Lega e 5S: tante promesse elettorali, ma tra meno di un anno i nodi verranno al pettine
Romano Prodi. Nel 2019 nodi al pettine. Migranti vedo troppa cattiveria
Intervista di Arturo Celletti a Romano Prodi su Avvenire del 21 dicembre 2018
«Mercoledì sera tornando a casa con mia moglie ci siamo messi a seguire la raccolta differenziata dei rifiuti nelle vie di Bologna. Ho parlato con otto di questi addetti e non c’era un italiano. Neanche uno». Romano Prodi sorride amaro e fissa il primo interrogativo. «La gente pensa mai a chi porta via il suo pattume? Se non si riflette su questo, se non ci si interroga, vuol dire che la propaganda sta funzionando bene… C’è una schizofrenia totale. Una mancanza di lucidità. E, invece, bisognerebbe davvero riflettere sulle parole del Papa nel messaggio per la Giornata della pace. Bisognerebbe davvero costruire un processo formativo. Ognuno dovrebbe fare il suo giro per vedere chi pulisce gli ospedali o chi munge le mucche. Non c’è più un italiano. Nessuno dei nostri ragazzi vuole alzarsi alle 4 di mattina. E poi le mucche si mungono anche a Natale…». L’ex presidente della Commissione Ue riflette a voce alta sul mondo. E sulle sue contraddizioni. Lo fa ragionando sui nodi più attuali. Le sfide economiche. L’Europa e l’Italia. Le miopie delle forze politiche. E lo fa partendo dal nodo migranti. «Ripeto: troppa propaganda. Tutto sembra ruotare attorno a una facile ricerca di consenso. Pensi alla scelta del-l’Italia sul Global compact, a un governo che sceglie di astenersi persino su una semplice dichiarazione di principio… Dovevamo mettere una firma sotto un richiamo etico, dovevamo sottoscrivere un generico ‘cerchiamo di essere buoni’ e invece abbiamo preferito astenerci. Lo sa cosa vuol dire? Gli interessi elettorali hanno vinto sulla solidarietà. Io direi sull’anima. La metto in linguaggio popolare, ma queste cose vanno dette così. Va raccontata così la società di oggi. Rifletto spesso su quello che succede: l’aggregazione del consenso non è sui rimedi, è sulla paura».
Che fare?
Durissimi contro l’illegalità: è una premessa inutile, scontata. La sfida è invece mettere in moto un discorso serio su come costruire una comunità. Su quali passi compiere. Ripartiamo usando la parola antica dell’accoglienza. Poi trattiamo i migranti come persone. Come esseri umani. Bisogna declinare parole come scuola, lingua, sport, vita di gruppo. E bisogna rovesciare il problema da passivo ad attivo. Bisogna passare da ‘cacciamoli via’ a ‘ne abbiamo bisogno‘.
Il decreto sicurezza va però nella direzione opposta.
Quando si mette nero su bianco che i migranti non possono lavorare nei giardini pubblici o pulire le strade, vuol dire che si è messa tanta cattiveria inutile. E pensare che tutti dicevano ‘perché tenerli qui senza farli lavorare a servizio delle città…’. C’è tanta strumentalizzazione. Si dice ‘aiutiamoli a casa loro’ e poi, quando si tratta di dare soldi, i portafogli si chiudono. Inutili cattiverie pensate solo per scopi elettorali. Solo per far passare l’immagine della durezza. E purtroppo il risultato c’è; purtroppo la propaganda funziona.
Cosa ha pensato vedendo quello che è successo a Riace?
Non ho abbastanza conoscenza diretta, ma dall’esterno mi pare che si voglia colpire la sperimentazione positiva. La legge va sempre fatta rispettare. I controlli sono sempre giusti perché il male si insinua ovunque. Bene verificare l’operato di tutti. Anche delle Ong e delle cooperative. Ma guai se l’obiettivo è rendere le regole più difficili da rispettare. Guai se, invece di fare il controllo, si prova a rendere la vita impossibile a organizzazioni e strutture e a chi vive all’interno di queste. Qua ogni norma invece tende a questo: stringiamogli il collo e vediamo se respirano.
Romano Prodi parla delle grandi sfide del mondo con un linguaggio semplice. Usa immagini. E lega le grandi questioni: l’immigrazione, l’economia, i grandi conflitti e la ‘guerra a pezzi’. Ancora una volta il ragionamento dell’ex premier si lega al messaggio del Papa. «… Le guerre come frutto dell’immoralità pubblica. Dei comportamenti dei politici e dei cittadini ». Prodi riprende a ragionare quasi chiedendo al mondo una svolta: «La globalizzazione, che è di per sé una cosa buona, non regolata ha lasciato indifese tante persone. E troppi governi non hanno avuto la capacità di comprendere e di reagire. Gli esclusi sono sempre di più e le troppe ingiustizie portano grandi esasperazioni e grandi tensioni». Sfidiamo Prodi: come se ne esce? «Magari con una più equa redistribuzione del reddito. Ma non è facile in un momento storico dove parlare di tasse significa perdere le elezioni…». L’attualità torna a prendersi la scena. E il tema diventa la manovra economica e il braccio di ferro tra Italia e Europa.
