Se la Grande Germania capisse quanto è piccola
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 29 Agosto 2010
I dati positivi sull’economia tedesca arrivano con costanza e regolarità: la crescita e le esportazioni la pongono ai vertici europei mentre i tassi di interesse dei suoi buoni del tesoro sono ormai il punto di riferimento per tutti gli altri Paesi.
Superato il trauma dell’unificazione, la Germania è, sotto l’aspetto economico, il Paese più robusto di tutto il continente. Questa priorità tedesca è ormai largamente accettata ma, nello stesso tempo, l’opinione pubblica germanica e la sua leadership politica rifiutano di assumersi le responsabilità di indirizzo e guida che sono la naturale conseguenza della realtà esistente.
In poche parole la Germania ritiene di andare troppo bene da sola per porsi l’obiettivo di contribuire in modo attivo alla costruzione di una politica europea. Tenuto conto delle attuali circostanze, la situazione esistente appare talmente positiva che l’obiettivo del Paese sembra essere solo quello di conservarla. Come ha dichiarato il politico liberale francese Jean Louis Bourlanges “ La Germania ha ottenuto dall’Europa tutto quello che voleva e il suo obiettivo è solo quello di non perdere i risultati raggiunti. Il Paese è sazio”.
Insomma più la Germania è forte meno è disposta a esercitare la sua funzione di leadership, rinnegando in modo sostanziale il proprio passato. Fu infatti prima di tutto il cancelliere Kohl a volere l’Euro per “costruire un Germania europea e non un’Europa germanica”, furono gli imprenditori tedeschi a sostenere l’introduzione dell’Euro per proteggersi contro i rischi di continue svalutazioni monetarie da parte degli altri Paesi europei. Il risultato è stato talmente positivo che, nell’ultimo anno, l’attivo della bilancia commerciale ha superato i 210 miliardi di euro, sopravanzando in termini percentuali persino la Cina.
Nonostante tutto ciò non solo la grande stampa popolare, ma un numero sempre crescente di responsabili politici e di operatori economici ritiene di essere sempre in credito nei confronti dei partner europei e di dovere sostenere tutto il peso degli errori o delle disgrazie altrui.
Questo divorzio fra la Germania e l’Unione Europea ha ricevuto un’ulteriore spinta dalla ormai famosa sentenza della Corte Costituzionale di Karlsruhe che ha negato ogni superiorità della legge europea su quella nazionale e ha stabilito che qualsiasi trasferimento di competenze verso l’Unione Europea possa avvenire solo attraverso un apposito provvedimento di legge.
Più diventa forte economicamente più la Germania si chiude in se stessa pensando di potere fare da sola, pensando forse di essere troppo grande per l’Europa ma sforzandosi di ignorare di essere troppo piccola per contare veramente in un mondo globalizzato. Anche la Grande Germania ha bisogno di una più forte Europa.
Questo percorso, soprattutto tenuto conto della caduta spagnola, della riluttanza britannica e della crescente irrilevanza italiana, può essere compiuto solo con una consapevole riattivazione dell’asse politico franco-tedesco, unico punto di riferimento di un’Europa possibile.
A questo punto entrano in gioco altri impedimenti. In primo luogo i caratteri della cancelliera Merkel e del presidente Sarkozy non potrebbero essere più diversi. Le roboanti dichiarazioni di Sarkozy che sistematicamente dopo ogni vertice ripete che la Francia ha ottenuto tutti gli obiettivi che si proponeva, mettono ulteriormente in difficoltà la Cancelliera tedesca di fronte alla propria opinione pubblica ma soprattutto lanciano il messaggio che la risposta francese non è una risposta europea ma è l’ennesima impossibile sfida gallica alla superiorità tedesca.
In effetti non essendo pervenuta da parte francese alcuna reale proposta riguardo a nuovi modelli di gestione dell’area dell’Euro e avendo adottato la Francia linee più alternative che parallele a quelle tedesche nella politica economica interna, è ora impossibile pensare che vi siano elementi per l’esercizio di quella responsabilità condivisa che è l’unico modo di costruire non solo un futuro per l’Europa ma per la Francia e per la stessa Germania.
Se le cose stanno così solo una nuova presa di coscienza da parte tedesca della propria forza e delle proprie responsabilità può farci uscire dalla paralisi in cui siamo. La dirigenza tedesca deve rendersi conto che in ogni caso è impossibile (e sarebbe per loro disastroso) ritirarsi dall’Euro. Deve rendersi conto che non sono essi i martiri dell’Europa e che ciascuno di noi porta il proprio peso, debbono rendersi conto che anche nel caso greco, reso molto più grave per l’influenza delle elezione regionali del Nord Reno-Westfalia, hanno sostanzialmente fatto prevalere la propria linea. Debbono rendersi conto che non vi è nessun legame fra il “soccorso alla Grecia” e la mancata riduzione delle tasse in Germania. Debbono soprattutto rendersi conto che, nel nuovo mondo, anche la Grande Germania è piccola.
Insomma la Germania è decisiva nel salvare insieme a se stessa l’intera Europa, ma sembra non volersene rendere assolutamente conto. Penso che questa fuga da una grande responsabilità storica sarà pagata a prezzo molto caro in futuro.