Nella componentistica abbiamo perso posizioni: occorrono raggruppamenti

L’ex premier Prodi: per me il ciclismo è più di una semplice passione
Nella componentistica l’Italia ha perso posizioni
Sì a raggruppamenti fra le nostre imprese

Intervista di Piercarlo Fiumanò a Romano Prodi su Il Piccolo del 23 maggio 2023

Prodi: «Le decisioni più importanti della mia vita le ho prese in bici»
“Come mi raccontava il grande campione belga Eddy Merckx, quando devi correre sette ore al giorno in bicicletta riflettere durante la corsa è fondamentale, altrimenti diventi matto. Questo è uno sport bellissimo ma non costringe a impegnarsi in particolari tattiche o strategie, se non si sta partecipando a una gara. Bisogna pedalare e basta” dice l’ex Premier

Professor Prodi, la sua passione per la bici è nota. Dalle gare giovanili con il Campione del Mondo Vittorio Adorni fino all’ultima scalata dello Stelvio a 81 anni. Che significato ha per lei questa passione?

È qualcosa di più di una semplice passione. Sulla bici potrei dire di esserci nato e non ho mai smesso di andare su due ruote. Purtroppo oggi vedo pochissimi giovani praticare questo sport. Le strade italiane sono popolate da ciclisti di mezza età. Forse è per questa ragione che nel nostro Paese non abbiamo più grandi campioni come nel Nord Europa, dove domina la bicicletta.

È lo spirito che manca nei giovani oppure le nostre strade sono poco ospitali per i ciclisti?

Ormai le città sono ostaggio del traffico automobilistico e il ciclista finisce sempre per avere paura. Quella fra automobile e bicicletta è diventata una convivenza difficile. Va affrontato seriamente il tema della sicurezza. Servirebbero più piste ciclabili che spesso sono “finte” e disegnate senza criterio sull’asfalto. Spesso vicine a macchine in sosta con il rischio di uno sportello che si apre travolgendo il ciclista. Certo, ci sono alcune eccezioni come le provincie di Trento e Bolzano che adesso hanno ottime reti ciclabili. Ma nel complesso manca una pianificazione urbanistica delle città a misura di bicicletta.

 

Le risorse ci sono ma vengono utilizzate in modo troppo frammentato. Dobbiamo chiederci perché le città del ciclismo oggi sono Ferrara, Modena, Padova. Sarebbe bello, poi, avere una pista ciclabile che unifichi il Paese da Nord a Sud.

Nel post pandemia le città si stanno riempiendo di turisti. Anche il cicloturismo andrebbe organizzato con una regia urbanistica e un sistema di accoglienza adeguato?

Bisogna essere capaci di investire e ridisegnare le città a misura di bicicletta come sono stati capaci di fare in Europa, ad esempio ad Amsterdam. Le zone turistiche e gli alberghi che si son o attrezzati per accogliere i ciclisti stanno avendo molto successo. E anche intorno a Bologna, come a Trieste, ci sono percorsi bellissimi e non c’è che da scegliere. Ma non può bastare avere in bilancio i soldi, bisogna spenderli.

Nel frattempo il settore della bicicletta ha avuto un vero e proprio boom. Nel 2022, grazie all’ecobonus, le vendite hanno superato il 40%. Ma anche il mercato della bicicletta ha sofferto la crisi della componentistica. Perché siamo rimasti indietro?

L’Italia ha perso molte posizioni a vantaggio dei produttori stranieri. Ciò è accaduto perché non siamo stati capaci di fare sistema raggruppando le aziende della componentistica. Ormai quasi tutti i telai delle nostre biciclette da corsa provengono da Taiwan, mentre il mercato dei cambi è dominato da Usa e Giappone. Inoltre, nell’alta gamma, le nostre marche di bici più pregiate e costose sono state acquistate da fondi o gruppi stranieri del lusso, come fossero capi di alta moda e sono diventate alla portata di pochi.

Cosa pensa di chi ritiene necessario un reshoring delle nostre produzioni e non solo nel ciclismo?

Nel mercato della bici, come in altri settori, una politica industriale in grado di favorire raggruppamenti d’impresa potrebbe aiutare per tornare ai vertici. Oggi l’Italia prevale in questo settore quasi solo nella manifattura delle selle. Eppure vi è ancora spazio per riguadagnare il terreno perduto.

Qual è la giusta dimensione aziendale?

Vi è ancora spazio anche per le imprese non grandi. Produttori molto specializzati possono restare piccoli, ma non ci può essere una dimensione solo artigianale nella produzione dei componenti.

Cosa pensa della bici a pedalata assistita?

È un vantaggio che consente a chi non ha particolari doti fisiche di percorrere chilometri. Può facilitare la diffusione di questo sport nel Paese. Io però pedalo ancora senza ma sono tentato…

Sul piano produttivo anche nel motore elettrico dominano produttori stranieri come la Bosch, che non è facile da contrastare, anche se vi è ancora spazio per aziende italiane raffinate sul piano tecnologico che pure esistono.

Il ciclismo è una delle discipline più dure in assoluto. Quante decisioni politiche o professionali importanti lei ha preso correndo in bicicletta?

Tutte. E ripeto: tutte. Come mi raccontava il grande campione belga Eddy Merckx, quando devi correre sette ore al giorno in bicicletta riflettere durante la corsa è fondamentale, altrimenti diventi matto. Questo è uno sport bellissimo ma non costringe a impegnarsi in particolari tattiche o strategie, se non si sta partecipando a una gara. Bisogna pedalare e basta. Al massimo guardi il paesaggio. E così hai tempo per pensare.

La bicicletta insegna la disciplina?

Insegna sostanzialmente solo la tenacia. Questo è uno sport molto faticoso.

Il nostro Paese sta pedalando abbastanza per essere competitivo sui mercati globali?

Non stiamo facendo un reshoring di intelligenza. Per questo l’Italia oggi non è competitiva come dovrebbe.

Leggi anche: La bike economy a Nordest, quegli 1,4 miliardi che sfrecciano su due ruote

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Dati dell'intervento

Data
Categoria
maggio 23, 2023
Interviste