Italia, Francia e Spagna impongano un’alternativa credibile contro l’austerità
Prodi: “Ora bisogna cercare l’intesa contro l’austerità”
Intervista di Alessandro Barbera su La Stampa del 14 febbraio 2014
Con l’aria emozionata e l’abito blu delle occasioni speciali, Romano Prodi attende in uno degli uffici più invidiati del mondo. Su Piazza Farnese sta scendendo il tramonto, il primo senza pioggia da settimane. Il destino vuole che il giorno della Gran Croce della Legion d’Onore, il più alto riconoscimento della République, sia lo stesso in cui il suo partito archivia il governo Letta e spalanca le porte a Matteo Renzi. Non ha nessuna voglia di parlarne, ma gli è chiarissimo che i giochi sono fatti.
Presidente Prodi, non sarebbe stata più corretta una crisi parlamentare piuttosto che consumare la rottura dentro la direzione?
“Faccio gli auguri all’Italia perchè ne ha bisogno”.
E’ dispiaciuto per il suo ex ministro e sottosegretario a Palazzo Chigi?
“Non mi faccia esprimere giudizi, fino a prova contraria sono un pensionato”.
Allora guardiamo oltre. Il primo luglio inizia il semestre europeo a guida italiana, e a Palazzo Chigi ci sarà Renzi. Sarà di fatto l’uomo politico più influente d’Europa, visto che per allora sarà difficile che sia già insediata la nuova Commissione europea. Cosa farebbe se si trovasse nei panni del nuovo premier?
“Senza l’Europa, da soli, non ce la possiamo fare. E quindi occorre fare di tutto per invertire subito la rotta, perchè l’Europa si sta trascinando verso una pericolosa deriva. Il mondo è inondato di liquidità. Gli Stati Uniti sono usciti dalla crisi, qui la crescita è pari a zero e l’inflazione è ferma”.
E come la si inverte la rotta?
“L’Italia si deve fare promotrice di una iniziativa con Francia e Spagna a favore della crescita. Con loro condividiamo storia e cultura. Per rimettere in piedi la gracile identità europea non vedo strade diverse”.
Perchè gracile?
“Manca progettualità, la capacità di ragionare con un cuore europeo prima che con la testa. Chi potrebbe esercitare la leadership non lo fa, oppure lo fa in modo riluttante e discontinuo”.
Lei è convinto davvero che il problema sia un eccesso di austerità imposto dai tedeschi?
“Esiste una cosa che si chiama ciclo economico. E chiunque abbia studiato l’economia ha appreso da Keynes che in assenza di inflazione occorrono anzitutto politiche espansive“.
Si riferisce a quelle delle banche centrali? O anche alle politiche economiche?
“Entrambi. La Federal Reserve ha fatto un lavoro enorme, ma lo ha fatto in condizioni di operatività molto diverse da quelle della Bce“.
Parlare di politiche economiche espansive con il debito pubblico che abbiamo sulle spalle ai tedeschi sembrerà una provocazione.
“L’Italia non è nelle condizioni di bilancio per fare politiche spansive, altri sì”.
Sta parlando della Germania?
“Bisogna convincere la Merkel, certo, ma è un problema di tutta l’Europa. Il sostegno alla crescita deve essere uno sforzo comune. Per agire europei, bisogna pensarsi europei”.
La Merkel ha fatto capire di essere disposta a politiche più solidali, ad una maggiore integrazione, ma in cambio vuole impegni precisi sul fronte delle riforme da parte di chi non le ha ancora fatte, come noi. Così ha lanciato l’idea degli accordi contrattuali, ma Paesi come la Spagna hanno chiesto di non renderli vincolanti. Non è così?
“Non c’è dubbio che i Paesi più in difficoltà debbano fare la loro parte, ma senza uno sforzo di maggiore solidarità non ci sono speranze di futuro”.
Detta così è semplice. Intanto in giro per l’Europa crescono i partiti populisti antieuro.
“Certo che è difficile. Ma la politica non può ridursi all’ordinaria amministrazione. Realizzare una identità europea è la cosa più difficile che ci sia, ma che cosa può esserci di più importante oggi? Italia, Francia e Spagna devono proporre e imporre un’alternativa credibile ad una politica che emargina le giovani generazioni per le quali abbiamo costruito tutto questo”.