E’ finita la stagione dei fenomeni: ecco come attrarre gli elettori
Partiti in affanno – Il percorso (in salita) per attrarre gli elettori
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 03 luglio 2022
E’ finita la stagione dei fenomeni. Pur senza avere in mano alcuna seria indagine demoscopica, mi sento di fare qualche riflessione su alcuni cambiamenti di percezione e di opinione che vedo emergere nella società italiana.
Niente di scientifico, ma uno sforzo, forse un poco ingenuo, per cercare di capire i desideri, gli obiettivi e le paure di chi ci sta attorno.
Partiamo da un fatto a tutti noto: l’allontanamento dei cittadini dalla politica, dai governanti e dalla classe dirigente.
Abbiamo visto negli ultimi anni che, negli appuntamenti elettorali e referendari, la quota di chi non vota costituisce il più grande partito: non c’è quindi bisogno di offrire altre prove dell’allontanamento dei cittadini dalla politica.
Si può solo ammettere che non è un fenomeno nuovo, anche se crescente.
Di maggiore interesse è invece constatare che il numero delle persone che pensano si possa porre rimedio a questa frattura facendo ricorso a improvvisate e stupefacenti novità è in fase decrescente.
Dopo un glorioso passato l’epoca dei “fenomeni” individuali o collettivi sembra essere destinata a un inarrestabile declino.
L’interrotto cammino di Renzi e Salvini e il declino del Movimento 5 Stelle sono un un segnale abbastanza chiaro di questa tendenza, che già era cominciata con le elezioni europee del 2018.
L’assenteismo crescente dimostra tuttavia che questo vuoto non è stato riempito da nessuno.
Non si tratta evidentemente di una crisi solo italiana perché la distanza fra eletti ed elettori, fra governanti e governati è ormai comune a tutti i sistemi democratici.
In Italia, tuttavia, quest’involuzione, cominciata con l’inarrestabile crisi dei partiti tradizionali, ha assunto un’intensità particolare da quando è in funzione l’attuale sistema elettorale che ha totalmente annullato ogni confronto fra i vari candidati e fra candidati ed elettori.
I congressi di partito, che già in passato non brillavano per trasparenza e partecipazione, non ci sono più.
Si diventa parlamentari solo se nominati dall’alto e non scelti dal basso.
Come conseguenza nessun parlamentare è spinto a mantenere il contatto con i suoi elettori, dei quali ignora esigenze e problemi, mentre essi, d’altra parte, non solo non ne conoscono pensieri e valutazioni, ma nella maggioranza dei casi ne ignorano perfino il nome.
Debbo confessare che io stesso conosco solo una minima parte dei nomi dei parlamentari della mia regione.
La conseguenza è che ormai quasi nessuno dei parlamentari ha un ufficio o un recapito nel collegio elettorale dove il cittadino può entrare in contatto con lui.
Un sistema apparentemente ideale per qualsiasi deputato perché gli permette di risparmiare la fatica della sua campagna elettorale e dell’ufficio, ma lo fa dipendere in modo totale dai vertici del partito.
Credo che le recenti elezioni amministrative abbiano confermato la scomparsa dei “fenomeni” individuali e delle meteore collettive: le urne hanno premiato i candidati capaci di privilegiare un colloquio quasi personale con i propri cittadini.
Il recente buon risultato del PD è dovuto in buona parte proprio all’aver scelto candidati che, aiutati dalla legge elettorale in vigore per i comuni, sono riusciti ad associare la larghezza della coalizione con l’approfondimento dei problemi della società.
Naturalmente queste riflessioni mi rendono molto scettico sul fatto che i parlamentari abbiano nei prossimi mesi un corale interesse a cambiare questa legge elettorale nazionale , ma sono ancora più convinto che gli italiani sentano, almeno istintivamente, il desiderio di capire e di contare nella vita politica del paese.
Penso, forse ingenuamente, che il partito capace di venire incontro a questo desiderio ne ricaverà grande vantaggio nelle prossime elezioni politiche.
Non è facile, ma possibile per un partito raggiungere quest’obiettivo scegliendo, per ogni settimana, un argomento di cui si parla in famiglia o si discute a tavola con gli amici e aprire, su di esso, un dibattito aperto fra politici ed esperti e migliaia e migliaia di italiani.
Non si dovrà certo parlare di un problema così tecnico come il sistema di elezione dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura ma dei giovani, della sanità, della scuola, della pace, del lavoro, del costo della vita e di tutti i problemi che ci rendono preoccupati per il nostro futuro.
Alla fine della settimana il responsabile o i responsabili del partito ne discuteranno “in presenza” in una diversa città italiana.
Alla fine di questo impegnativo processo vi saranno centinaia di migliaia di italiani che si sentiranno di nuovo parte di un disegno democratico e ne faranno parte agli altri.
Si tratta di un percorso faticoso, con un prevalente contenuto di utopia ma se, come dice la canzone di Gaber, “la libertà è partecipazione”, lo è ancor più la democrazia.
E permettetemi di aggiungere che la partecipazione è, per sua natura, faticosa.