Larghe alleanze: con L’Ulivo comincia la riscossa
Il Professore commenta il risultato elettorale: «L’Ulivo? Dove il centrosinistra è unito, vince».
Prodi: “Alleanza larga, così comincia la riscossa”
«Le primarie funzionano, Milano è la prova. La smodatezza di Berlusconi ci ha dato una mano».
Nessuna previsione sul futuro della legislatura «ma non sarò io a guidare una nuova coalizione»
Intervista di Nando Santonastaso a Romano Prodi su Il Mattino del 18 maggio 2011
Il Professore è sereno, soddisfatto. Lo si intuisce anche al telefonino, rimasto accesso giusto il tempo dell’intervista, in aeroporto, mentre è in procinto di partire per la Cina. Il dopo-voto all’insegna del ragionamento, com’è sua abitudine. Romano Prodi sta ai fatti e i fatti dicono che il centrosinistra allargato e unito è una certezza alla prova delle urne.
Professore, dietro il successo dei candidati del centrosinistra a Torino e Bologna e all’exploit di Pisapia a Milano si legge il marchio del suo Ulivo. È così?
«I dati elettorali dimostrano semplicemente che con l’Ulivo si vince. Dove il centrosinistra è unito, il risultato è sempre lo stesso».
Ma non hanno prevalso, in realtà, gli estremi? Milano e Napoli sembrano confermare quest’analisi.
«Non è vero, non vincono gli estremi. Il centrosinistra vince quando il Partito democratico allarga l’alleanza. Guardi cos’è accaduto non solo a Milano ma anche a Torino e a Bologna. ll dato è omogeneo».
A parte Napoli, però, dove la spaccatura nel centrosinistra ha fatto naufragare il candidato del Pd. Come se lo spiega?
«Per me Napoli è un’incognita. Ci sono stati evidentemente problemi precedenti al voto che hanno modificato la situazione. E questo ha influito sul voto».
Si riferisce all’annullamento delle primarie?
«Non ho elementi sufficienti per poter esprimere un giudizio. E poi da Napoli ho già avuto abbastanza problemi. Mi riferisco alla prima emergenza dell’immondizia sulla quale sono stato massacrato anche se mi pare che oggi ce ne sia più di allora».
II voto di Milano in particolare può compromettere la stabilità della maggioranza e accelerare la fine della legislatura?
«Non è nei mie interessi occuparmi del governo, non è nei miei orizzonti: io ho dato volentieri una mano alla campagna elettorale del Partito democratico perché mi sembrava e mi sembra giusto e oggi sono contento dei risultati. Le confermo che ovunque c’è stata una seria consultazione per le primarie e ovunque queste primarie sono state seguite da un lavoro comune, si è vinto o si è fatto progresso».
Di sicuro il Pd sembra aver rafforzato l’ambizione di poter rilanciare la sfida alla maggioranza.
«È troppo presto per capire cosa accadrà e per fare una previsione precisa. Non so se ambizione è la parola giusta, sicuramente il risultato elettorale incoraggia il centrosinistra facendogli veramente capire che uniti si può vincere».
Pisapia a un passo dal successo a Milano: a chi chiederà i voti che gli mancano per battere la Moratti anche al secondo turno?
«Io sono fiducioso. C’è ancora una certa distanza per il ballottaggio ma basta che il 48 per cento che gli ha dato il sostegno al primo turno continui a votarlo e che appena un 2% si aggiunga ad esso per completare il risultato».
Sente questo traguardo un po’ anche suo?
«Mi sento ripagato, certo. E constato che questa evoluzione positiva è avvenuta molto più in fretta di quanto potessi immaginare. Avevo previsto tempi più lenti e invece prendo atto con piacere che il cambiamento è stato più forte e veloce».
Perché quest’accelerazione? Da dove o da chi è partita?
«Il processo è stato affrettato dalle esagerazioni di Berlusconi, dalla smodatezza del premier».
Si riferisce ai toni della campagna elettorale, al caso Lassini, al decreto anti-demolizioni?
«A tutto. La smodatezza è un costume, non è un episodio».
Ha telefonato a Bersani dopo il risultato dei Comuni maggiori?
«Sono stato con lui venerdì sera sul palco di piazza Maggiore a Bologna. Sa, è sempre un bello spettacolo vedere quella piazza brulicante di gente. Con Bersani ci si sente sempre. C’è un’amicizia vera tra di noi, non solo un rapporto di comunanza politica. Non ha bisogno dei miei consigli».
Ma per riportare il centrosinistra al successo cosa veramente occorre?
«Io sono riuscito a battere Berlusconi due volte, credo semplicemente che qualcun altro lo farà. Posso solo sperare che lo faccia presto. Ma non so quando. Del resto, mi scusi, ma il problema non è fare questi discorsi ma fare programmi e squadre. Perché con buoni programmi e con una buona squadra si vince».
Vuol dire che occorre anche un leader come Romano Prodi: della serie, non c’è due senza tre…
«Quel leader non sarò certamente io. E ora, mi perdoni, l’intervista è finita».