Verrà il tempo in cui ci rimetteremo a camminare insieme, ma ora l’obbligo è quello di reagire
Unione sempre più debole e divisa. Ora l’obbligo è quello di reagire
Articolo di Romano Prodi su La Stampa del 23 marzo 2017
L’Europa è senza dubbio il laboratorio che ha prodotto i più grandi e concreti progressi politici: in quest’ormai lungo dopoguerra ha costruito pace, prosperità e sviluppo. Dare tutto ciò come scontato e garantito anche per il futuro è un errore. La storia ce lo insegna. Ben vengano quindi le celebrazioni dei Trattati di Roma se ci servono a ricordare che queste conquiste si difendono soprattutto con la volontà di far progredire un progetto futuro di un’Europa unita e forte.
Un progetto che, dalla bocciatura francese e olandese del referendum costituzionale nel 2005, si è interrotto e, con esso, si è interrotto il processo di creazione di una federazione fra Stati uguali. L’entusiasmo genuino e popolare che aveva accompagnato ogni traguardo raggiunto, si è spento e si è trasformato in diffidenza e paura. La solidarietà che era il fondamento della casa comune europea, che ci ha consentito di vivere in pace per tre generazioni, che ha fatto dell’Europa la «casa delle minoranze», oggi arretra e abdica di fronte agli egoismi nazionali e alla paura che mina le fondamenta stesse della nostra Unione.
Forti e isolati
Siamo sempre più deboli e divisi: di fronte all’arretramento francese, alla recente uscita della Gran Bretagna, l’unica nazione alla quale tutti fanno oggi riferimento è la Germania. Forte per le sue virtù e per i suoi meriti, la Germania sta tuttavia esercitando la sua leadership senza quello sforzo di condivisione con gli altri Paesi membri che è necessario perché la leadership sia accettata in modo coesivo.
Si pensi alle tensioni che si sono accumulate intorno al problema greco per il fatto che esso è stato affrontato non in un dialogo tra Bruxelles e Atene ma, sostanzialmente, tra Berlino e Atene.
In conseguenza di questa nazionalizzazione dell’Unione, la Commissione Europea ha perduto progressivamente di potere. Ne è prova il fatto che, nel recente Libro bianco che prepara l’incontro di Roma, il presidente Juncker avanza ben 5 proposte di possibili scenari futuri ma non ne sceglie nemmeno una, manifestando così la grande difficoltà politica nella quale oggi si trova la Commissione.
La sfida da oltreoceano
Allo sfregio della Brexit, ai nazionalismi che corrodono l’idea stessa di Unione, al dilagare dei populismi che sanno solo distruggere, si aggiunge ora la sfida che Trump lancia da oltre oceano.
Il Presidente americano rassicura la Cina riconoscendola come «una sola realtà politica», mentre sul fronte europeo plaude alla Brexit, auspica nuovi abbandoni, ridicolizza la nostra Unione definendola una gabbia che rinchiude i Paesi membri e accusa la Germania di abusare del proprio ruolo. Abbiamo bisogno di altre umiliazioni, di essere emarginati ancora di più per reagire? Eppure sappiamo tutti che nessuna nazione da sola, non la grande Germania, non la Francia, non l’Italia o la Spagna, potrà tenere il passo che gli Stati Uniti e la Cina stanno imprimendo al mondo in tutti i campi, da quello militare a quello economico fino a quello scientifico e tecnologico.
Credo che queste celebrazioni coincidano con un punto molto basso della storia dell’Europa ma resto convinto che gli avvenimenti indicati in precedenza ci offrano nuovi stimoli e quasi l’obbligo di reagire. Gli avvenimenti recenti ci mostrano con ancora maggiore evidenza che l’Europa è l’unica nostra possibilità di sopravvivenza. L’Europa a due velocità, che da anni sostengo, corrisponde ad una prima necessaria reazione e ci offre la possibilità di rimettere in moto energie e volontà: ci saranno Paesi pronti a mettere in comune la difesa o uno spazio unico di sicurezza, le politiche energetiche o l’Europa sociale.
L’obiettivo necessario
Ciò che deve restare essenziale è l’obiettivo di una integrazione sempre più forte. Non Paesi di serie A e Paesi di serie B e nessun divieto ai Paesi di aderire, quando si sentiranno pronti per farlo, ai progetti comuni.
Certo non è l’Europa che avevo sognato, ma questa soluzione corrisponde ad una possibilità concreta per il futuro della nostra Unione, anche perché sono convinto che in Francia e in Germania, così come accaduto in Olanda, prevarranno i partiti europeisti.
Accingiamoci quindi a celebrare senza riserve e senza reticenze le conquiste del passato, riflettiamo a fondo sulle difficoltà presenti e cerchiamo di ripartire, anche se non tutti alla stessa velocità. Verrà poi il tempo in cui ci rimetteremo a camminare tutti insieme: da soli siamo destinati a scomparire.