Per vincere la crisi e sconfiggere i nuovi nazionalismi serve un’azione comune dei grandi partiti europei
Appello all’Europa per vincere la crisi
Articolo di Romano Prodi su Il Messagero del 21 Agosto 2011
La settimana che ci sta alle spalle rende evidente che il mondo è senza governo. Su questo dovremo purtroppo ritornare più volte nelle prossime settimane. Oggi vorrei limitare la mia attenzione al caso europeo, non solo perchè l’Europa è il nostro costante punto di riferimento ma anche perchè, nonostante tutte le sue difficoltà, essa rimane la realtà economica più importante del pianeta in termini di Pil, di produzione industriale e di esportazioni.
E’ bene a questo proposito essere chiari e sinceri: l’Unione Europea non sta funzionando. Negli ultimi anni si è progressivamente trasferito il potere di decisione dalla Commissione verso gli Stati membri e gli organismi di Bruxelles sono stati via via emarginati fino a diventare sostanzialmente irrilevanti. Tutto questo per venire incontro alla volontà dei nuovi leader, sempre più legati ai valori nazionali e meno sensibili nei confronti della costruzione europea. Questo processo ci è stato presentato come un passaggio necessario perchè l’Unione Europea potesse essere più efficiente e più vicina ai cittadini. Le esperienze degli ultimi anni, e soprattutto le difficili vicende degli ultimi mesi, dimostrano il contrario.
La rinazionalizzazione delle politiche europee non ha portato la UE vicino ai cittadini e nemmeno ne ha reso più comprensibili le decisioni. Il motore franco tedesco, che è sempre stato il necessario strumento per aggregare la volontà di tutti i membri dell’Unione, è diventato un dialogo chiuso ed esclusivo nel quale la Francia spende tutta se stessa nello sforzo di presentarsi uguale alla Germania, mentre quest’ultima si preoccupa principalmente di dimostrare ai suoi cittadini di essere lei a tenere in mano il destino dell’Europa senza però volerne assumere il peso. Tutto ciò mentre gli altri venticinque Paesi svolgono sostanzialmente il ruolo di spettatori e spesso non sono nemmeno al corrente degli orientamenti dei due “Paesi guida”. Un ruolo non certo gradito ma tuttavia fino ad ora tollerato nell’illusione che quest’assetto così anomalo e verticistico fosse tuttavia capace di prendere le decisioni necessarie per il nostro futuro.
La grande crisi ha dimostrato il contrario. Abbiamo avuto vertici su vertici, nei quali le decisioni, anche quelle che andavano nella via giusta, sono sempre state prese in ritardo è, il più delle volte, si sono soprattutto rivolte a salvaguardare il ruolo politico dei due Paesi e a proteggere i loro sistemi bancari e finanziari. Non quindi una leadership rivolta all’interesse collettivo, come dimostra l’atteggiamento negativo nei confronti dell’eurobonds e di tutti gli strumenti necessari per costruire una politica europea. Per raggiungere quest’obiettivo si è progressivamente indebolito il ruolo della Commissione Europea che era stata concepita per rappresentare gli interessi collettivi dei Paesi europei e non si è nemmeno concesso un ruolo concreto alle nuove strutture nate dal trattato di Lisbona. Persino l’ultimo vertice, che pure si è svolto in uno dei momenti più drammatici della crisi economica, ha finito col limitarsi a soluzioni minori, rinviandone nel tempo l’applicazione concreta. Non dobbiamo perciò sorprenderci che, anche per la concomitanza delle cattive notizie sull’economia mondiale, la risposta a questa ennesima delusione sia stato il crollo dei mercati e l’aggravamento della crisi.
Al di là dei complicati aspetti tecnici, sui quali potremmo discutere per mesi e mesi, è doveroso arrivare ad una semplice conclusione: siamo senza un governo europeo. Mancando di una strutture stabile e forte che si faccia carico degli interessi generali e dei problemi di lungo periodo, viviamo appesi agli interessi, spesso fra loro contradditori, di Francia e Germania. A questa crisi politica occorre dare una risposta politica. Oggi, in Europa, questa risposta non può che venire dal Parlamento. E’ venuto perciò il momento di fare appello ai deputati europei perchè si rendano protagonisti di una nuova fase della vita delle istituzioni comunitarie. I membri del Parlamento debbono fare capire ai loro governi che essi, pur avendo indebolito le strutture soprannazionali, non hanno ormai alcun potere in Europa. E debbono spiegare alle opinioni pubbliche tedesche e francesi che nel mondo globalizzato non ci si può salvare da soli e che questo direttorio zoppo ci porta verso l’irrilevanza. Tale direttorio, pressato dai problemi politici ed elettorali dei due Paesi, non è più in grado di farsi carico degli interessi comuni. La fase storica nella quale il Consiglio europeo si è limitato a “informare il Parlamento” è arrivata ormai al suo termine. L’Europa ha bisogno di entrare in una nuova fase, nella quale il Parlamento si faccia carico dei problemi comuni e indichi ai governi la strada da percorrere.
Pur con i loro limiti e le loro diverse sensibilità, i grandi partiti europei si rendono conto dell’abisso verso cui stiamo marciando. A loro si chiede di trasformare questa consapevolezza in un’azione comune. In un progetto che, superando i nuovi nazionalismi, ci renda capaci di vincere la crisi e ritornare protagonisti nella scena mondiale.