Impossibile un intervento militare in Libia, serve un governo stabile che chieda l’aiuto internazionale

Libia: Prodi, no intervento militare; governo con base ampia

Intervista di Barbara Tedaldi a Romano Prodi per AGI del 10 febbraio 2016

Il governo libico, se nascera, sara una soluzione parziale e temporanea. Romano Prodi, in un colloquio con l’AGI, torna a escludere l’intervento di terra come opzione per combattere l’Isis in Libia e pacificare un Paese in guerra civile.

“Ho fatto gia piu volte presente le difficolta enormi che ci sono per questo governo, guidato da Fayez el-Sarraj, proprio perche la sua autorita sul territorio è molto parziale. Si devono fare i conti con tutta una serie di forze che, se non si siederanno intorno al tavolo, renderanno difficile una soluzione definitiva.

Tutti gli osservatori piu attenti sperano in un accordo di governo, perche una tregua e oggi indispensabile, ma nell’analisi profonda sono altrettanto concordi nel dire che sarebbe una soluzione temporanea e parziale. Molto meglio di una guerra aperta, ma l’accordo ha un’efficacia parziale ed e ancora difficile”.

Qualcuno ipotizza un ruolo dell’Italia simile a quello ricoperto guidando Unifil in Libano, ma Prodi, che fu ideatore di quell’operazione, mette in guardia dai confronti: “allora ci fu un accordo internazionale, siamo stati richiesti, siamo stati graditi e siamo stati bravi. Ma soprattutto c’era un vuoto che ci hanno chiesto di riempire.

In Libia c’e troppo pieno: Unifil puo essere difficilmente ripetuta. Se ripetessimo quel modello in Libia, si aprirebbe subito un conflitto, verremmo considerati come nemici cronici. Insomma, e un’azione che non e realistica”. Questa analisi vale ovviamente al momento, se invece si desse vita a un governo stabile e tale governo chiedesse l’aiuto di una forza internazionale, il quadro cambierebbe: “Quando si aprono nuove prospettive si valutano. Una volta che ci saranno questi passaggi si riflettera”.

Ma per Prodi l’importante e valutare il quadro nel suo insieme e tale quadro comprende non solo la Libia, ma anche la Siria e l’Ucraina. Crisi, quest’ultima, dimenticata da alcuni ma che cova sempre come il fuoco sotto la cenere.

Il focolaio piu drammatico e la Siria, ma l’inizio dell’ultima ondata di tensione e partita da Siria e Ucraina simultaneamente. Abbiamo quindi tre punti di tensione specifici: e difficile affrontarli in modo separato l’uno dall’altro perche nella crisi siriana e ucraina sono coinvolte tutte le grandi potenze, cominciando dalla Russia.

In Libia non c’e la Russia come attore, se non indirettamente, ma essa e legata alla crisi siriana dal fenomeno terroristico che, come caratteristica piu recente, esercita un crescente proselitismo e tende ad unificarsi con le tensioni presenti anche nel Sahel”.

Per l’ex premier “e assai probabile che il rapporto sistemico del terrorismo si congiunga anche con Boko Haram. Il nuovo governo nigeriano costituisce ancora una speranza ma la difficiolta della sua costituzione finora non ha dato i risultati che si speravano.

E Boko Haram e ancora molto attivo. Si tratta insomma di una complicata rete di problemi internazionali che ci tocca direttamente”. “Tra l’altro- ribadisce Prodi – un intervento armato serio, quello con gli scarponi sul terreno, non sarebbe possibile perche esigerebbe la presenza di 200.000 uomini solo in Libia. Lasciamo stare le cose impossibili, per favore”.

L’ex premier fa notare che la storia insegna “come i bombardamenti abbiano una influenza solo parziale: provocano sofferenza indicibili senza risultati definitivi nella soluzione dei conflitti. Inoltre da quando esistono i kalasnikov, un’arma potentissima che si conta in milioni di pezzi, il potere dei ribelli di ogni tipo si e enormemente ingrandito”.

