Per uscire dalla crisi serve una nuova Bretton Woods cui partecipi anche la Cina
Crisi cinese, Romano Prodi: “Serve un accordo tra le potenze mondiali come Bretton Woods altrimenti il mondo rischia”
Articolo su Huffington Post del 26 agosto 2015
Per uscire dalla tempesta finanziaria che si è abbattuta su Pechino e, con un effetto domino, su tutti i mercati borsistici, bisogna sedersi intorno a un tavolo, un accordo tra le potenze mondiali. Altrimenti il mondo rischia. È questo in sintesi il pensiero di Romano Prodi che in un’intervista al Messaggero e con un intervento su Il Sole 24 Ore esprime il suo punto di vista sulla crisi finanziaria cinese, dopo che il Black Monday ha resuscitato i fantasmi della Lehman Brothers. Il problema della Cina sta nelle difficoltà di attuare “il passaggio da un’economia basata su export e investimenti ad una alimentata dai consumi interni”, dice al Messaggero: “si sta rivelando più complicato del previsto”. ”
Anche perché il contesto non aiuta. Sono in affanno i Paesi in cui la Cina esportava ed, all’interno, sono aumentati i costi: un saldatore che qualche anno fa a Shangai costava 150 dollari al mese oggi ne costa 800. Poi c’è lo yuan che nel corso dell’anno si era rivalutato di oltre il 15% rispetto alla media delle valute dei paesi con cui la Cina commercia”.
Secondo l’ex presidente del Consiglio la crisi dell’export “è arrivata troppo presto, in un momento in cui non è ancora possibile rimpiazzare questa componente con la domanda interna, sia per la fase di bolla immobiliare sia per la mancata costruzione di sistemi sanitari e pensionistici, senza i quali è difficile convincere la gente a spendere”. Pechino ha annunciato “una sorta di quantitative easing, che sembra aver tranquillizzato i mercati internazionali. Restano da fare tutte le grandi cose per le quali servirà però più tempo: risanare i bilanci delle imprese pubbliche e delle provincie, riformare il sistema bancario, regolare la bolla immobiliare”.
Prodi propone quindi una strada per tentare di uscire dalla crisi.
“Io dico di fare attenzione perché se non c’è una risposta economica coordinata si rischia una deflazione globale. La crisi del 2008 è stata provocata dagli Stati Uniti, la prossima potrebbe venire dalla Cina. Il che paradossalmente vuol dire che Pechino è protagonista nel mondo. Noi europei non siamo nemmeno capaci di provocare le crisi. Ci limitiamo a subirle e a prolungarle facendoci del male da soli. Lo dico sul filo dell’ironia ma c’è del vero”. Servirebbe “una conferenza mondiale, una nuova Bretton Woods o come ci pare. Sicuramente è desiderabile, ma non credo sia realistica, probabile. Non mi pare che l’Europa sia in grado di organizzarla, non so se gli Stati Uniti la vogliano davvero. Certo non aiutano le tensioni con la Russia e quelle che vi sono anche tra Usa e la stessa Cina. Però non si può lasciare fuori dal tavolo un giocatore così importante”.
La crisi cinese secondo Prodi danneggia tutti, principalmente l’export della Germania, meno l’Italia: “Ma se si esportano meno auto tedesche sono penalizzae anche le imprese del nostro Paese che fanno i coomponenti. Tutto è legato. E poi c’è la volatilità dei mercati finanziari che qualche problema in termini di spread lo può dare, anche se per ora fortunatamente non è successo.
Nel suo intervento sul Sole 24 Ore Prodi scrive che “il vero pericolo è che la crisi cinese, che è insieme crisi della sua economia reale e della sua finanza, non infetti tutta l’economia mondiale che è già debole di per sé stessa. Gli Stati Uniti crescono meno del dovuto, i Brics, ad eccezione dell’India, sono in fase calante l’Europa non riesce proprio ad uscire bene dalla crisi”.
Non illudiamoci: nessun problema sarà risolto (con gli idonei strumenti da inventare) la Cina non sarà stabilmente inserita nel sistema economico e finanziario mondiale. Date le tensioni politiche che montano ogni giorno vedo molto difficile questo percorso – ribadisce – perché questi grandi accordi internazionali si riescono ad attuare o quando domina un solo Paese o quando si riesce a creare una minima armonia tra i paesi dominanti. Oggi non vedo nessuna di queste due condizioni ma mi accontento di sperare che in futuro si possano realizzare.