Senza un progetto europeo per l’Africa la tragedia sarà inevitabile
I rischi per l’Europa – Senza un progetto per l’Africa tragedia inevitabile
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 16 luglio 2017
Quando parliamo di immigrazione dobbiamo distinguere l’emergenza di oggi dai problemi di un lungo futuro.
L’emergenza si chiama Libia e, purtroppo, tale emergenza si può gestire solo con la pace in questa nazione e con un’azione europea solidale. Entrambe sono ben lontane non solo dall’essere raggiunte ma anche dall’essere avvicinate.
In Libia continua un conflitto che è già durato più della seconda guerra mondiale e non esiste alcuna prospettiva di una vicina soluzione. Nessuno sembra essere in grado di mettere attorno a un tavolo i responsabili dei due governi ufficiali insieme alla quindicina di tribù che controllano il vasto territorio del paese. Nessuno quindi è in grado di controllare le bande criminali che lucrano sul trasporto di chi cerca disperatamente di arrivare in Italia. Per non parlare della solidarietà europea che si riduce nel raccogliere i migranti e portarli tutti in Italia.
In questi giorni è stato tuttavia messo in evidenza da tutti i media il fatto che l’Africa subsahariana aumenterà di oltre un miliardo di abitanti in poco più di una generazione, mentre l’Europa ne perderà parecchie decine di milioni.
Al problema dell’immigrazione si deve perciò aggiungere la necessità di preparare un grande progetto di sviluppo per l’intero continente africano: è chiaro infatti che non siamo in ogni caso in grado di gestire le centinaia di milioni di potenziali immigranti.
L’attuale modello degli aiuti non riesce a rispondere allo scopo: da un lato il generoso intervento di molte associazioni o di privati cittadini allevia tante sofferenze ma non è certo in grado di creare le condizioni che hanno permesso ai paesi asiatici di percorrere la via dello sviluppo. Dall’altro lato abbiamo gli aiuti ai governi che non solo sono scarsi per dimensione ma sempre più spesso arrivano nelle mani di politici e burocrati corrotti o inefficienti.
Per aiutare i cittadini africani in casa loro bisogna perciò cambiare marcia sia dal punto di vista della quantità che della qualità della nostra politica. La cancelliera tedesca ha recentemente posto sul tavolo questo problema ma non sono seguite ancora azioni concrete per mettere insieme, in una comune strategia, i fondi dell’Unione Europea con quelli delle strutture di cooperazione internazionale dei diversi paesi. È questo il solo modo per dar vita a un piano di intervento con i mezzi e le capacità sufficienti per promuovere il decollo di un continente che possiede tutte le risorse naturali ma non le capacità tecniche e politiche per provvedere al proprio sviluppo. La necessità di un intervento unitario emerge dal fatto che nel continente africano esistono ben 54 diverse nazioni e che, senza un coordinamento delle loro politiche e senza la creazione di un mercato di vaste dimensioni, non si può nemmeno parlare di sviluppo.
Il piano europeo deve prima di tutto apprestare le infrastrutture necessarie a costruire una moderna economia. Non solo strade e ferrovie ma nuove reti di telecomunicazione, di produzione e distribuzione dell’energia oltre a moderni e capillari sistemi scolastici e sanitari. L’efficacia di questi interventi a rete viene resa evidente dal fatto che la buona crescita che si è verificata in una parte dei paesi africani negli scorsi anni è strettamente dipendente dalla diffusione di un sistema capillare di telefoni portatili, promossi soprattutto dalle imprese cinesi.
Quando qualche settimana fa la Cancelliera Merkel ha delineato un piano di intervento in Africa pensavo che questa proposta aprisse un immediato dibattito politico per mobilitare l’enorme mole di risorse e di strutture organizzative necessarie, cercando magari un coordinamento con il governo cinese che, pur con molti limiti, è l’unico protagonista che porta avanti una politica africana a livello continentale. Mi accorgo invece che, dopo una presa d’atto iniziale, tutto è tornato come prima.
Non sembrano essere sufficienti i sempre più numerosi barconi carichi di emigranti che arrivano dalla Libia e nemmeno bastano le previsioni demografiche che gli organismi internazionali ci propongono ogni giorno.
Stiamo andando in modo incosciente di fronte ad una tragedia che inevitabilmente renderà più insicuro e drammatico il futuro del nostro continente.
Sull’urgenza di preparare un grande piano per lo sviluppo africano si dovrà obbligatoriamente rendere protagonista l’Italia. Nei sogni che per tanto tempo abbiamo coltivato, il futuro del nostro paese si doveva soprattutto fondare sulla prospettiva di diventare la piattaforma logistica per lo sviluppo dell’Africa.
Per ora dobbiamo constatare di essere semplicemente diventati la piattaforma logistica delle tragedie che arrivano dall’Africa.