Dunque l’unica strada da percorrere e “Nessun problema si risolve se non c’e un accordo tra le grandi potenze. Se vogliono vincere il terrorismo, Russia e Usa devono devono agire all’unisono e, se necessario, piaccia o non piaccia, utilizzare l’unico esercito possibile che e quello di Assad”.

L’esempio e di questi giorni: “i bombardamenti non eliminano l’Isis e fanno scappare dalla Siria altre centinaia di migliaia di persone. La vera ‘bomba nucleare’ l’ha in mano la Turchia che puo espellere dal paese due milioni di profughi. Qualcuno dice che sarebbe un ricatto ma la ragione ci deve spingere ad aiutare la Turchia nel gestire milioni di profughi”.

La crisi del Mediterraneo, poi, si allarga a tutto il Sahel e investe un continente come l’Africa che era considerato in grande sviluppo fino a due anni fa.

“L’Africa – ricostruisce Prodi – ha avuto dieci anni di buon sviluppo globale, ma stiamo attenti a qualificarlo storicamente: due anni fa la percentuale di PIL africano nel mondo era la stessa del 1980. Negli ultimi due anni si rivedono diversità nel continente. Il Sudafrica ha delle grosse difficolta, il Sahel e il Maghreb si bloccano per una terribile situazione di sicurezza che paralizza anche il turismo.

Molti paesi africani soffrono per la crisi di tutte le materie prime e del petrolio, anche come effetto della minore domanda cinese. Qualche paese continua lo sviluppo. Uno di questi e l’Etiopia che ha cominciato una piccola rivoluzione industriale, si sta costruendo un mercato interno e una struttura produttiva elementare che lo soddisfa”.

Anche la Cina ha frenato la sua corsa ma ha deciso di reagire con un progetto di forte impatto come la Nuova via della seta. “E’ la nuova politica estera cinese – spiega Prodi -interessante, politicamente coinvolgente e con una forte dimensione economica. Nell’immaginario popolare e la ricostruzione dell’antica via tra Cina ed Europa. In realta le conseguenze piu immediate si avranno con i paesi confinanti”.

Per Prodi la scelta dell’Italia di aderire alla banca asiatica di investimento infrastrutturale e stata “saggia”. “Ma sono rimasto colpito dal fatto che abbia aderito la Gran Bretagna, in contrasto con gli Usa. Si tratta del primo contrasto su un capitolo strategico tra i due Paesi.

La spiegazione e che la City voglia diventare il mercato privilegiato della valuta cinese. Chi conquistera questo mercato manterra la leadership della finanza mondiale”.

Dunque aderire, come hanno fatto immediatamente anche Francia e Germania e stato giusto, “non c’era scelta, ma ora dobbiamo metterla a frutto”. Per questo Prodi sta organizzando un incontro a Venezia con l’universita di Nankai per riportare l’Italia tra i terminali privilegiati della Nuova via della seta.

“Intanto i cinesi si sono comprati il Pireo perche né a Taranto né a Gioia Tauro abbiamo fatto quel che dovevamo fare”. Ma intanto l’Europa alza barriere per contenere l’offensiva commerciale della Cina che spesso si agevola di condizioni concorrenziali impossibili per gli standard europei.

Un esempio e la crisi dell’acciaio, che vede però sullo sfondo la decisione, per ora rinviata, di riconoscimento alla Cina di status di economia di mercato. La Ue e divisa, poiché i paesi hanno interessi diversi. “I nostri vanno difesi – afferma l’ex presidente della Commissione Ue – ma l’idea di chiudere i rapporti con la Cina e folle, la Cina e il piu grande protagonista attuale, se non commercia con noi commercia con altri.

Tuttavia riguardo allo status di economia di mercato dobbiamo ricordare che le regole sono regole e la Cina puo avere diritto ad ottenere questo riconoscimento solo se le rispetta”.

Infine un accenno alla proposta franco-tedesca di un ministro delle Finanze unico europeo. “Qualunque proposta di un ministro unico europeo non puo che vedermi favorevole, ma devo conoscerne le condizioni. – assicura Prodi – E’ ovvio che non possiamo ridurci ad avere un gabinetto europeo se questo viene poi monopolizzato da un solo paese”.

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
febbraio 10, 2016
Interviste