Bersani vede Romano Prodi: «Siamo noi gli europeisti»
Bersani vede Romano Prodi: «Siamo noi gli europeisti»
Articolo di Simone Collini su L’Unità del 31 agosto 2012
Un incontro di due ore a casa di Romano Prodi, poi un più breve colloquio con Walter Veltroni in una saletta del Parco Nord, prima di salire insieme a lui sul palco della Festa dell’Unità per parlare dell’ultimo romanzo dell’ex segretario. Pier Luigi Bersani si prepara alla campagna per le primarie e soprattutto alla prossima sfida elettorale, e nella trasferta bolognese di ieri ha illustrato i suoi piani a un paio di interlocutori di cui non gli era chiaro quale atteggiamento avessero deciso di tenere nei prossimi mesi.
Con Prodi il leader del Pd ha parlato di Europa, crisi economica e della situazione politica italiana, dell’intenzione di lavorare a un «centrosinistra di governo» con Nichi Vendola e diverse associazioni civiche, per poi cercare di arrivare alla definizione di un «patto di legislatura» con Pier Ferdinando Casini («Non ho mai avuto intenzione di arruolarlo nel centrosinistra»), e anche della sfida per la candidatura alla premiership. Il Professore si è detto d’accordo con l’analisi politica e la strategia delle alleanze, col fatto che il Pd si debba caratterizzare come una forza «europeista» e che si rivolga a tutte le forze «anche moderate» che intendono contrastare la «deriva populista». E anche se Prodi non ha garantito un endorsement al segretario per le primarie, ha chiesto al suo staff di far uscire la notizia dell’incontro in via Gerusalemme (che doveva rimanere riservato), lanciando un chiaro segnale.
Anche sul dopo-Monti l’analisi è condivisa. E se dalla Germania arrivano voci di una Merkel preoccupata per quel che può succedere in Italia nel 2013, Bersani è convinto del fatto che «più che gli arrivi, a preoccupare sono i populismi e i ritorni» (riferimento a Grillo e Berlusconi) mentre il centrosinistra ha dimostrato in passato di essere affidabile e convintamente europeista. «Noi siamo quelli che hanno portato l’Italia nell’euro», è la battuta. Ma Bersani ricorda anche un aneddoto nei colloqui di queste ore, e cioè che l’attuale presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, era il giovane consulente che Merkel inviò a Roma a studiare le «lenzuolate» e il progetto «Italia 2015», e che Bersani ricevette cinque anni fa al ministero dello Sviluppo economico. Anche con Veltroni gli argomenti toccati sono in parte quelli affrontati con Prodi, e di nuovo c’è stata condivisione di vedute. In particolare sulle primarie, l’ex segretario del Pd aspetta di ascoltare cosa dirà Matteo Renzi il 13, quando dal Veneto ufficializzerà la sua candidatura. Se il registro sarà quello mostrato anche ieri dal sindaco di Firenze («Ridge di Beautiful è entrato nelle case degli italiani 25 anni fa e ha capito che è ora di cambiare, in Parlamento invece ci sono sempre gli stessi») e se Bersani manterrà la linea illustrata all’ultima Direzione del Pd (rivendicazione della scelta di sostenere Monti e Pd impegnato a far sì che la prossima sia una legislatura costituente e di ricostruzione), l’appoggio al segretario è naturale.
Renzi, che assicura che non è intenzionato a fare un nuovo partito nel caso in cui perdesse le primarie, critica Bersani per l’uscita sul «linguaggio fascista» («Sono necessari fatti concreti e proposte serie come il dimezzamento dei parlamentari, delle indennità e l’abolizione del vitalizio, non serve dare del fascista») e soprattutto insiste sulla linea del «tutti a casa». Un’impostazione che non piace a Bersani: «Non siamo dei matusa, ed essere giovani è importante ma non decisivo». Né sarebbe positivo, è il ragionamento di Bersani, se Renzi partecipasse alle primarie con l’obiettivo di modificare gli equilibri interni al Pd. «Se uno vuole ribaltare un partito, quando ci sarà il congresso, l’anno prossimo, si faranno le primarie per il congresso. Le prossime, invece, non sono primarie da utilizzare per riequilibrare pesi e misure nel partito. Sono di coalizione, aperte, per decidere il candidato del centrosinistra alla guida del governo».
Bersani si prepara alle prossime sfide anche guardando al mondo del web, e ieri, prima di arrivare a Bologna, è andato a Villanova di Castenaso, alle porte del capoluogo, per inaugurare (con un click) il primo circolo virtuale del Pd (ci si può iscrivere, si può partecipare ai forum, usufruire di una biblioteca, tutto on line e 24 ore su 24). A Bersani non è piaciuto il fatto che il suo aver criticato chi usa un «linguaggio fascista» al riparo della rete sia stato trasformato in un attacco al web in sé. E approfitta dell’inaugurazione del circolo virtuale per mandare on line questo: «Qualche… non dico cosa… dice che sono contro la Rete. Sei un pirla se dici così, io sono per la Rete».
Spiega più tardi arrivando alla Festa dell’Unità di Bologna, dove non manca la presenza di un gruppo di grillini che contesta il leader del Pd, che «la Rete deve diventare luogo di democrazia e libertà ma con meccanismi che garantiscano un livello di civiltà». Denuncia Bersani: «Sento un linguaggio violento e aggressivo, noi vogliamo una riscossa civica, e in questo ci sta anche il linguaggio perché il linguaggio modifica il pensiero, e il pensiero modifica la realtà. Quindi alt a certi linguaggi». E chi vi critica per non aver invitato la ministra Fornero alla Festa nazionale del Pd? «Nessuna chiusura o discriminazione, abbiamo valutato l’opportunità. Ci sono dei problemi che è meglio chiarire positivamente fuori da una situazione come quella di una festa. Noi abbiamo deciso di affrontare il tema del lavoro con le grandi organizzazioni sindacali».