Michail Gorbaciov e l’appoggio mancato di Europa e USA

L’appoggio mancato di Europa e Stati Uniti – Applaudire non bastò

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 01 settembre 2022

Anche se è noto che nessuno è profeta in patria, non ho mai incontrato in vita mia un leader così amato nel mondo e così odiato nella sua terra come Michael Gorbaciov.

Da parte mia, anche perché ho avuto lunghi incontri e discusso di tanti temi con lui, mi schiero tra i suoi più tenaci sostenitori. Prima di tutto per il suo carattere caloroso ed il modo diretto con cui affrontava i problemi: un abisso nei confronti dei suoi predecessori che parlavano come monumenti scolpiti nel marmo. In secondo luogo perché ha tentato di riformare in meglio ogni capitolo della vita politica che gli è toccato di scrivere.

Lo ricordo infine con tanta gratitudine perché ha costantemente operato per fare prevalere il dialogo e la trasparenza sia nella politica interna che in quella estera.

Allora perché tanto risentimento da parte dei suoi concittadini? La spiegazione sta nel fatto che, mentre nella politica estera ha raggiunto i grandi obiettivi che si proponeva, nella politica interna hanno invece prevalso i risentimenti e le nostalgie del passato.

Un peso del passato che, dopo secoli di autoritarismo degli zar e di dominio dell’URSS, è stato in grado di respingere ogni riforma del sistema e di opporsi alla trasparenza su cui si doveva fondare il nuovo.

Gorbaciov non voleva affatto decretare la fine dell’URSS, voleva invece aprire la società del suo paese verso una forma di progressiva democrazia e di apertura al mercato. Come lui stesso ha dichiarato in una serie di interviste anche recenti, la dissoluzione dell’Unione Sovietica è avvenuta proprio per l’opposizione alle riforme da parte della burocrazia e della nomenclatura, a cui si è aggiunto quello che lui chiamava il tradimento dei suoi successori, con in testa Boris Yeltsin.

Di fatto le riforme economiche di Gorbaciov, volte a rompere il ristretto rapporto fra lo stato e “un sistema di casta fondato su un aiuto reciproco,” non hanno avuto successo non solo per l’impreparazione e la corruzione della classe dirigente, ma anche perché gli Stati Uniti e l’Europa si sono limitati ad applaudire Gorbaciov e la sua politica, ma non l’hanno per nulla aiutato anche quando lo chiedeva esplicitamente.

Ci si è limitati a lodarlo per le sue aperture e per il modo con cui ha tentato di spingere l’URSS verso maggiori libertà democratiche.

Non abbiamo invece capito che, se si voleva evitare un fallimento economico che avrebbe poi portato la Russia in mano a un gruppo ristretto di oligarchi in accordo col governo (come avvenne con il suo successore Yeltsin), avremmo dovuto non solo riconoscere i suoi sforzi di riforma, ma correre in aiuto suo e dell’economia russa.

L’ostilità interna nei confronti di Gorbaciov è tuttavia cresciuta nel tempo, alimentata dall’accusa di avere distrutto l’Unione Sovietica lasciando correre verso la Nato i paesi del patto di Varsavia, favorendo l’unificazione tedesca e ordinando il ritiro delle truppe sovietiche dall’Afghanistan.

Il più spietato nel ripetere queste accuse è naturalmente Vladimir Putin che, con una critica costante nel tempo, ha sempre imputato a Gorbaciov di avere umiliato la passata grandezza russa, che egli sta cercando di ricostruire (finora invano) con la politica muscolare culminata nell’attacco all’Ucraina.

Eppure, in una fase iniziale, Gorbaciov ha appoggiato apertamente l’ascesa al potere di Putin. Ricordo quando, in un colloquio strettamente personale, Gorbaciov mi venne a comunicare che in Russia stava arrivando al potere un uomo politico che, secondo gli standard occidentali, aveva il dubbio curriculum di essere cresciuto nel KGB.

Aggiunse che quell’uomo era l’unico in grado di salvare la Russia e tenerla amica dell’Europa. Fu quella la prima volta che sentii nominare Vladimir Putin.

Tra i due uomini politici iniziò ben presto un’ostilità che, negli anni recenti, si è trasformata in una vera e propria avversione via via che Putin ha cercato di rincorrere un impossibile passato.

La grandezza di Gorbaciov sta proprio nel fatto di avere capito che la Russia si poteva salvare solo se si liberava dal peso di una politica militare fuori misura e se poneva fine ad una guerra fredda che dissanguava il paese e metteva a rischio la pace mondiale.

I suoi accordi con la presidenza americana hanno non solo rallentato la spinta al riarmo, ma hanno dato un respiro alla politica mondiale e allontanato per oltre vent’anni il rischio della guerra nucleare.

Un controllo degli armamenti che, anche se con crescenti limiti, è durato fino al 2019 e che ha giovato non solo all’Occidente, ma a tutto il mondo, compresa la Russia.

Credo quindi che mai nella storia un premio Nobel per la pace sia stato così meritato come quello ottenuto da Gorbaciov nel 1990, proprio quasi al termine del suo breve, ma intenso periodo di attività politica.

Dobbiamo quindi accompagnare la sua scomparsa con un senso di gratitudine per quello che ha fatto per noi, ricordandolo come un uomo radicato nella società tradizionale, ma sempre rivolto al futuro. Il suo era un disegno che, anche se non riconosciuto in patria, ha dato a tutto il mondo la speranza di guardare avanti con maggiore serenità.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 1, 2022
Articoli, Italia