Grazie a Ciampi abbiamo salvato l’Italia

Il ricordo di Prodi “Così ci ha salvato cercando sempre l’ unità nazionale”

Intervista di Marco Ruffolo a Romano Prodi su La Repubblica del 17 settembre 2016

ROMA. «L’ unica volta che ho litigato con lui, o sarebbe meglio dire che ci siamo trovati su sponde opposte, è stato quando proposi di consentire il ritorno dei Savoia in Italia.

Lui , che era il ministro del Tesoro nel governo da me presieduto, reagì in modo furibondo e del tutto inatteso durante un consiglio dei ministri. Disse più o meno così: “Il presidente Prodi non era come me in Albania, non sa come eravamo trattati noi soldati italiani, come eravamo mandati a morire dai Savoia, dai loro atti vili e vergognosi“. Rimanemmo su posizioni opposte. Ma quello fu veramente l’ unico episodio. Per il resto io e lui abbiamo combattuto insieme tutte le battaglie, a cominciare dalla sfida dell’ euro».

Presidente Prodi, lei e Ciampi siete stati i traghettatori dell’ Italia nella moneta unica. Avete condiviso quel momento cruciale e in particolare due episodi: quando nel settembre ’96 lei decise insieme a lui di comunicare a Francia e Germania l’ intenzione dell’ Italia di entrare subito nell’ euro senza aspettare un anno; e quando in una notte del marzo ’98 Ciampi stesso respinse l’ ultimo colpo di coda tedesco e olandese contro il nostro ingresso. Cosa ricorda di quei due episodi? Quando avete capito che la partita si poteva vincere?

«Di quelle lettere a Chirac e Kohl ricordo tutto, anche i punti e le virgole. Io e Ciampi capimmo che avremmo potuto farcela (e tutti nel governo erano d’ accordo con noi) quando durante una conferenza stampa con Chirac, un giornalista gli domandò se era vero che la Francia sarebbe entrata e l’ Italia no. Il presidente francese rispose: “Mon cher ami, il n’ y a pas d’ Europe sans Italie”. Poi lentamente anche Germania e Olanda cedettero. Ma ricordo ancora lo spiacevole commento del ministro olandese: “Quello che non hanno fatto i governi lo faranno i mercati”».

Di fronte allo scetticismo che oggi circonda l’ euro e l’ Europa, ci dice in poche battute cosa sarebbe accaduto all’ Italia se non fosse entrata nell’ euro?

«Sarebbe stata completamente emarginata dal nucleo direttivo dell’ Europa, sarebbe stata umiliata politicamente e ridotta economicamente ad un livello semi-africano. Non avremmo più potuto continuare con le svalutazioni della moneta. Saremmo finiti molto male».

Prima ancora dell’ euro, nel ’93 Ciampi fu chiamato come premier in uno dei momenti più drammatici dell’ Italia, sconvolta da Tangentopoli, insanguinata dalla mafia e con un’ economia sull’ orlo della bancarotta. Quale fu il ruolo di Ciampi di fronte a quella triplice emergenza?

«Fu quello di rassicurare il Paese, di farlo uscire dall’ emergenza, e solo un uomo autorevole e capace come lui poteva farlo ».

Qualcuno parla di retorica nell’ appello di Ciampi, da capo dello Stato, a riscoprire l’ identità nazionale, a ritrovarsi nei simboli dell’ inno e della bandiera…

«Chiamiamola come ci pare, ma se quell’ appello fosse stato accolto dalle forze politiche, ora l’ Italia non si ritroverebbe così lacerata. Il suo fu un grande sforzo unitario, esteso anche al rapporto tra cattolici e laici».

Immagini di stare ancora al governo con Carlo Azeglio Ciampi. Quali sarebbero le prime battaglie da fare insieme? Le prime misure che prendereste?

«Sono sicuro che faremmo ogni sforzo per aumentare la produttività, che purtroppo continua a calare, e lo faremmo seguendo una politica keynesiana con investimenti pubblici e privati ».

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
settembre 17, 2016
Interviste