La Cina sta aprendo all’Europa – Pechino punta sulla tecnologia

Prodi: “Così Pechino prepara le proposte per attrarre l’economia europea”
L’ex premier: “Il Dragone sta cambiando attitudine agli investimenti internazionali
Per Francia e Germania nuovo ruolo forte nell’Ue. L’Italia decida da che parte stare”

Intervista di Fabio Martini a Romano Prodi su La Stampa del 12 marzo 2025

E’ un’istantanea che a prima vista può apparire fuori dalle mappe politiche e geopolitiche, ma Romano Prodi è convinto che nel grande tumulto del mondo ci sia qualcosa che va già in controtendenza: “E’ la mia speranza: negli ultimi mesi ho tenuto lezioni e conferenze, ad Harvard, a studenti americani e a Pechino, a studenti cinesi: ebbene le curiosità, le sensibilità e la attenzioni di studenti così distanti geograficamente sono proprio molto simili. Certo, i social sono divisivi, certo i messaggi vengono manipolati e tuttavia nelle “primitive” reazioni di questi ragazzi ci sono molte similitudini. La cosa che mi fa inoltre sorridere è che vestono allo stesso modo! “. E come chiosa finale, quasi a rafforzare un punto di vista suggerito dalla frequentazione di aule universitarie, il Professore aggiunge una osservazione che è invece è ispirata dalla “strada”: “A Pechino, nel tragitto che dalla residenza in cui ero, mi portava all’aula universitaria, sa cosa c’erano? Un campo da tennis, un campo di baseball e uno di basket!”.

Da alcune ore Romano Prodi è rientrato a Bologna, dopo aver trascorso due settimane a Pechino, nella qualità di primo titolare della Agnelli Chair of Italian Culture, l’iniziativa promossa dalla Fondazione Agnelli e inaugurata il 9 novembre alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella e del presidente della Fondazione John Elkann. Il progetto, che ha coinvolto il presidente cinese Xi Jinping, è un unicum rispetto agli altri Paesi europei e punta a raccontare alla futura classe dirigente cinese la cultura italiana nei suoi diversi aspetti, attraverso una cattedra strutturata a rotazione che vedrà impegnati docenti ed esperti autorevoli in tutte le discipline.

In Cina non lasciano trapelare le emozioni, misurano i passi ma nella classe dirigente il ciclone Trump sta provocando più sorpresa, preoccupazione o confidano di trovare una composizione? C’è più Europa nel loro futuro?

Il Professore sorride: ” I cinesi cenano presto e dopo le sei di sera, si può parlare in confidenza ! Direi che quel che è accaduto al recente congresso del Partito comunista è assai importante: il primo ministro nel suo discorso ha ripetuto un numero considerevole di volte, mai tante nella storia cinese, l’espressione “aumento dei consumi”. Non siamo sicuri che questo possa avverarsi, ma è un fatto nuovo: per loro si può riequilibrare la diminuzione dell’export con l’aumento dei consumi interni, un primo implicito passo per rendere più praticabile una eventuale, ora lontana, collaborazione con l’Europa. Secondo perno: gli investimenti cambiano: non più case ed infrastrutture ma tecnologia“.

I cinesi dovranno scommettere sull’Europa?

“Intanto è in corso una non-detta e silenziosa apertura agli europei. Per dirne solo una: per la prima volta nella mia vita non ho avuto bisogno del visto per entrare in Cina, mentre per andare qualche mese fa ad Harvard ho chiesto il visto all’ambasciata americana. Un paradosso che qualcosa ci dice”.

Poche ore dopo l’invasione russa in Ucraina, proprio a “La Stampa”, lei disse: la pace si troverà quando Cina e Usa si parleranno. Ora c’è un’altra America ma la Cina potrebbe giocare un ruolo nel processo di pace?

“Lo schema è ancora vero, ma bisogna dire che in Cina c’è un certo stupore per le mosse di Putin. Quando parli confidenzialmente, si chiedono se ci sia stato un “avvertimento” a Xi da parte di Putin e poiché lo chiedono con un punto interrogativo, nella interpretazione di chi ascolta, quel punto interrogativo diventa esclamativo. Sembra di intuire che non ci sia stata una comunicazione. Certo si capisce che l’alleanza tra Pechino e Mosca è ritenuta solida, tanti sono gli interessi, tanta è la diffidenza verso gli americani, ma ci sono 4500 chilometri di confine, l’interscambio è fortemente aumentato negli ultimi tempi, anche se non è al livello di quello con gli Stati Uniti e con l’Europa. Il sentimento popolare non è tuttavia amichevole con il popolo russo. Una cosa mi ha colpito: la persistente memoria dei lunghi conflitti del passato. E la storia ha il suo peso. Ricordo nel 1999, quando iniziarono le trattative per l’eventuale ingresso della Turchia nell’Ue, il cancelliere austriaco disse: “Ma non vi ricordate l’assedio di Vienna? “. Tutto questo sottintende un interrogativo di fondo che sempre ricorreva nei discorsi: quanto sono forti gli accordi tra Trump e Putin?”

Davanti all’accelerazione della storia che arriva da Washington e Mosca, finora non è sottovalutata la reazione messa in atto in poche settimane dalle tre capitali che hanno dietro un sistema-Paese, Parigi, Berlino e Londra? Siamo ad un avvio di protagonismo europeo?

“Intendiamoci: non c’è un protagonismo europeo, c’è una novità europea ed è una grandissima novità! A cominciare dalle elezioni tedesche. A caldo si ripeteva: è il trionfo della destra! Ma non è affatto vero: si è subito formata una coalizione omogenea che ha già preso le due decisioni che possono portare ad un cambiamento totale della politica europea: l’apporto quantitativo dei tedeschi al bilancio militare europeo e la proposta della fine del tabù del bilancio in pareggio”

Quando lei disse il Patto di stabilità è stupido, si prese qualche reprimenda…

“Qualche reprimenda? Ho avuto grane terribili! Vogliamo dire che questa è una mia piccola soddisfazione intellettuale? Dissi che il bilancio deve dipendere dalle circostanze e dai bisogni, aiutando l’economia di un Paese e quindi esser di volta in volta in pareggio, in attivo ma anche in passivo. E invece in Italia si arrivò persino a voler cambiare la Costituzione”.

L’Italia sta alla finestra: se lo può permettere?

“Sta tornando il rapporto tra Germania e Francia, i due pistoni del motore europeo. Ma l’Italia è sempre stata determinante per chiudere il patto decisionale e trasferirlo all’interno dell’Unione. Ecco perché il problema italiano diventa un problema serio: il governo dovrà prendere una decisione tra l’Europa e Trump e non sarà facile. Ma dovrà farlo in un breve arco di tempo”.

Le opposizioni in Italia, con diverse gradazioni, sono contro l’accordo dei 27 sul “riarmo”…

“Io non sono certo un guerrafondaio, ma ogni Paese, per chiamarsi Paese, ha il suo esercito, ce l’ha persino la Svizzera.

La decisione presa è il primo passo, certo non ancora sufficiente, ma nella giusta direzione: verso l’esercito europeo. Il problema ora è fare il secondo, il terzo, e il quarto passo”.

 

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