Solo uniti si vince, loro hanno perso perchè non capiscono più il mondo
Bersani: la maggioranza non c’è più, governo paralizzato, è l’ora di farsi da parte
Prodi: consigli a Berlusconi? Sono troppo giovane per darne a un politico navigato come lui
Articolo di Nino Bertoloni Meli su Il Messaggero del 31 maggio 2011
ROMA – Si fa largo, spinge, tutti lo riconoscono e gli fanno strada, «fate passare», e alla fine come sospinto da un fiume di persone eccolo qua, Romano Prodi, si materializza sul palco dove sta parlando in maniche di camicia Pier Luigi Bersani. «Vieni Romano, qui sei a casa tua», concede il segretario. E lo abbraccia, e tra i due sono affettuosità lì davanti al Pantheon dove il Pd finalmente dopo anni torna a celebrare una vittoria elettorale, e che vittoria.
Nessuno nel Pd sapeva di questa intenzione prodiana di interrompere sia pure per un comizio l’astinenza dalla politica ogni volta esibita, «no, non è un mio ritorno in campo, mantengo la mia decisione», si schermisce l’unico ex premier che ha battuto due volte Berlusconi, ma è chiaro che Romano il ciclista non ha smesso di pedalare, vuole esserci, è contento, forse pensa che questa sconfitta sonora del Cavaliere sia anche, perché no, merito suo. «Hanno perso perché non capiscono più il mondo», è la tesi di Prodi che per un momento torna a parlare di politica, «ora il centrosinistra non faccia errori, resti unito perché solo uniti si vince, e pensi subito al programma».
Consigli a Berlusconi? Prodi non si risparmia la stilettata: «Sono troppo giovane per dare consigli a un politico navigato come lui». E alla fine del comizio, il palco improvvisato al Pantheon esibisce la nomenklatura vincente del Pd con una foto di rito come non si vedeva da tempo, con Anna Finocchiaro, Franceschini, D’Alema, tutti lì a festeggiare sorridenti assieme a Bersani e a Prodi e a salutare, con sotto le tante bandiere sventolanti di Pd e, sparse qua e là, quelle di Idv.
Si fanno vedere tutti i dirigenti senza distinzione di maggioranze, minoranze, gruppi e sottogruppi, ci sono Veltroni con i suoi, ci sono Gentiloni e Realacci, c’è Marino, c’è Meta, Soro, Paola Concia, Picierno. Si vedono pure Folena e Salvi che con il Pd non c’entrano più. E si vede pure il corteo dei vendoliani di Sel che fa irruzione al Pantheon guidato da Giordano, Mussi e Cento. E perfino qualche finiano, come l’ex assessore alla Cultura del Comune di Roma, Umberto Croppi. Ma è Bersani a tenere la scena. Se il giorno prima Alberto Contador aveva brindato al suo secondo giro d’Italia proprio a Milano, ecco che il leader democrat non è da meno e, a sorpresa e fatto inedito, si fa portare sul palco una bella bottiglia di spumante, fa volare il tappo, la agita e innaffia se stesso e chi gli sta vicino. «Oh ragazzi, abbiamo smacchiato il giaguaro», è l’esordio con auto imitazione. Quindi il giudizio sul voto: «E’ stata una valanga, abbiamo vinto e stravinto».
Ormai non lo fermano più, il segretario, «abbiamo pareggiato quattro a zero», aggiunge suscitando l’ilarità generale. Il Pd e il suo gruppo dirigente, unito al momento come di solito accade quando si vince, hanno adesso da investire e da mettere a frutto la vittoria elettorale chiarissima. L’ultimo pensiero di Bersani e soci è che a conquistare Milano e Napoli siano stati due candidati non del Pd, la sconfitta del centrodestra è talmente omogenea da Nord a Sud da non lasciare dubbi su chi sia il vincitore. «Il Pd mette a disposizione se stesso per far vincere il centrosinistra», spiega Bersani. E adesso? Su che cosa investire la vittoria per tanti versi inattesa?
Il leader fissa le tappe: Berlusconi vada a casa, «non ostacoli la nuova fase», poi se il centrodestra, e la Lega chissà, si decidessero in tal senso si potrebbe puntare a un governo di transizione che modifichi la legge elettorale per votare subito dopo, altrimenti alle urne il prima possibile. «Berlusconi ha fatto tanto danno, le macerie sono ovunque, ci vorrebbe una fase di ricostruzione e noi siamo disponibili», spiega paziente Bersani. Che poi lancia l’affondo: «Il centrodestra non ha più il consenso del Paese, sono minoranza, c’è un governo paralizzato, è l’ora di farsi da parte per cominciare una nuova fase». Nel Pd non tutti credono che maturi un governo di decantazione, D’Alema e Veltroni vi propendono, Bersani, Bindi e Franceschini sembrano più orientati al voto quanto prima. «Non vedo le condizioni per un altro governo, le elezioni sono la scelta migliore», conferma Rosy Bindi. Per Paolo Gentiloni della minoranza, «evitiamo di inseguire un terzo polo che non decolla, piuttosto elaboriamo un programma di governo di centrosinistra, credibile e concreto».