Senza l’Euro la festa è finita, anche per la Germania

La Germania esca dall’isolamento

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 20 maggio 2012

Mi sembra che sul caso greco tutti abbiano perso un po’ la bussola: è quindi opportuno fare qualche riflessione  sulla sua storia e sulle sue prospettive future.

La storia è abbastanza semplice. Per anni la Grecia ha vissuto al di sopra dei propri mezzi e tutti, cittadini e governo, hanno speso di più di quanto guadagnavano. A rendere meno squilibrato il bilancio dei privati provvedeva un’evasione fiscale superiore perfino a quella italiana, mentre una pubblica amministrazione  inefficiente e pigra gravava in modo intollerabile sul bilancio pubblico. Il deficit è cresciuto perciò continuamente, con salti in alto da medaglia d’oro negli anni della preparazione  delle Olimpiadi. Nel frattempo i cittadini più doviziosi, fiutando forse l’aria di pericolo, portavano capitali all’estero, in gara con gli oligarchi russi e gli sceicchi del Golfo nell’acquistare gli immobili più lussuosi di Parigi, Londra e New York.

Perché questo gioco potesse continuare a lungo si dovevano truccare i conti pubblici, e così è stato fatto.

A questo punto ci si deve chiedere come tutto ciò sia stato permesso ad un paese che faceva parte di un unione monetaria. La risposta è anche in questo caso molto semplice: nel 2003, nonostante le ripetute richieste della Commissione Europea, la Germania, la Francia e l’Italia si sono con forza rifiutate di adottare una qualsiasi forma di controllo sui bilanci dei paesi dell’Eurozona. Ciò avrebbe infatti costituito, a loro avviso, un indebito attentato contro la propria sovranità nazionale.

A tutti era quindi permesso, in un certo senso, di truccare i conti: il governo greco certamente lo ha fatto.

Alla fine, quando la crisi finanziaria si è aggravata e la verità è venuta a galla, gli altri paesi dell’Eurozona hanno giustamente preteso che la Grecia adottasse le azioni di risanamento necessarie per rimettere in ordine i conti del Tesoro e del sistema bancario pesantemente indebitato con l’estero.

E’ chiaro che la gravità del debito e del deficit era tale che non bastava obbligare il governo ellenico a cambiare politica ma occorreva anche un urgente aiuto esterno per evitare che gli attacchi speculativi travolgessero Tesoro e banche insieme.

Quando la crisi è scoppiata sarebbero bastate poche decine di miliardi di Euro  per “comprare” il tempo necessario per mettere in atto le misure di risanamento. In Germania erano tuttavia in programma importanti elezioni locali (il nome NordReno -Westfalia non vi ricorda qualcosa?) e si aspettarono perciò quattro mesi per apprestare un qualsiasi programma di intervento, dato che gli elettori tedeschi erano tenacemente contrari a misure in favore dei “pigri mediterranei”. Nel frattempo la speculazione aveva moltiplicato la necessità di intervento dalle decine alle centinaia di miliardi di euro, mentre l’attacco speculativo si estendeva agli altri paesi più fragili del sistema, fino ad arrivare alla Spagna e all’Italia, passando attraverso l’Irlanda e il Portogallo.

Gli ultimi due anni della tragicommedia li abbiamo ben chiari nella nostra memoria: la speculazione scatenata ha fatto impazzire i tassi di interesse, rendendo più difficile ogni azione di risanamento. La  parola “spread” ci ricorda che la Germania è più forte di tutti e che, se anche molta della forza le viene dall’esistenza dell’Euro, essa non ha nessuna intenzione di fare fronte alle proprie responsabilità. Si sono infatti susseguiti infiniti vertici, nei quali sono sempre state prese decisioni tardive e insufficienti.

L’unico accordo è stato nell’imporre in primo luogo alla Grecia e poi a tutta l’Unione Europea una dura politica di austerità. Una politica doverosa ma non accompagnata da alcun piano di ripresa. I greci hanno dovuto mettere in atto (giustamente)  azioni di correzione di una violenza inusitata,  ma il conseguente crollo del reddito di quasi il 20% ha solo peggiorato le condizioni di vita dei cittadini senza offrire loro alcuna prospettiva. L’abbandono dell’Europa ha fatto impazzire debito e tassi di interesse, rendendo il risanamento dell’economia un’impresa impossibile anche in presenza delle più severe decisioni di politica interna. Quest’ inutile sofferenza ha spinto i cittadini greci verso posizioni sempre più radicali. Tuttavia nemmeno il partito di estrema sinistra (Syriza ) vuole l’uscita della Grecia dall’euro ma chiede solo di vedere una luce alla fine del tunnel.

La tragicommedia non sembra però avere termine. Tutti si rendono conto che l’uscita della Grecia dalla moneta unica sarebbe l’inizio di una decadenza senza fine. Perfino il primo ministro inglese dichiara che la fine dell’Euro sarebbe una catastrofe, Obama teme che il contagio europeo pregiudichi le sue possibilità di vittoria e la comunità d’affari tedesca  capisce che senza l’Euro la festa è finita.

La Cancelliera stessa viene punita nelle elezioni della stessa fatale NordReno-Vestfalia, ma la sua politica si è spinta così avanti ed è stata riempita di un tale significato etico per cui essa sembra essere prigioniera di se stessa. Bisogna quindi che Francia, Italia, Spagna e gli altri paesi europei la obblighino ad uscire dalla sua prigione e la convincano che la salvezza della Grecia è la salvezza dell’Europa ed è la salvezza della Germania. E che, se si accettano regole e legami comuni, i casi come quello greco non si potranno più ripetere. E che la buona politica è  fatta per costruire il futuro e non per dare lezioni sul passato.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 20, 2012
Italia