Dall’Ucraina alla Grecia, dalla Libia agli sbarchi, occorre più Europa
Intervista di Marco Ballico a Romano Prodi su Il Mattino del 13 febbraio 2015
Il suo prossimo incarico sarà ai vertici dell’Onu? «No no, direttamente Papa». Qualche colpo di tosse, i postumi di un’influenza, ma Romano Prodi conserva lo spirito. Gli serve soprattutto quando lo si sollecita sull’Italia. «Il ruolo del nostro paese nello scacchiere europeo? Esistere». Diventa serissimo invece, il Professore, quando si parla dell’Ue: «Assente su tutto». Dalla crisi ucraina ai guai della Grecia, dalla Libia al tema più generale dei flussi migratori, l’ex presidente della Commissione, ieri al centro Balducci di Zugliano a un convegno su fedi religiose e politica, sottolinea la debolezza dell’Europa.
L’ambasciata italiana a Tripoli ha rinnovato in queste ore l’invito a lasciare il territorio per l’avanzata jihadista. Che ne pensa?
La situazione è precipitata, ma quel paese da anni non è più governato. Il fatto che sia la concentrazione delle partenze clandestine è la conferma di come risulti diviso non solo nelle regioni tradizionali Tripolitania, Fezzan e Cirenaica, ma in varie altre tribù, oltre al governo di Tobruk. Questa è la Libia.
Se l’aspettava?
Non poteva esserci diversa conseguenza di una guerra sciagurata voluta sconsideratamente dalla Francia e che l’Italia ha seguito in modo folle e incomprensibile. Non avevo mai visto un paese che paga una guerra fatta contro di lui.
Il problema dell’immigrazione rischia di essere ulteriormente amplificato?
Più amplificato di così… Quando per l’Onu fui inviato delle Nazioni Unite nell’Africa subsahariana il presidente del Niger mi anticipò che la sua popolazione sarebbe raddoppiata in meno di vent’anni. Tutto questo in un paese con un’età mediana di 18 anni. Tutto previsto. E oggi non sono nemmeno possibili accordi che, in passato, hanno quantomeno ordinato il fenomeno.
Che cosa si può fare?
Far sì che ci siano meno morti possibile.
Qualcuno ha proposto la sospensione del trattato di Schengen. Può essere una soluzione?
Schengen riguarda la circolazione interna all’Unione. Quello che serve è una politica dell’immigrazione europea attiva, a partire dagli accordi con i governi di provenienza, da un aiuto allo sviluppo, da intese sull’entrata primitiva e sulla redistribuzione tra i diversi paesi.
L’Europa manca su questo fronte?
L’Europa manca su tutti i fronti in questo periodo storico. Speriamo almeno che si trovi l’accordo sulla Grecia. E’ successo altre volte che l’Europa si salvasse dall’abisso all’ultimo minuto.
Va rinegoziato il debito greco?
Certamente, ma bisogna vedere come. Ben sapendo che la Grecia non sarà mai in grado di ripagarlo.
La Ue che tratta con Putin?
Quella non è Europa, quella è la Germania.
E Hollande?
E’ la Germania che dà un po’ di pluralismo alla situazione, ma fa tutto da sola. A confermare che l’Europa manca. Pure formalmente data l’assenza del suo rappresentante al tavolo. Anche un po’ buffo che noi chiamiamo Europa quella che è Germania più Francia. Interessante poi che non ci fossero gli Stati Uniti al tavolo.
Come lo interpreta?
Un paese europeo si assume direttamente la responsabilità politica sul caso Ucraina. Fatto nuovo perché la Germania non aveva mai voluto in precedenza la responsabilità conseguente alla leadership.
Se c’è stato, si è minimizzato il ruolo di Federica Mogherini, Alto rappresentante per la politica estera Ue?
Fa parte della crisi europea.
Come distribuisce le responsabilità della vicenda ucraina tra Stati Uniti e Putin?
L’invasione della Crimea è un fatto molto serio e molto grave. Ma c’era un impegno quando cadde l’Unione Sovietica di non portare la Nato verso quei confini. L’atto finale del mio governo, nel 2008 alla riunione di Bucarest, vide l’Italia, assieme a Germania e Francia, votare contro la proposta di Bush di inserire Ucraina e Georgia nella Nato. Negli ultimi tempi l’Europa ha invece solo subito la politica americana, salvo in questi ultimissimi momenti di rinascita di una politica tedesca.
La via delle sanzioni contro Mosca?
Registro che non colpiscono gli Stati Uniti. Siamo andati a traino di una politica che non era né nel nostro interesse né in quello della pace.
L’accordo di Minsk per il cessate il fuoco?
Bene. Ma speriamo venga applicato.
Lei ha agito con successo per l’allargamento della Ue. Come legge la situazione attuale per una ex terra di confine come il Friuli Venezia Giulia?
La mia ultima iniziativa politica forte fu sulla Slovenia. Mi pare che non abbia dato frutti cattivi. Questa è la Ue che volevo, una Ue che non avesse il filo spinato alla stazione di Gorizia. Il fatto che oggi sia attraversata da flussi migratori non è un problema regionale, nemmeno italiano. E’ un problema mondiale. La parte che ha fame, vuole emigrare e ha le informazioni per farlo è enorme. Non la potremo mai assorbire tutta, ma una politica unitaria riuscirebbe almeno a gestirla. Dopo di che ci sono i casi di guerra e il problema si complica ancora di più.
Come si combatte il terrorismo?
Tutte le grandi potenze ne sono terrorizzate. E’ un’opportunità per convincerle a uno sforzo comune, iniziando da un’azione sui paesi satelliti amici. Non è facile, tanto più che ci sono almeno altri due posti al mondo pronti per diventare Isis. Una è la zona subsahariana, per effetto della tragedia libica. Si parla di milioni di Kalashnikov portati via dall’arsenale di Gheddafi. L’altra è il Sinai, luogo solo un po’ meno rischioso al momento.