Non sono contrario ad una Patrimoniale. Nel 1996 ci pensai anch’io, ma scelsi un’altra strada e non ce ne siamo pentiti
«Patrimoniale? Ci pensai anch’io»
Intervista di Andrea Testa a Romano prodi su Il Riformista del 28 gennaio 2011
Velocità ed equità. Per il primo «non bisogna discuterne molto, ché i mercati hanno tempo di fare danni». Il secondo la giustifica, «con la garanzia che non si torni a creare debito». Per l’economista Boeri si può fare equilibrando la tassazione sul lavoro e sulle rendite finanziarie e immobiliari.
«Non nutro alcuna contrarietà intellettuale rispetto al varo di una patrimoniale». Lo dice l’ex presidente del Consiglio Romano Prodi al Riformista, non troppo sorpreso del fatto che il dibattito sull’introduzione di una «imposta patrimoniale» sia tornato di attualità: «Già all’epoca dell’insediamento del mio primo governo nel 1996 ci ponemmo la questione di come affrontare il problema dei conti pubblici. C’erano due strade: la strategia della formichina e quella della botta secca, la patrimoniale appunto. Scegliemmo la prima strada e non ce ne siamo pentiti. Se il paese non ha sbracato lo si deve all’applicazione di quella linea, che però ovviamente non permette di risolvere il problema alla radice».
«Il paese – sottolinea l’ex premier – è costretto a portarsi dietro uno zaino che di anno in anno diventa più pesante. Capisco bene perché personalità come Giuliano Amato o Pellegrino Capaldo pensino sia arrivato il momento di dare quella botta secca».
Prodi preferisce non entrare nel merito di un eventuale provvedimento («Avrei bisogno di un quadro dettagliato per poterlo fare e non lo possiedo») e non sottovaluta le difficoltà: «Il rischio principale quando si comincia a discutere di patrimoniale è che, nelle more del dibattito, i mercati reagiscono in modo imprevedibile, creando nuovi danni…».
Una voce in più nel dibattito. Ma la patrimoniale non sfonda solo a sinistra o tra gli statalisti. Definizione di Prodi a parte, l’idea strappa consensi anche nell’area liberista. Col trattino e l’aggiunta di riformista, nel caso dell’economista Tito Boeri. Senza bisogno di altro – a meno di non riesumare l’esperienza dei Liberaldemocratici – se a dirsi favorevole alla tassazione delle rendite e del patrimonio immobiliare è Lamberto Dini: «Credo che sarebbe tollerabile e anche accettabile. E accettata dai cittadini».
Dini (oggi senatore del gruppo Pdl), che ai tempi dell’Eurotassa aveva duellato con la sinistra bertinottiana al solo affacciarsi dell’argomento, oggi è un sostenitore quasi convinto della patrimoniale. Pone una sola condizione. Inderogabile: «Se ci fosse una garanzia, una garanzia legislativa intendo, che anche i governi successivi a quello che eventualmente la proponesse non utilizzino i margini per incrementare la spesa».
Messo il paletto, «è un sacrificio che si può proporre; purché la proposta sia equa». La base di partenza è quella avanzata da Pellegrino Capaldo, l’obiettivo è raffinarla: «La difficoltà pratica più evidente nella proposta è che si applica a plusvalenze sul patrimonio immobiliare ancora non realizzate. E che lascia fuori altre ricchezze come quelle finanziarie».
Certo, la realizzazione pratica di un’imposta sui patrimoni presenta anche rischi da ponderare a partire dalla probabile fuoriuscita di capitali. Ma si può fare: «Se dovesse servire al grande obiettivo, spiegabile ai cittadini, di ridurre il debito pubblico con la garanzia di non crearne altro. Altrimenti, sarebbe un furto».
Nessuna conversione, assicura Dini: «Si dice che la patrimoniale è un’idea di sinistra perché oggi a rilanciarla sono intellettuali di sinistra. Ma non lo sarebbe se posta con un obiettivo preciso». All’epoca, spiega con riferimento agli anni dell’Eurotassa, «non era stata presa in considerazione perché lo scenario era del tutto diverso, dominato dal problema del disavanzo e non del debito».
Adesso non ha nulla da obiettare su «una misura una tantum ed eccezionale, non a caso indicata come finanza straordinaria nella Scienza delle finanze». Il vero problema, rileva, è che «non è facile da realizzare: vedo un niet totale da parte di questo governo». Eppure l’illazione di un Giulio Tremonti in fondo favorevole riemerge periodicamente… «Non ho idea di quale sia la posizione del ministro. C’è però una posizione del presidente del Consiglio».
Chi non ha dubbi è l’economista Tito Boeri, docente alla Bocconi e redattore del sito Lavoce.info: «Il vero sponsor della patrimoniale è il ministro Tremonti. È lui che continua a dire che l’Italia non ha problemi di debito pubblico perché c’è una grande ricchezza privata». Una stilettata, più che un’analisi sui retro-pensieri del titolare dell’Economia.
Boeri è annoverabile tra i favorevoli-potenzialmente: «Bisogna capire che cosa si intende per patrimoniale». Il suo è un ragionamento complessivo sul tema della riforma fiscale: «È giusto e necessario spostare il baricentro della tassazione in Italia, allontanandolo dal lavoro e dai fattori produttivi per aumentare l’imposizione sulle rendite finanziarie e immobiliari». Andando a gravare anche sui patrimoni? «In parte». L’equilibrio è tutto da trovare. Ma è solo questione di esercizio.