Soft Power, istruzioni per l’uso

Il soft power degli Stati
Il conflitto invisibile per il dominio del mondo

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 3 gennaio 2015

L’anno che ci sta alle spalle è stato denso di grandi avvenimenti politici che molto ci hanno appassionato e, ancora più, ci hanno preoccupato.  Su questi “grandi” avvenimenti abbiamo molte volte avuto occasione di riflettere, partendo ovviamente dall’ipotesi  che le sfide di politica internazionale siano sempre decise o dalla forza delle armi o dal potere dell’economia.

Questo è quasi sempre vero ma, nel mondo della globalizzazione, stanno diventando sempre più importanti eventi che non hanno direttamente a che fare con le armi o con l’economia. Eventi che, toccando tasti ai quali l’opinione pubblica è particolarmente sensibile, finiscono con l’influenzare i rapporti di forza fra i diversi paesi più di quanto non si pensi comunemente. Ed è su alcuni di questi eventi “minori” che ho cercato di riflettere. Si tratta di episodi non concatenati fra di loro ma simili nei loro effetti. E tutti accaduti in un brevissimo arco di tempo.

Parlo del caso Blatter, del Caso Wolkswagen e del doping degli atleti russi.

Nel primo di questi casi l’Interpol americana si è precipitata a Ginevra per compiere una pluralità di arresti nella sede della più prestigiosa federazione sportiva del mondo, quella del football, accusando di corruzione, nell’assegnazione dei prossimi campionati dello sport più popolare del mondo, il presidente Blatter e i suoi più stretti collaboratori.

Nell’ipotesi di corruzione sono stati naturalmente coinvolti i due paesi assegnatari dei prossimi campionati, cioè la Russia e il Qatar.

Poche settimane dopo, sempre negli Stati Uniti, è venuta alla luce una stupefacente truffa commessa dalla Volkswagen, la più grande fabbrica di automobili tedesca e mondiale. Un ingegnoso software, applicato a 12 milioni di automobili diesel, ha fatto apparire che si rispettassero i regolamenti sulle emissioni inquinanti anche se questo non corrispondeva a verità.

Dopo poco più di un mese è arrivato il terzo scandalo e cioè l’accusa di doping organizzato e sistematico (accuratamente nascosto dai laboratori nazionali) nei confronti di un elevato numero di atleti russi.

È evidente che non esiste alcun legame di causa ed effetto fra questi tre casi ma sono altrettanto evidenti le conseguenze di carattere economico e politico sulle persone, sulle imprese e sui paesi che in essi sono coinvolti.

Anche se non sono incline a credere ad una teoria del complotto, sono tuttavia spinto a riflettere sul fatto che l’insieme di questi eventi (che pure partono da fatti moralmente e giuridicamente riprovevoli e ampiamente provati) apre la strada ad un nuovo modello di competizione internazionale, non più  solo fondato sugli strumenti tradizionali ma anche sulla capacità di incidere sui giudizi e sui comportamenti dell’opinione pubblica.

Nella grande gara della supremazia mondiale il così detto soft-power (in italiano potere dolce o reputazionale) si affianca in modo sempre più potente alla forza delle armi e dell’economia ( il così detto hard-power).

Voglio precisare che questa evoluzione non mi sembra un passo indietro rispetto all’uso della violenza e arrivo perfino ad augurarmi che si giunga ad una sostituzione del soft-power all’hard-power, ma non posso astenermi dal pensare che questo ripetersi di eventi, che proseguirà  inesorabilmente anche in futuro, ponga nuovi e complessi interrogativi.

Manca infatti un quadro giuridico nel quale le colpe e le punizioni possano essere definite ed applicate, mentre si apre la possibilità di una strumentalizzazione da parte di chi più è capace di utilizzare la forza del “potere dolce” e dei grandi strumenti di comunicazione attraverso i quali questo “soft-power” si afferma e si diffonde nel mondo.

Siamo evidentemente consapevoli che anche in passato gli strumenti non militari e non economici hanno giocato nel dare forza ad un paese: pensiamo solo a quanto il cinema e il jazz abbiano contribuito ad innalzare la popolarità degli Stati Uniti e quanto questo sia stato oggetto di invidia e di tentativi di imitazione da parte di tanti.

Nei tre casi indicati lo strumento reputazionale viene tuttavia utilizzato in modo attivo, attraverso iniziative che la globalizzazione mette sotto i riflettori di tutto il mondo con una rapidità ed un’ampiezza fino ad ora sconosciute.

Mentre ritengo che questo possa segnare un progresso rispetto ai conflitti violenti, dobbiamo tuttavia porci il problema di come questi comportamenti possano essere regolati e disciplinati in modo da evitare i possibili abusi, anche perché appare ben chiaro che chi controlla le informazioni avrà sempre più potere. Mancano infatti gli strumenti per discernere l’attendibilità  delle informazioni stesse, sia che esse riguardino i comportamenti degli Stati che quelli delle imprese.

A questo punto non sono certamente in grado di prevedere cosa potrà accadere in futuro in questa delicata materia e nemmeno sono capace di indicarne una possibile disciplina.

È indubbio tuttavia che il mondo dispone di nuove armi che, anche se non dirette a causare vittime e danni fisici, influiranno sempre più nel determinare il destino degli individui e delle nazioni.

 

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
gennaio 3, 2016
Articoli, Italia