Una piccola storia Una grande lezione
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 12 marzo 2010
Ci siamo ormai abituati a pensare alla Cina come ad una enorme scatola che sforna prodotti industriali in grandi quantità. Guardando dentro alle cose ci si accorge invece di come l’attenzione cinese si rivolga anche in direzioni particolari e insospettate.
Vorrei a questo proposito illustrare una modesta ma significativa esperienza imprenditoriale e sociale che si sta sviluppando in questi ultimi mesi e che coinvolge a vario titolo la Cina e l’Umbria. Lo faccio perché questa storia è ricca di insegnamenti su di noi, sulla nostra società e la nostra economia ma anche su come possiamo interpretare il nostro futuro nella economia globale. La storia peraltro ci dice molto anche sui cinesi, sulle loro strategie ed è per questo che mi piace raccontarla qui da Shanghai.
Tutto comincia con un’idea imprenditoriale nata dal Consorzio Abn, un consorzio di cooperative sociali di Perugia che pensa di utilizzare il proprio radicamento territoriale, la propria presenza capillare per produrre energia elettrica dal Sole impiantando migliaia di pannelli fotovoltaici sui tetti delle case. Questo è un aspetto dell’attività di questo consorzio che ha come obiettivo generale quello di organizzare strutture imprenditoriali che, pur operando nel mercato, svolgono un rilevante ruolo sociale dando lavoro a centinaia di portatori di handicap di diversa natura.
Operando in questa direzione, utilizzando naturalmente le normative e i contributi a favore dello sviluppo delle energie alternative, è stato costruito un progetto che consente di fornire gratuitamente energia elettrica alle famiglie per venti anni e di ripagare in circa quindici anni il cospicuo investimento necessario per raggiungere questo obiettivo.
Il limite allo sviluppo di tale progetto è ovviamente dato dalla scarsità delle risorse finanziarie. Le banche infatti per loro natura chiedono un apporto di capitale proprio e garanzie patrimoniali che, data la dimensione dell’investimento, non sono alla portata del consorzio. A questo punto sono entrati in campo i cinesi. La società Et solar industry Ltd che già fornisce pannelli ad Abn e che quindi conosce gli interlocutori, decide di entrare direttamente nel progetto e, da fornitore, si trasforma in partner industriale e finanziario con un significativo apporto di capitale di rischio, che si aggiunge a quello messo in campo dal Consorzio Abn.
A questo punto un pool di banche italiane viene messo in grado di concedere un finanziamento di 33 milioni di euro per l’esecuzione del progetto. Di conseguenza oggi in Umbria si stanno installando impianti fotovoltaici sui tetti di 3 mila famiglie.
Che cosa ci dice questa esperienza? Anzitutto ci segnala che il territorio ha ancora una importanza significativa nella creazione di valore. Solo la conoscenza ed il radicamento territoriale hanno reso possibile la costruzione di una “centrale elettrica diffusa” capace di produrre 9 megawatt. In secondo luogo ci insegna che la green economy, anche se aiutata da interventi pubblici, non è solo uno slogan ma ha enormi potenzialità, specie per l’occupazione.
Ci suggerisce poi che in alcuni casi si possono tenere insieme le regole del mercato e forme moderne di welfare. Accanto a questi segnali positivi, questa realizzazione mette tuttavia in rilievo anche aspetti non certo lusinghieri per la nostra economia. È infatti preoccupante constatare che non siamo, come Paese, presenti in maniera adeguata nella produzione di prodotti di medio contenuto tecnologico come sono i pannelli solari, riguardo ai quali abbiamo una sostanziale dipendenza dall’estero, a partire dalla Germania e dalla Cina.
Emergono anche i grandi limiti di un sistema bancario che fatica ad uscire dalla stretta logica delle garanzie reali e ha bisogno di un esempio straniero per assumersi il rischio di un progetto che pure è profondamente radicato in una realtà locale. Da ultimo, visto che sono in Cina, un’osservazione sui cinesi. Questa storia esemplifica con chiarezza la loro volontà e capacità di abbandonare il ruolo in cui l’Occidente sperava di confinarli, di essere cioè una semplice fabbrica di cose. Essi hanno invece capito ben presto che bisogna presidiare quanti più anelli possibile della catena del valore e si muovono rapidamente in questa direzione. Questo caso è più singolare del solito perché lo fanno attraverso uno strumento un po’ particolare come è una cooperativa sociale, ma aspettiamoci tanti esempi di questo tipo in molti altri campi della nostra vita economica.