Una coalizione di partiti europeisti per dare un futuro all’Italia
L’asse necessario – Il governo che verrà e i rapporti con l’Europa
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 24 luglio 2022
La caduta del governo italiano ha provocato preoccupazione e sconforto sia a Bruxelles che a Francoforte.
A Bruxelles la preoccupazione si è concentrata sul fatto che, a un governo che ha condiviso le maggiori decisioni di politica europea e ha preso parte attiva nella comune strategia sulla guerra di Ucraina, possa seguire un governo in linea con i populismi di Ungheria e Polonia e in dissenso sulle decisioni che riguardano il conflitto in corso.
Ancora più profonda è la preoccupazione di Francoforte, dove la Banca Centrale Europea si è trovata ad affrontare simultaneamente il problema del gravissimo aumento dell’inflazione e della possibile speculazione sui titoli pubblici italiani provocata dall’inattesa caduta del governo Draghi. Di fronte a questi eventi la BCE ha reagito con tempestività e, credo, con saggezza, aumentando il tasso di interesse in una misura più elevata rispetto alle previsioni di solo un mese fa.
E’ chiaro che questo non è un messaggio positivo per il futuro dell’economia europea, ma l’inflazione è arrivata all’8,6%, un livello tale da rendere indispensabile un messaggio di una forte politica di contenimento dell’aumento dei prezzi.
Una politica obbligatoria anche se, negli ultimi giorni, abbiamo segnali di un inizio di flessione delle quotazioni di molte materie prime e prodotti agricoli. Il fatto positivo è che questo doloroso, ma necessario cambiamento di rotta è stato accompagnato dalla creazione di uno strumento volto a controllare la speculazione sui titoli di Stato, oggetto di attacchi “ingiustificati e disordinati”. Anche se mai nominata, è chiaro che si è trattato di una misura della BCE volta a proteggere l’Italia nel giorno in cui veniva fatto cadere il governo su cui le autorità europee contavano per il controllo del debito pubblico e il riequilibrio del nostro sistema finanziario.
Non si tratta evidentemente di una protezione senza condizioni. Essa può essere concessa solo se viene adottata una politica finanziaria corretta e se vengono portate avanti le riforme concordate con le autorità europee.
In caso che questo non avvenga non solo non verrà messa in atto alcuna politica anti-spread, ma non si procederà nemmeno al pagamento della prossima rata del PNRR che prevede, entro la fine dell’anno, un versamento a favore dell’Italia di 19 miliardi di Euro, in aggiunta ai 36 miliardi di aiuti e 10 di prestiti ricevuti fino ad ora. La caduta del governo non può quindi interrompere il cammino delle riforme (da quella della concorrenza a quella fiscale) riguardo alle quali ci siamo impegnati con le autorità europee.
A questo punto il problema si complica perché, almeno cercando di dare un contenuto alle dichiarazioni che hanno spinto i 5Stelle a staccare la spina e Salvini a convincere Berlusconi di essere di fronte a una facile vittoria elettorale, molti dei punti di dissenso rispetto al governo Draghi suonano come un’aperta opposizione non solo agli accordi presi con l’Unione Europea, ma a tutto il quadro economico, politico ed istituzionale dell’UE.
La continuità della politica di cooperazione europea è invece una condizione necessaria per il futuro del nostro paese e l’ipotesi che ci si possa discostare dagli impegni assunti è vista come il pericolo maggiore per la solidità dell’Euro.
Ne deriva prima di tutto la necessità di impegnare i partiti che in precedenza appoggiavano il governo a procedere, per le settimane nelle quali l’attuale governo sarà ancora in vita, ad un compromesso volto a tenere fede agli accordi presi in precedenza, con la consapevolezza che il PNRR non è un bancomat da cui si può attingere in modo indefinito e senza condizioni.
Questo impegno è oggi di grande importanza, ma vale fino a che rimane in carica l’attuale governo.
Molto più importante è l’obiettivo di dare vita a un parlamento e a un governo che, per la prossima legislatura, possano giocare un’attiva collaborazione con gli altri grandi paesi europei e con gli organismi dell’UE.
Un obiettivo non facile da raggiungere, data la forte presenza di partiti che hanno solitamente assunto una politica ostile all’Unione Europea e di sistematico appoggio alle posizioni nazionaliste e populiste. Per questo motivo è necessario che i partiti di sicuro radicamento europeo si limitino (come ha proposto Giorgio La Malfa) a presentarsi separati solo al proporzionale e si presentino invece uniti nei collegi uninominali.
I candidati in questi collegi dovranno naturalmente essere fortemente rappresentativi, profondamente radicati nel territorio e dovranno sottoscrivere un programma comune sui grandi problemi di politica estera e di impegno europeo.
Non è certo un obiettivo facile da raggiungere, soprattutto nel brevissimo periodo di tempo che ci separa dalla presentazione delle candidature, ma questo passo appare assolutamente necessario perché l’Italia possa avere un ruolo nella futura politica europea, dalla quale gli eventi di questi giorni ci hanno pericolosamente allontanati.