Il duello Usa-Cina rischio per l’Europa

Il duello Usa-Cina rischio per l’Europa

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 21 dicembre 2024

Siamo ormai tutti d’accordo nel prendere atto che Trump è il presidente che ha come obiettivo assoluto e irrinunciabile “l’America First”. Il che si traduce nell’assicurare il dominio americano sul pianeta in ogni campo, dalla tecnologia all’economia, fino alla supremazia militare. Un obiettivo che Trump ha già concretamente cominciato ad applicare scegliendo una squadra di collaboratori di assoluta fiducia personale e totalmente dedicati al progetto.

Era inoltre una seconda condivisa opinione che la strategia per arrivare al risultato sarebbe stata del tutto imprevedibile.

Manca ancora un mese al giorno dell’insediamento, ma possiamo già riconoscere che tutte le decisioni prese confermano entrambe le previsioni.

Per adempiere all’America First sono state chiamate a ricoprire i ruoli di massima responsabilità persone strettamente legate a Trump per rapporti di amicizia o provenienti dal mondo degli affari, persone fedeli alla sua linea politica in tutti i campi, dalla comunicazione all’economia, dal commercio alla giustizia. Questa scelta personale, che poco tiene conto degli equilibri di partito, assume particolare importanza nella politica estera, dove sia il nuovo Segretario di Stato (cioè il Ministro degli Esteri) Marco Rubio e il potente Consigliere per la Sicurezza Nazionale, Mike Waltz non solo godono della totale fiducia del Presidente, ma fanno parte dell’ala più estrema di uno schieramento che vede nella Cina l’unico grande avversario.

Nella strategia di Trump, per arrivare all’America First, l’unico rivale preso in considerazione è infatti la Cina.

Si può quindi classificare nell’ambito dell’imprevedibilità l’invito di Trump ripetutamente manifestato, anche se forse non ufficialmente presentato, di invitare il Presidente Cinese Xi Jinping all’insediamento che si svolgerà a Washington il prossimo 20 gennaio. Un invito imprevisto e imprevedibile perché mai un capo di stato straniero ha partecipato a questa cerimonia, sempre conservata all’interno del mondo americano. Ancora più imprevedibile perché rivolta proprio al paese che vuole sfidare gli Stati Uniti per il primato mondiale. Se si riflette bene questo invito non appartiene al campo dell’imprevedibilità, ma a quello della diplomazia.

Trump sapeva certamente che Xi Jinping non avrebbe mai partecipato a una cerimonia in cui avrebbe dovuto assistere, come semplice spettatore, all’incoronazione del suo principale avversario politico.

Non era nemmeno immaginabile che il Presidente Cinese potesse sedersi in mezzo all’establishment americano e a decine di ambasciatori per assistere all’insediamento di un presidente oltretutto noto per i suoi continui attacchi nei confronti della Cina.

Si è trattato però di un gesto per il quale il Presidente americano non rischia di perdere nulla. Con questo irrituale e impossibile invito Trump può infatti dimostrare di avere compiuto un passo di avvicinamento nei confronti del suo grande avversario, facendo peraltro notare come questa sua apertura abbia trovato un rifiuto da parte cinese. Si tratta naturalmente di un modesto passaggio tattico che tuttavia conferma che gli anni di Trump saranno gli anni del G2, gli anni del confronto diretto fra Cina e Stati Uniti, dal quale dipenderà tutto il resto.

Prendendo atto di questo stato di cose non c’è che augurarsi che questo invito preluda all’inizio di regolari, anche se complicati, incontri fra i due massimi responsabili della politica mondiale, incontri che non sono avvenuti negli scorsi anni.

Un dialogo di questo tipo è indispensabile per rendere in futuro meno probabile un conflitto globale e, pensando alle tragedie in corso, per facilitare la fine della guerra di Ucraina.

Dobbiamo però renderci conto che il G2 si fonda su un rapporto esclusivo, che non ammette altri protagonisti e in cui gli altri paesi possono solo giocare il ruolo di comparse.

Un ruolo a cui ci stiamo ormai adattando anche noi europei. Nei rapporti con gli Stati Uniti l’Europa vive infatti nella paura che i dazi previsti dal programma elettorale di Trump danneggino pesantemente la sua economia, frenando gravemente le esportazioni. Evento assai probabile, dato che la cancellazione del grande attivo della bilancia commerciale europea nei confronti del gigante americano è per Trump un obiettivo irrinunciabile.

In questo contesto la strategia europea non sarà facile, dato che Trump agirà trattando direttamente con i singoli paesi, in modo da rendere difficile l’elaborazione di una politica comune anche in un settore, come quello del commercio estero, in cui la competenza è a livello comunitario.

Ancora più complesso è il rapporto europeo con la Cina, perché le nostre posizioni mutano in modo imbarazzante a seconda delle circostanze. Nei casi in cui gli interessi convergono, la Cina è definita un “partner”. Quando vi sono interessi tra di loro in competizione, ma componibili, è definita un “concorrente”. Se poi sorgono problemi di difficile composizione allora si tratta di “rivalità sistemica”. E’ abituale per gli interlocutori cinesi rispondere che la politica europea è come un semaforo nel quale sono contemporaneamente accese la luce verde, la luce gialla e la luce rossa. Il che non rende certo agevole il traffico.

Se quindi prendiamo atto della nuova realtà e del necessario dialogo fra Cina e Stati Uniti, cerchiamo tuttavia di elaborare una nostra politica comune, per evitare di fare la fine della noce nello schiaccianoci.

 

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Dati dell'intervento

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dicembre 21, 2024
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