere come Primo Ministro.