Professore, è finita come doveva finire?
È così. Questa partita doveva durare un minuto perché tutti sapevano che il compromesso era attorno al 2%. L’avevano detto tutti subito. A cominciare dal ministro Tria. Poi, per giochi politici, si è fatta una battaglia che ha fatto fuggire all’estero decine di miliardi e che ha fatto perdere al bilancio pubblico due miliardi e mezzo. Un disastro. Pensi ai numeri. La ricchezza del Paese per effetto della riduzione delle quotazioni dei titoli è diminuita di 70 miliardi. E poi dove sono gli incentivi all’occupazione, all’investimento? E perché si è deciso di aumentare le imposte al non profit?
Perché?
Perché per ridurre l’età pensionabile in una società in cui l’età media aumenta, le risorse si devono trovare. E perché si vogliono dare 800 euro (ma alla fine saranno molti meno) senza tener conto delle diverse necessità e dei diversi obiettivi delle persone. C’è un interesse politico preciso che per ora ha dato grandi risultati elettorali, ma tra meno di un anno i nodi verranno al pettine. L’anno prossimo l’Italia crescerà solo dello 0,5%, nettamente al di sotto. Spero proprio di avere torto, ma devo usare razionalmente i dati. E allora mi chiedo: ‘come si va avanti se i leader pensano solo alle elezioni di domani?’ Oggi si evita un lavoro lungo, duraturo, costante. Oggi il cacciavite non lo vuole usare nessuno, usano il martello. Ma la politica si fa con lima e cacciavite, non con il martello.
Non crede che l’Italia abbia deciso di puntare su Lega e M5s perché negli ultimi 25 anni la politica ha fatto errori gravi?
Negli ultimi 25 anni ci sono stato anche io e va detto che in due soli governi il rapporto tra debito e Pil è calato fortemente: il primo e il secondo governo Prodi. Io ho lasciato l’Italia a un rapporto debito/Pil che è quello che oggi ha la Francia: attorno al 100. Noi, oggi, siamo al 131. E se avessimo avuto quel rapporto nessuno ci veniva a mettere in croce. L’Italia, insomma, ha responsabilità. Perché dobbiamo essere sempre gli ultimi della classe? Ma anche l’Europa ha fatto errori gravi. Io sono stato il primo a dire che la politica europea era sbagliata e che il Patto di stabilità era stupido. L’ho detto da presidente della Commissione procurandomi un sacco di grane, ricevendo insulti e reazioni violente…
L’Europa si prepara al voto di maggio…
I popolari si stanno spostando a destra e penso che in futuro anche Salvini, come Orban, sarà nel Ppe. Questa è la politica. Quando il capo della Lega avrà il dominio completo sul centrodestra si sposterà verso il centro ed entrerà nel Partito popolare. Ecco, se di fronte a questo liberali, socialisti e verdi, pur restando partiti distinti, avessero capacità e forza di designare un candidato comune alla guida della Commissione come hanno fatto i popolari con Weber, si creerebbe una bella sfida. I cittadini europei voterebbero su due piattaforme di contenuti. Se riparte la politica riparte l’Europa: quando costruimmo l’euro e l’allargamento, tutti erano contenti. Ritorniamo a una Europa che prende decisioni. È un nostro dovere perché davanti alla Cina e agli Usa siamo piccoli se restiamo divisi.
Pensa che la gente è pronta a credere di nuovo nell’Europa?
Assolutamente sì. E per questo bisogna fare una grande giornata di mobilitazione per l’Europa. Milioni di italiani che credono ancora nell’Europa mettano fuori la bandiera europea. Come è stato fatto con la bandiera della pace durante la guerra. Bisogna farlo, bisogna scendere tutti in campo. Ong, sindacati, parrocchie, partiti, singoli cittadini. Tutti insieme perché l’Europa è la sopravvivenza. Perché i dominatori del mondo sono tutti americani e cinesi e nello scontro tra giganti c’è un disperato bisogno di un saggio mediatore. Che non può essere che l’Europa.
In Italia anche il Pd non sembra fare passi avanti.
Prepararsi bene al voto europeo mettendo insieme contenuti, emozioni e sentimenti è il primo passo per ricostruire qualcosa di buono. E anche per ridare spinta al centrosinistra. È inutile pensare alle aggregazioni prima di una grande riflessione su questa Ue. Prima di un confronto largo sulle grandi questioni che interrogano la società. Se riusciamo a risvegliare l’anima politica le aggregazioni verranno. Il guaio è che anche nel Pd si parla solo del passato e la parola futuro non esce. Non entro nel dibattito. Dico solo che prepararsi alle europee in modo intelligente è la strada per ridare una prospettiva all’Italia.